Friday 1 July 2016

"Apparecchio alla Morte" by St Alfonso Maria de Liguori (in Italian) - III



CONSIDERAZIONE II - COLLA MORTE FINISCE TUTTO
«Finis venit, venit finis» (Ezech. 2. 7).

PUNTO I
            Da' mondani sono stimati fortunati solamente quei, che godono de' beni di questo mondo, de' piaceri, delle ricchezze e delle pompe; ma la morte metterà fine a tutte queste fortune di terra. «Quae est vita vestra? vapor est, ad modicum parens» (Iac. 4. 15). I vapori ch'esalano dalla terra, talvolta alzati in aria, e investiti dalla luce del sole fanno una bella comparsa; ma questa comparsa quanto dura? ad un poco di vento sparisce tutto. Ecco quel grande oggi corteggiato, temuto e quasi adorato; domani che sarà morto, sarà disprezzato, maledetto e calpestato. Colla morte tutto si ha da lasciare. Il fratello di quel gran servo di Dio Tommaso de Kempis si pregiava d'aversi fatta una bella casa, ma gli disse un amico che vi era un gran difetto. Quale? egli domandò. Il difetto, quegli rispose, è che vi avete fatta la porta. Come? ripigliò, è difetto la porta? Sì, rispose l'amico, perché un giorno per questa porta dovrete uscirne morto, e così lasciar la casa e tutto.
            La morte in somma spoglia l'uomo di tutti i beni di questo mondo. Che spettacolo è vedere cacciar fuori quel principe dal suo palagio per non rientrarvi più, e prendere altri il possesso de' suoi mobili, de' suoi danari e di tutti gli altri suoi beni! I servi lo lasciano nella sepoltura coverto appena con una veste che basta a coprirgli le carni; non v'è più chi lo stima, né chi l'adula; né si fa più conto de' suoi comandi lasciati. Saladino, che acquistò molti regni nell'Asia, morendo lasciò detto che quando portavasi il suo cadavere a seppellirsi, uno gli andasse avanti colla sua camicia appesa ad un'asta, gridando: Questo è tutto quel che si porta Saladino alla sepoltura.
            Posto ch'è nella fossa il cadavere di quel principe, se ne cadono le carni, ed ecco che il suo scheletro più non si distingue dagli altri. «Contemplare sepulcra», dice S. Basilio, «vide num poteris discernere, quis servus, quis dominus fuerit». Diogene un giorno facea vedersi da Alessandro Magno tutto affannato in ricercare qualche cosa fra certi teschi di morti. Che cerchi? curioso disse Alessandro. Vado cercando, rispose, il teschio del re Filippo tuo padre, e nol so distinguere; se tu lo puoi trovare, fammelo vedere: «Si tu potes, ostende».
            In questa terra gli uomini disugualmente nascono, ma dopo la morte tutti si trovano eguali: «Impares nascimur, pares morimur», dice Seneca. Ed Orazio disse che la morte eguaglia gli scettri alle zappe: «Sceptra ligonibus aequat». In somma quando viene la morte, «finis venit», tutto finisce e tutto si lascia, e di tutte le cose di questo mondo niente si porta alla fossa.
           
