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Saturday 5 March 2022

"Incruentum Altaris" by Pope Benedict XV (translated into Italian)

 L’incruento sacrificio dell’Altare, poiché per natura in nulla differisce dal sacrificio della Croce, non solo apporta gloria agli abitanti del cielo e giova come rimedio di salvezza a coloro che si trovano ancora nelle miserie di questa vita, ma vale moltissimo anche per il riscatto delle anime dei fedeli che riposano in Cristo. È questa una perpetua e costante dottrina della santa Chiesa. Le vestigia e gli argomenti di questa dottrina — che nel corso dei secoli portò grandissimo conforto a tutti i cristiani e che suscitò nelle migliori persone viva ammirazione per l’infinita carità di Cristo — sono reperibili nelle più antiche Liturgie della Chiesa latina e della Chiesa orientale, negli scritti dei Santi Padri, e sono infine chiaramente espressi in molti decreti degli antichi Sinodi.

Il Concilio Ecumenico Tridentino, con una particolare solenne definizione, propose la stessa cosa alla nostra fede quando insegnò che « le anime trattenute nel Purgatorio vengono aiutate dai suffragi dei fedeli specialmente con il sacrificio dell’Altare, a Dio gradito », e colpì con la scomunica coloro che affermassero che il sacro sacrificio non deve essere offerto « per i vivi e per i defunti, per i peccati, per le pene, per le soddisfazioni e per altre necessità ». Per la verità, la pia Madre Chiesa non ha mai seguito un comportamento diverso da questo insegnamento; in nessun tempo ha mai cessato di esortare intensamente i fedeli cristiani a non lasciare che le anime dei defunti venissero private di quegli aiuti spirituali che sgorgano abbondantemente dal sacrificio della Messa. E su questo punto si deve lodare il popolo cristiano, che non è mai venuto meno all’amore e all’impegno in suffragio dei defunti. Lo testimonia la storia della Chiesa che, quando le virtù della fede e della carità elevavano le anime, re e popoli si adoperavano più attivamente ovunque si estendeva il nome cattolico, onde ottenere la purificazione delle anime del Purgatorio.

La sempre più accesa pietà degli antenati ha fatto sì che, molti secoli fa, nel Regno d’Aragona, per una consuetudine sorta a poco a poco, nel giorno della Solenne Commemorazione di tutti i defunti i sacerdoti secolari celebrassero due Messe, e i sacerdoti regolari ne celebrassero tre. Il Nostro Predecessore d’immortale memoria Benedetto XIV confermò questo privilegio non solo per giuste ragioni, ma in verità anche su richiesta di Ferdinando VI, cattolico Re di Spagna, e parimenti di Giovanni V, Re del Portogallo. Pertanto, con Lettera Apostolica del 26 agosto 1748 decise che a qualunque sacerdote delle regioni soggette ai due Re fosse data facoltà di celebrare tre Messe nel giorno della Solenne Commemorazione dei defunti.

Con l’andar del tempo, molte persone, sia Vescovi, sia cittadini di ogni categoria, inviarono alla Sede Apostolica ripetute suppliche affinché si potesse utilizzare questo privilegio in tutto il mondo, e la stessa concessione fu richiesta ripetutamente ai Nostri Predecessori, ed anche a Noi agli inizi del Nostro Pontificato. Per la verità, non si può dire che manchino ora le cause che allora venivano addotte a questo proposito; anzi, ogni giorno esse diventano sempre più gravi. In realtà è motivo di doglianza il fatto che talune pie fondazioni e taluni lasciti che i fedeli cristiani avevano stabilito in diverso modo, anche con testamento, affinché venissero celebrate Messe a suffragio dei defunti, in parte sono andati distrutti e in parte trascurati da coloro che non dovevano assolutamente fare ciò. Si aggiunga che non pochi di questi, la cui religiosità è fuori dubbio, sono costretti, di fronte alla diminuzione dei redditi, a supplicare la Sede Apostolica affinché si riduca il numero delle Messe.