Affetti e preghiere
Signor mio, giacché mi date luce a conoscere che quanto stima il mondo, tutto è fumo e pazzia, datemi forza a staccarmene, prima che me ne stacchi la morte. Infelice che sono stato, quante volte per li miseri piaceri e beni di questa terra, ho offeso e perduto Voi bene infinito! O Gesù mio, o medico celeste, girate gli occhi sulla povera anima mia, guardate le tante piaghe, ch'io stesso mi ho fatto co' miei peccati, ed abbiate pietà di me. «Si vis, potes me mundare». Io so che potete e volete sanarmi, ma per sanarmi volete ch'io mi penta dell'ingiurie che vi ho fatte; sì che me ne pento con tutto il cuore; sanatemi dunque, or che potete sanarmi. «Sana animam meam, quia peccavi tibi» (Ps. 40. 5). Io mi sono scordato di Voi, ma Voi non vi siete scordato di me; ed ora mi fate sentire che volete anche scordarvi dell'offese che vi ho fatte, s'io le detesto: «Si autem impius egerit poenitentiam, omnium iniquitatum eius non recordabor» (Ez. 18. 21). Ecco io le detesto e l'odio sopra ogni male; scordatevi dunque, Redentore mio, di quante amarezze v'ho date. Per l'avvenire voglio perdere tutto, anche la vita, prima che la grazia vostra. E che mi servono tutti i beni della terra, senza la vostra grazia?
            Deh aiutatemi, Voi sapete quanto son debole. L'inferno non lascerà di tentarmi; già mi apparecchia mille assalti, per rendermi di nuovo suo schiavo. No, Gesù mio, non mi abbandonate. Io voglio essere da oggi avanti schiavo del vostro amore. Voi siete l'unico mio Signore. Voi mi avete creato, Voi redento, Voi siete quegli che sovra tutti mi avete amato: Voi siete quegli che solo meritate di esser amato, Voi solo io voglio amare.


PUNTO II
            Filippo II re di Spagna, stando vicino a morte, si chiamò il figlio, e buttando la veste regale che lo copriva, gli fe' vedere il petto roso da' vermi, e poi gli disse: Principe, vedi come si muore, e come finiscono tutte le grandezze di questo mondo! Ben disse Teodoreto: «Nec divitias mors metuit, nec satellites, nec purpuram»; e che così da' vassalli come da' principi, «putredo sequitur, et sanies defluit». Sicché ognuno che muore, ancorché principe, niente conduce seco alla sepoltura; tutta la gloria resta sul letto, dove spira. «Cum interierit, non sumet omnia, neque descendet cum eo gloria eius (Ps. 48. 18).»
            Narra S. Antonino che morto che fu Alessandro Magno, un certo filosofo esclamando disse: «Ecco quegli che ieri conculcava la terra, ora dalla terra è oppresso. Ieri tutta la terra non gli bastava, ora gli bastan sette palmi. Ieri conduceva per la terra eserciti, ed ora è condotto da pochi facchini sotto terra». Ma meglio sentiamo quel che dice Dio: «Quid superbis, terra et cinis?» (Eccli. 10. 9).Uomo, non vedi che sei polvere e cenere, a che t'insuperbisci? a che spendi i tuoi pensieri e gli anni tuoi per farti grande in questo mondo? Verrà la morte, ed allora finiranno tutte le tue grandezze e tutt'i tuoi disegni: «In illa die peribunt cogitationes eorum» (Ps. 55. 6).
            Oh quanto fu più felice la morte di S. Paolo eremita, il quale visse 60 anni chiuso in una grotta, che la morte di Nerone, che visse imperadore in Roma! Quanto più fortunata la morte di S. Felice laico cappuccino, che la morte di Errico VIII vivuto tra le grandezze regali, ma nemico di Dio! Ma bisogna riflettere che i Santi per ottenere una tal morte hanno lasciato tutto, le patrie, le delizie, le speranze che il mondo loro offeriva, ed hanno abbracciata una vita povera e disprezzata. Si son seppelliti vivi in questa terra, per non esser seppelliti morti nell'inferno.
Ma i mondani, come mai vivendo tra' peccati, tra' piaceri terreni, e tra occasioni pericolose possono sperare una felice morte? Dio minaccia a' peccatori che in morte lo cercheranno e non lo troveranno: «Quaeretis me, et non invenietis» (Ier.13.). Dice che allora sarà tempo non di misericordia, ma di vendetta. «Ego retribuam in tempore» (Deuter. 32. 35).
            La ragione ci persuade lo stesso, mentre allora un uomo di mondo, in morte si troverà debole di mente, ottenebrato e indurito di cuore per li mali abiti fatti:12 le tentazioni saranno più forti: chi in vita ha soluto quasi sempre cedere e farsi vincere, come resisterà in morte? Vi bisognerebbe allora una grazia divina più potente, che gli mutasse il cuore; ma questa grazia forse Iddio è obbligato a darcela? Forse colui se l'ha meritata colla13 vita sconcertata che ha fatta? E pure si tratta allora della sua fortuna o della sua ruina14 eterna. Com'è possibile che pensando a ciò, chi crede alle verità della fede, non lasci tutto per darsi tutto a Dio, il quale secondo le nostre opere ci giudicherà?15

Affetti e preghiere
            Ah Signore, e quante notti io misero ho dormito16 in disgrazia vostra! Oh Dio, e in quale stato miserabile stava allora l'anima mia! era ella odiata da Voi, ed ella voleva l'odio vostro. Era io già condannato all'inferno: solo restava che si eseguisse la sentenza. Ma Voi, mio Dio, non avete lasciato di venirmi appresso e d'invitarmi al perdono. Ma chi m'assicura, se mi avete perdonato ancora? Avrò da vivere, Gesù mio, in questo timore, sino che mi giudicate? Ma il dolore che sento d'avervi offeso, il desiderio che ho d'amarvi, ma più la vostra passione, amato mio Redentore, mi fanno sperare di stare in grazia vostra. Mi pento d'avervi offeso, o sommo bene, e vi amo sopra ogni cosa. Risolvo di perdere tutto, prima che perdere la vostra grazia e il vostro amore. Voi volete che stia lieto quel cuore che vi cerca. «Laetetur cor quaerentium Dominum» (I Par. 16. 10).
Signore, io detesto tutte le ingiurie che v'ho fatte; datemi animo e confidenza, non mi rimproverate più la mia ingratitudine, mentre io stesso la conosco e la detesto. Voi avete detto che non volete la morte del peccatore, ma che si converta e viva: «Nolo mortem impii, sed ut convertatur, et vivat» (Ez. 33. 11). Sì, mio Dio, io lascio tutto e a Voi mi converto: vi cerco, vi voglio, vi amo20 sopra ogni cosa. Datemi il vostro amore, e niente più vi domando.
            O Maria, Voi siete la speranza mia, ottenetemi la santa perseveranza.

PUNTO III
            Chiamò Davide la felicità della vita presente un sogno di chi si sveglia: «Velut somnium surgentium» (Ps. 72. 20). Commenta un autore: «Somnium, quia sopitis sensibus res magnae apparent, et non sunt, et cito avolant». I beni di questo mondo compariscono grandi, ma poi son niente e poco durano, come poco dura il sogno, e poi tutto svanisce. Questo pensiero che colla morte finisce tutto, fe' risolvere S. Francesco Borgia di darsi tutto a Dio. Toccò al Santo accompagnare in Granata il cadavere dell'imperadrice Isabella: quando si aprì la cassa, all'orrore, alla puzza tutti fuggirono; ma S. Francesco scorto dalla luce divina si fermò a contemplare in quel cadavere la vanità del mondo, e rimirandolo disse: «Voi dunque siete la mia imperadrice? Voi quella, a cui tanti grandi s'inginocchiavano per riverenza? O Donna Isabella dov'è andata la vostra maestà, la vostra bellezza? «Così dunque (tra sé concluse) finiscono le grandezze e le corone di questa terra! Voglio dunque servire da oggi avanti (disse) ad un Padrone, che non mi possa più morire. E così da allora si dedicò tutto all'amore del Crocefisso: ed allora anche fe' voto di farsi religioso, se moriva la moglie; come in fatti poi l'eseguì, entrando nella Compagnia di Gesù.
            Ben dunque scrisse un uomo disingannato su d'un cranio di un morto queste parole: «Cogitanti vilescunt omnia». Chi pensa alla morte, non può amare la terra. E perché mai vi sono tanti infelici amanti di questo mondo? perché non pensano alla morte. «Filii hominum, usquequo gravi corde? ut quid diligitis vanitatem, et quaeritis mendacium?» (Ps. 4. 3). Miseri figli di Adamo, ci avverte lo Spirito Santo, perché non discacciate dal cuore tanti affetti alla terra, che vi fanno amare la vanità e la bugia? Ciò ch'è succeduto a' vostri antenati, ha da succedere anche a voi; essi in questo vostro palagio anche hanno abitato, in questo medesimo letto han dormito, ed ora non vi sono più: lo stesso ha da esser per voi.
            Dunque, fratello mio, presto datti a Dio, prima che venga la morte. «Quodcunque potest facere manus tua, instanter operare» (Eccl. 9. 10). Quel che puoi far oggi, non aspettare a farlo domani, perché quest'oggi passa e non torna più, e domani può venirti la morte, la quale non ti permetterà di fare più niente. Presto distaccati da ciò che ti allontana, o può allontanarti da Dio. Lasciamo presto coll'affetto questi beni di terra, prima che la morte ce ne spogli a forza: «Beati mortui qui in Domino moriuntur» (Apoc. 14. 13). Beati quelli, che morendo si trovano già morti agli affetti di questo mondo! La morte da costoro non si teme, ma si desidera e si abbraccia con allegrezza: giacch'ella allora, in vece di separarli da' beni che amano, l'unisce col sommo bene, che solamente è da essi amato, e che li renderà eternamente beati.