Noi, pertanto, dopo avere nuovamente onerata la coscienza di coloro che in questa materia mancano al proprio dovere di carità verso le anime dei defunti — per i quali, fin dall’infanzia, abbiamo nutrito un grande trasporto — siamo fortemente spinti, per quanto è in Nostro potere, a riparare in qualche modo ai suffragi che, con grave pregiudizio, sono mancati alle anime. La misericordia Ci commuove oggi in modo maggiore quando, a causa dei luttuosissimi incendi della guerra accesi in quasi tutta l’Europa, abbiamo davanti ai Nostri occhi tanta gioventù che nel fiore degli anni muore immaturamente in battaglia. Anche se la pietà dei loro congiunti per suffragare le loro anime non mancherà, tuttavia sarà essa sufficiente per provvedere ai loro bisogni? Da quando, per divina volontà, siamo divenuti il Padre comune di tutti, vogliamo con paterna larghezza rendere partecipi questi carissimi ed amatissimi figli, strappati alla vita, del tesoro dei meriti infiniti di Gesù Cristo.

Pertanto, invocata la luce della Sapienza celeste, dopo aver consultato alcuni Padri Cardinali di Santa Romana Chiesa, membri delle Sacre Congregazioni sulla disciplina dei Sacramenti e dei Sacri Riti, stabiliamo in perpetuo quanto segue:

 

I. Nel giorno della Solenne Commemorazione di tutti i fedeli defunti, in tutta la Chiesa sia lecito ai Sacerdoti celebrare tre Messe, a condizione che una delle tre sia applicata a libera scelta, con possibilità di riceverne l’offerta; la seconda Messa, senza alcuna offerta, sia dedicata a tutti i fedeli defunti; la terza sia celebrata secondo l’intenzione del Sommo Pontefice, come sopra abbiamo specificato.

II. Confermiamo con la Nostra autorità, per quanto possa essere necessario, ciò che il Nostro Predecessore Clemente XIII concesse con la Lettera del 19 maggio 1791, cioè che tutti gli altari nel giorno della Solenne Commemorazione fossero privilegiati.

III. Le tre Messe di cui abbiamo parlato siano celebrate secondo l’ordine stabilito dal Nostro Antecessore Benedetto XIV di felice memoria per i Regni di Spagna e di Portogallo. Chi volesse celebrare una sola Messa, celebri quella che nel Messale è indicata nella Commemorazione di tutti i fedeli defunti. Questa stessa Messa potrà essere celebrata con il canto, con facoltà di anticipare la seconda e la terza.

IV. Se capitasse che fosse esposto il Santissimo Sacramento per l’Orazione delle quaranta ore, poiché le Messe da Requiem devono essere celebrate con i paramenti di colore violaceo (Decreto Generale S.R.C. 3177-3864, n. 4), non si celebrerà all’Altare dell’Esposizione.

 

Per il resto, siamo certi che tutti i Sacerdoti cattolici, sebbene nel giorno della Solenne Commemorazione dei fedeli defunti possano celebrare una sola volta, vorranno volentieri e con zelo utilizzare l’importante privilegio che abbiamo loro concesso. Esortiamo vivamente tutti i figli della Chiesa affinché, memori dei numerosi obblighi che hanno verso i fratelli che sono fra le fiamme del Purgatorio, in questo giorno intervengano con somma fede alle sacre funzioni. Così, in futuro, grazie ad una grande onda salutifera che penetra in Purgatorio da tanti benèfici suffragi, moltissime anime di defunti potranno essere felicemente associate ai celesti beati della Chiesa trionfante.

Decretiamo che quanto abbiamo stabilito con questa Lettera Apostolica, a proposito delle Messe da non ripetersi, sia valido e costante in perpetuo, nonostante qualsiasi legge emanata in passato dai Nostri Predecessori.

 

Dato a Roma, presso San Pietro, il 10 agosto 1915, anno primo del Nostro Pontificato.