Affetti e preghiere
            Caro mio Redentore, vi ringrazio che mi avete aspettato. Che sarebbe di me, se mi aveste fatto morire, quando io stava lontano da Voi?
Sia sempre benedetta la vostra misericordia, e la pazienza, che per tanti anni avete avuta con me. Vi ringrazio della luce e della grazia, colla quale ora mi assistete. Allora io non vi amava e poco curava di esser amato da Voi. Ora v'amo con tutto il cuore, e non ho pena maggiore, che di avere così disgustato un Dio così buono. Mi tormenta questo dolore, ma dolce è il tormento, mentre questo dolore mi dà confidenza che Voi già m'abbiate perdonato.
            Dolce mio Salvatore, oh fossi morto mille volte prima, e non vi avessi mai offeso! Temo che per l'avvenire non vi avessi da ritornare ad offendervi. Deh fatemi prima morire colla morte più dura che vi sia, prima ch'io abbia di nuovo a perdere la vostra grazia. Sono stato un tempo schiavo dell'inferno; ma ora son vostro servo, o Dio dell'anima mia. Voi avete detto che amate chi v'ama: «Ego diligentes me diligo». Io vi amo, dunque son vostro, e Voi siete mio. Vi posso perdere per l'avvenire, ma questa è la grazia che vi cerco, fatemi prima morire, ch'io v'abbia da perdere di nuovo. Voi mi avete fatte tante grazie da me non cercate, non posso temere che non vogliate esaudirmi di questa grazia, che ora vi domando. Non permettete ch'io più vi perda; datemi il vostro amore e niente più desidero.
            Maria speranza mia, intercedete per me.

Thursday 30 June 2016

"As Doze Palavras Ditas e Retornadas" by Unknown Writer (in Portuguese)



Era uma vez um homem muito trabalhador e honrado, mas infeliz em todo negócio em que se metia. Tinha ele devoção ao Anjo da Guarda, rezando todos os dias em sua intenção.
            Cada vez mais pobre, o homem perdeu a paciência, e um dia gritou, desesperado com sua triste sina:
— Acuda-me o diabo, que o Anjo da Guarda não me quer ajudar!
            Apareceu um sujeito alto, todo vestido de preto, barbudo e feio, com uma voz roufenha e desagradável:
— Aqui estou! Aqui estou! Que é que queres de mim?
— Quero ficar rico.
            O diabo indicou uma gruta onde havia um tesouro enterrado, e disse:
— Daqui a vinte anos voltarei para buscar-te. Se não disseres as doze palavras ditas e retornadas, serás meu para toda a eternidade.
            O homem começou a viver folgadamente, em festas e alegrias, cercado de amigos e de mulheres.
            O tempo foi passando, e uma noite ele lembrou-se de que estava condenado às penas do inferno. Só se soubesse as doze palavras ditas e retornadas...
— Isso deve ser fácil — disse ele consigo. — Todo mundo deve saber.
            No dia seguinte perguntou aos amigos, aos vizinhos e a todos os moradores da cidade, e não havia quem soubesse o que vinha a ser o que ele lhes perguntava.
            O homem afligiu-se muito. Cada vez mais o tempo passava, e ninguém sabia o segredo das doze palavras ditas e retornadas. Largou ele a vida má que levava, fez penitência e saiu pelo mundo, perguntando. Todos diziam:
— Não sei, nunca ouvi falar...
            O homem só faltava morrer, com o pavor da ideia de ter de encontrar-se com o diabo e ser carregado para o fogo eterno.
            Já correra muito tempo desde que deixara o folguedo dos ricos, vestindo com modéstia e dando esmolas.
            Uma tarde, ia por um bosque na hora da "Ave-Maria". Ajoelhou-se para rezar, e ao terminar viu um velho que se aproximava dele.
            Cumprimentou-o, e foram andando juntos para a vila. Perguntou ao velho como ele se chamava.
— Chamo-me Custódio — respondeu.
            Para não deixar de perguntar, falou nas doze palavras ditas e retornadas. E o velho Custódio lhe disse:
— Eu sei as doze palavras ditas e retornadas.
            O homem ficou tão satisfeito que abraçou o velho, dando graças a Deus e dizendo que aquilo era um milagre do Anjo da Guarda, sua devoção antiga.
            — Como são as doze palavras ditas e retornadas? Qual é a primeira, amigo Custódio?
— Custódio, sim; amigo, não! A primeira palavra dita e retornada é a Santa Casa de Belém, onde nasceu Nosso Senhor Jesus Cristo, para nos remir e salvar.
            — E as duas palavras ditas e retornadas, amigo Custódio?
— Custódio, sim; amigo, não! As duas palavras ditas e retornadas são as duas tábuas de Moisés, em que Nosso Senhor pôs seus divinos pés, e a primeira é a Santa Casa de Belém.
            — E as três palavras ditas e retornadas, amigo Custódio?
— Custódio, sim; amigo não! As três palavras ditas e retornadas são as três pessoas da Santíssima Trindade, as duas são as duas tábuas de Moisés, e a primeira é a Santa Casa de Belém.
            — E as quatro palavras ditas e retornadas, amigo Custódio?
— Custódio, sim; amigo, não! As quatro palavras ditas e retornadas são os quatro evangelistas, as três são as pessoas da Santíssima Trindade, as duas são as tábuas de Moisés, e a primeira é a Santa Casa de Belém.
            — E as cinco palavras, amigo Custódio?
— Custódio, sim; amigo, não! As cinco palavras ditas e retornadas são as cinco chagas de Nosso Senhor.
            — E as seis palavras, amigo Custódio?
— Custódio, sim; amigo, não! As seis palavras ditas e retornadas são as seis velas bentas que estão no altar-mor de Jerusalém.
            — E as sete palavras, amigo Custódio?
— Custódio, sim; amigo, não! As sete palavras ditas e retornadas são os Sete Sacramentos.
            — E as oito palavras, amigo Custódio?
— Custódio, sim; amigo, não! As oito palavras ditas e retornadas são as oito bem-aventuranças pregadas por Nosso Senhor Jesus Cristo.
            — E as nove palavras, amigo Custódio?
— Custódio, sim; amigo, não! As nove palavras são os nove meses que a Virgem Mãe trouxe Nosso Senhor.
            — E as dez, amigo Custódio?
— Custódio, sim; amigo, não! As dez palavras ditas e retornadas são os Mandamentos da Lei de Deus.
— E as onze palavras, amigo Custódio?
— Custódio, sim; amigo, não! As onze palavras são as onze mil virgens.
            — E as doze, amigo Custódio?
— Custódio, sim; amigo, não! As doze palavras ditas e retornadas são os doze apóstolos, as onze são as onze mil virgens, as dez os Mandamentos, as nove os meses de Nossa Senhora, as oito as bem-aventuranças, as sete os Sacramentos, as seis as velas bentas, as cinco as chagas, as quatro os evangelistas, as três a Santíssima Trindade, as duas as tábuas de Moisés, a primeira a Santa Casa de Belém, onde nasceu quem nos salvou. Amém! Estas são as doze palavras ditas e retornadas.
            — De joelhos te agradeço, amigo Custódio, essa esmola, a qual há de salvar-me do demônio!
            — Custódio, sim, e teu amigo. Sou o Anjo da Guarda que vem perdoar-te pelo arrependimento e pela penitência.
            E sumiu-se. O homem, quando chegou o prazo para prestar contas ao diabo, disse as doze palavras ditas e retornadas, e o maldito rebentou como uma bola de fogo, espalhando cheiro de enxofre.
            O homem viveu santamente seus dias, e acabou na paz de Deus, salvando-se graças ao seu Anjo da Guarda.