BENEDICTUS PP. XV

Wednesday 15 July 2015

"Bonum Sane" Motu Proprio by Pope Benedict XV (translated into Portuguese)

No Cinqüentenário da Proclamação de São José como Patrono da Igreja Universal

     Foi uma coisa boa e salutar ao povo cristão que o nosso antecessor de imortal memória, Pio IX, tenha conferido ao castíssimo esposo da Virgem Maria e guarda do Verbo Encarnado, São José, o título de Patrono Universal da Igreja; e uma vez que este feliz acontecimento completará 50 anos em dezembro próximo, julgamos bastante útil e oportuno que ele seja dignamente celebrado em todo o mundo católico.
     Se dermos uma olhada nestes últimos 50 anos, observamos um admirável reflorescimento de piedosas instituições, as quais atestam como o culto ao santíssimo Patriarca veio se desenvolvendo sempre mais entre os fiéis; depois, se considerarmos as hodiernas calamidades que afligem o gênero humano, parece ainda mais evidente a oportunidade de intensificar tal culto e de difundi-lo com maior força em meio ao povo cristão.
       De fato, após a terrível guerra, na nossa Encíclica “sobre a reconciliação da paz cristã”, indicamos o que faltava para restabelecer em todo lugar a tranqüilidade da ordem, considerando particularmente as relações que decorrem entre os povos e entre os indivíduos no campo civil. Agora se faz necessário considerar uma outra causa de perturbação, muito mais profunda, que se aninha justamente no mais íntimo da sociedade humana: dado que o flagelo da guerra se abateu sobre as pessoas quando elas já estavam profundamente infectadas pelo naturalismo, isto é, por aquelas grande peste do século que, onde se enraíza, diminui o desejo dos bens celestes, apaga a chama da caridade divina e retira do homem a graça salvadora e elevadora de Cristo até que, tolhida dele a luz da fé e deixadas a ele as solitárias e corrompidas forças da natureza, o abandona à mercê das mais insanas paixões. E assim aconteceu que muitíssimos se dedicaram somente à conquista dos bens terrenos, e como já estava aguçada a contenda entre proletários e patrões, este ódio de classes aumentou ainda mais com a duração e atrocidade da guerra, a qual, se de um lado causou às massas um mal-estar econômico insuportável, por outro fez afluir às mãos de pouquíssimos, fortunas fabulosas.
        Acrescente-se que a santidade da fé conjugal e o respeito à autoridade paterna foram por muitos, não pouco vulneradas por causa da guerra; seja porque a distância de um dos cônjuges diminuiu no outro o vínculo do dever, seja porque a ausência de um olho vigilante deu oportunidade à leviandade, especialmente feminina, de viver a seu bel-prazer e demasiadamente livre. Por isto, devemos constatar com verdadeira dor que agora os costumes públicos são bem mais depravados e corrompidos que antes, e que portanto a assim chamada “questão social” foi-se agravando a tal ponto de suscitar a ameaça de irreparáveis ruínas. De fato amadureceu nos desejos e nas expectativas de todos os sediciosos a chegada de uma certa república universal, a qual seria fundada sobre a igualdade absoluta entre os homens e sobre a comunhão dos bens, e na qual não haveria mais distinção alguma de nacionalidade, nem teria mais que reconhecer-se a autoridade do pai sobre os filhos, nem dos poderes públicos sobre os cidadãos, nem de Deus sobre os homens reunidos em sociedade civil. Coisas todas que, se por desventura se realizassem, dariam lugar a tremendas convulsões sociais, como aquela que no momento está desolando não pequena parte da Europa. E é justamente para se criar também entre os outros povos uma condição similar de coisas, que nós vemos as plebes serem estimuladas pelo furor audacioso de alguns, e acontecerem aqui e acolá ininterruptas e graves revoltas.
       Nós, portanto, mais que todos preocupados com este rumo dos acontecimentos, não deixamos, quando houve ocasião, de recordar aos filhos da Igreja os seus deveres. Agora, pelo mesmo motivo, ou seja, para recordar o dever aos nossos fiéis que estão em toda parte e ganham o pão com o trabalho, e para conservá-los imunes do contágio do socialismo, o inimigo mais implacável dos princípios cristãos, Nós, com grande solicitude, propomos a eles de modo particular São José, para que o sigam como guia e o honrem como celeste Patrono.