Wednesday 29 June 2016

“Elegia” by Fagundes Varela (in Portuguese)




A noite era bela - dormente no espaço
A lua soltava seus pálidos lumes
Das flores fugindo, corria lasciva
A brisa embebida de moles perfumes

Nós éramos jovens - ardentes e sós,
Ao lado um do outro no vasto salão;
E as brisas e a noite nos vinham no ouvido
Cantar os mistérios de infinda paixão!

Nós éramos jovens, - e a luz de seus olhos
Brilhava incendida de eternos desejos,
E a sombra indiscreta do níveo corpinho
Sulcavam-lhe os seios em brandos arquejos!

Ah! Mísero aquele que as sendas do mundo
Trilhou sem o aroma da pálida flor,
E à tumba reclina, n'aurora dos sonhos,
O lábio inda virgem dos beijos de amor!

Não são dos invernos as frias geadas,
Nem longas jornadas que os anos apontam;
O tempo descora nos risos e prantos,
E os dias do homem por gozos se contam

Ah! lembra-me ainda! nem um candelabro
Lançava ao recinto seu brando clarão,
Apenas os raios da pálida lua
Transpondo as janelas batiam no chão

Vestida de branco - nas cismas perdida,
Seu mórbido rosto pousava em meu seio
E o aroma celeste das negras madeixas
Minh'alma inundava de férvido anseio

Nem uma palavra seus lábios queridos
Nos doces espasmos diziam-me então
Que valem palavras quando ouve-se o peito
E as vidas se fundem no ardor da paixão?

No fim de seu giro, da noite a princesa
Deixou-nos unidos em brando sonhar
Correram as horas, - e a luz d'alvorada
Em juras infindas nos veio encontrar!

Não são dos invernos as frias geadas,
Nem longas jornadas que os anos apontam,
O tempo descora nos risos e prantos,
E os dias do homem por gozos se contam

Ligeira, essa noite de infindas venturas
Somente em minh'alma lembranças deixou
Três meses passaram, e o sino do templo
À reza dos mortos os homens chamou!

Três meses passaram - e um lívido corpo
Jazia dos círios à luz funeral
E à sombra dos mirtos, o rude coveiro
Abria cantando seu leito final!