        Ele de fato levou uma vida similar a deles, tanto é verdade que Jesus bendito, enquanto era o Unigênito do Pai Eterno, quis ser chamado “o Filho do carpinteiro”. Mas aquela sua humilde e pobre condição, de quais e quantas virtudes excelsas Ele soube adornar! Ou seja, virtudes que deviam resplandecer no esposo de Maria Imaculada e no pai putativo de Jesus Cristo. Por isso, na escola de São José, aprendam todos a considerar as coisas presentes, que passam, à luz das futuras, que permanecem para sempre; e, consolando as inevitáveis dificuldades da condição humana com a esperança dos bens celestes, a estes aspirem com todas as forças, resignados à vontade divina, sobriamente vivendo segundo os ditames da piedade e da justiça. Ao que diz respeito especialmente aos operários, nos agrada relembrar aqui as palavras que proclamou em circunstância análoga o nosso predecessor de feliz memória Leão XIII, pois elas, ao nosso parecer, não poderiam ser mais oportunas: “Considerando estas coisas, os pobres, e quantos vivem com o fruto do trabalho, devem sentir-se animados por um sentimento superior de eqüidade, pois se a justiça permite-lhes elevar-se da indigência e de conseguir um melhor bem-estar, porém é proibido pela justiça e pela mesma razão de perturbar a ordem que foi constituída pela divina Providência. Aliás, é conselho insensato usar de violência e buscar melhorias através de revoltas e tumultos, os quais, na maioria das vezes, nada mais fazem que agravar ainda mais aquelas dificuldades que se desejam diminuir. Portanto, se os pobres querem agir sabiamente, não confiarão nas vãs promessas dos demagogos, mas sim no exemplo e no patrocínio de São José e na caridade materna da Igreja, a qual dia após dia tem por eles um zelo sempre maior” (Carta Encíclica “Quamquam pluries” ).
       Com o florescimento da devoção dos fiéis a São José, aumentará ao mesmo tempo, como necessária conseqüência, o culto à Sagrada Família de Nazaré, da qual ele foi o augusto chefe, brotando estas duas devoções uma da outra espontaneamente, dado que por São José nós vamos diretamente a Maria, e por Maria à fonte de toda santidade, Jesus Cristo, o qual consagrou as virtudes domésticas com a sua obediência para com São José e Maria. Nestes maravilhosos exemplos de virtude, Nós, pois, desejamos que as famílias cristãs se inspirem e completamente se renovem. E assim, dado que a família é o sustentáculo e a base da sociedade humana, fortalecendo a sociedade doméstica com a proteção da santa pureza, da fidelidade e da concórdia, com isso realmente um novo vigor, e diremos ainda, quase um novo sangue, circulará pelas veias da sociedade humana, que assim virá a ser vivificada pelas virtudes restauradoras de Jesus Cristo, e delas seguirá um alegre reflorescimento, não só dos costumes particulares, mas também das instituições públicas e privadas.
        Nós, portanto, cheios de confiança no patrocínio Daquele à cuja próvida vigilância Deus agradou-se em confiar a guarda de seu Unigênito encarnado e da Virgem Santíssima, vivamente exortamos todos os Bispos do mundo católico, a fim de que, em tempos tão borrascosos para a Igreja, solicitem aos fiéis que implorem com maior empenho o válido auxílio de São José. E posto que diversos são os modos aprovados por esta Sé Apostólica com os quais se podem venerar o santo Patriarca, especialmente em todas as quartas-feiras do ano e durante todo o mês a ele consagrado, Nós queremos que, a critério de cada bispo, todas estas devoções, porquanto possível, sejam praticadas em todas as dioceses; mas, de modo particular, dado que ele é merecidamente tido como o mais eficaz protetor dos moribundos, tendo expirado com a assistência de Jesus e Maria, deverão cuidar os sagrados Pastores de inculcar e favorecer com todo o prestígio de sua autoridade aquelas piedosas associações que foram instituídas para suplicar a São José pelos moribundos, como aquela “da Boa Morte” e do “Trânsito de São José pelos agonizantes de cada dia”.
       Para comemorar, pois, o supracitado Decreto Pontifício, ordenamos e impomos que dentro de um ano, a contar a partir de 8 de dezembro próximo, em todo o mundo católico seja celebrada em honra de São José, Patrono da Igreja Universal, uma solene função, como e quando julgar oportuno cada bispo; e a todos aqueles que a praticarem, Nós concedemos desde agora, nas condições habituais, a Indulgência Plenária. 


Dado em Roma, junto de São Pedro, em 25 de julho de 1920, festa de São Tiago Apóstolo, no sexto ano de nosso pontificado.

                                                              Bento XV