Nós éramos jovens, e as vidas, e os seios
O afeto prendera num cândido nó!
Foi ela a primeira que o laço quebrando
Caiu soluçando das campas no pó

Não são dos invernos as frias geadas,
Nem longas jornadas que os anos apontam,
O tempo descora nos risos e prantos,
E os dias do homem por dores se contam

Tuesday 28 June 2016

Untitled Poem by José Thiesen (in Portuguese)

Meu coração é como abadia de corredores negros
habitada por negros monges de olhos brancos, cegos,
que cantam lamentos tristes de meus sonhos mortos.
E eu sigo ouvindo suas tristes vozes em meu coração,
toadas tristes que vão contando os negros monges
de olhos brancos a mirar um céu que não vêem.
E seguem cantando os monges cegos em meu coração,
sem flor, nem pássaros ou luz em seus olhos brancos.
Um canto que ecoa clamor não atendido, um choro
não soluçado que vai, cantado só pelos monges cegos
em meu coração, abadia de corredores negros.

Saturday 25 June 2016

"The Book of Exodus" - Chapter XV (translated into English)



Chapter 15

1 Then Moses and the Israelites sang this song to the LORD:

I will sing to the LORD, for he is gloriously triumphant;
horse and chariot he has cast into the sea.
2 My strength and my courage is the LORD,
and he has been my savior. He is my God, I praise him;
the God of my father, I extol him.
3 The LORD is a warrior, LORD is his name!
4 Pharaoh's chariots and army he hurled into the sea;
the elite of his officers were submerged in the Red Sea.
5 The flood waters covered them,
they sank into the depths like a stone.
6 Your right hand, O LORD, magnificent in power,
your right hand, O LORD, has shattered the enemy.
7 In your great majesty you overthrew your adversaries;
you loosed your wrath to consume them like stubble.
8 At a breath of your anger the waters piled up,
the flowing waters stood like a mound,
the flood waters congealed in the midst of the sea.
9 The enemy boasted, "I will pursue and overtake them;
I will divide the spoils and have my fill of them;
I will draw my sword; my hand shall despoil them!"
10 When your wind blew, the sea covered them;
like lead they sank in the mighty waters.
11 Who is like to you among the gods, O LORD?
Who is like to you, magnificent in holiness?
O terrible in renown, worker of wonders,
12 when you stretched out your right hand, the earth swallowed them!
13 In your mercy you led the people you redeemed;
in your strength you guided them to your holy dwelling.
14 The nations heard and quaked;
anguish gripped the dwellers in Philistia.
15 Then were the princes of Edom dismayed;
trembling seized the chieftains of Moab;
All the dwellers in Canaan melted away;
16 terror and dread fell upon them.
By the might of your arm they were frozen like stone,
while your people, O LORD, passed over,
while the people you had made your own passed over.
17 And you brought them in and planted them on the mountain
of your inheritance -  the place where you made your seat,
O LORD, the sanctuary, O LORD, which your hands established.
18 The LORD shall reign forever and ever.

19 They sang thus because Pharaoh's horses and chariots and charioteers had gone into the sea, and the LORD made the waters of the sea flow back upon them, though the Israelites had marched on dry land through the midst of the sea.
            20 The prophetess Miriam, Aaron's sister, took a tambourine in her hand, while all the women went out after her with tambourines, dancing; 21 and she led them in the refrain:

Sing to the LORD, for he is gloriously triumphant;
horse and chariot he has cast into the sea.

22 Then Moses led Israel forward from the Red Sea, and they marched out to the desert of Shur. After traveling for three days through the desert without finding water, 23 they arrived at Marah, where they could not drink the water, because it was too bitter. Hence this place was called Marah. 24 As the people grumbled against Moses, saying, "What are we to drink?" 25 he appealed to the LORD, who pointed out to him a certain piece of wood. When he threw this into the water, the water became fresh.

It was here that the LORD, in making rules
and regulations for them, put them to the test.

26 "If you really listen to the voice of the LORD, your God," he told them, "and do what is right in his eyes: if you heed his commandments and keep all his precepts, I will not afflict you with any of the diseases with which I afflicted the Egyptians; for I, the LORD, am your healer."
            27 Then they came to Elim, where there were twelve springs of water and seventy palm trees, and they camped there near the water.