Al reverendo Padre
Wlodimiro Ledóchowski,
preposito generale della
Compagnia di Gesù,
in occasione del secondo centenario
della canonizzazione di San Luigi Gonzaga.
Diletto
figlio, salute e Apostolica Benedizione.
Nella
vita del divino Maestro spicca come nota caratteristica una predilezione tutta
speciale per i giovani. Infatti, Egli invita e chiama a sé l’infanzia innocente
[1]; con terribili parole ne riprende i
corruttori e con gravissime pene li minaccia [2],
mentre al giovane intemerato propone quale premio ed invito l’ideale completo e
perfetto della santità [3].
La Chiesa — avendo attinto questo stesso spirito dal
suo Fondatore — quale erede della sua divina missione e della sua opera fin
dagli inizi del cristianesimo si mostrò impegnata ed accesa del medesimo amore
verso i giovani. Pertanto, avendo preso a cuore la protezione dell’infanzia, si
preoccupò di tutelarne la salute fisica e morale; per consentire ai suoi
giovani figli di formarsi nei primi elementi letterari e di passare poi alle
più alte discipline, aperse delle scuole elementari e delle università; a
questo fine, non solo approvò Ordini e Congregazioni religiose, ma promosse la
fondazione di università, collegi, pubbliche scuole e sodalizi destinati ai
giovani. In tutti i tempi la Chiesa ha rivendicato a sé, come proprio e inviolabile
diritto, l’educazione della gioventù, non potendo essa mancare di fare
conoscere a tutta la società umana a lei affidata, che essa è l’unica
depositaria della genuina morale: essa l’unica e infallibile maestra dell’arte
difficilissima di formare cristianamente il vero carattere dell’uomo. Al
presente Noi Ci rallegriamo vivamente nel vedere ovunque tantissimi giovani
d’ambo i sessi e di ogni condizione sociale stringersi pieni d’entusiasmo ai
loro sacerdoti e ai loro Pastori, desiderosi di perfezionarsi sia su ogni punto
della dottrina e della vita cristiana, ma anche di aiutare la Chiesa con la
loro attività nell’opera che essa svolge per il miglioramento e la salvezza
dell’umanità.
Ripensando alle numerose schiere di giovani che nello
scorso anno santo vennero a Noi da ogni parte, si rinnovano quei soavi
sentimenti di letizia che allora provammo al pensiero che con tali legioni
giovanili organizzate in tutte le nazioni si potesse un giorno formare un forte
esercito pacifico che la Sede Apostolica avrebbe utilizzato nella riforma del
mondo che precipita verso la decadenza. Nel Nostro cuore aumenta ancora
maggiormente l’amore verso la gioventù allorché vediamo le molteplici esecrande
insidie che si tendono alla sua fede e alla sua innocenza; ne deriva che troppo
spesso, in tale asprezza di lotta spirituale, s’indeboliscono ed anche si
spengono le forze dell’età e della virtù in tanti giovani che avrebbero potuto
rendere eminenti servizi alla Chiesa e alla società.
Pertanto il secondo centenario della canonizzazione
di Luigi Gonzaga, che si compirà nel prossimo 31 dicembre, reca con sé tali
vantaggi per il profitto spirituale della gioventù che, mentre indirizziamo a
te, diletto figlio, la Nostra parola, Ci sentiamo spinti a rivolgere il
pensiero e il Nostro discorso a tutti i giovani figli Nostri che in ogni parte
del mondo rappresentano la speranza del regno di Gesù Cristo. Infatti, come i
giovani debbono ricorrere a questo valido potente Patrono celeste nelle prove e
nei pericoli della loro vita, così debbono seguirlo quale modello ideale di
tutte le virtù. Se essi ne studieranno a fondo la vita, comprenderanno
chiaramente quali sono le vie da percorrere per giungere alla perfezione
cristiana e quali preziosi frutti di virtù potranno raccogliere seguendo le
orme di Luigi. Infatti, se contempleranno Luigi nella sua vera luce e quale
egli è veramente — ben diverso dal ritratto ingannevole come l’hanno deformato
i nemici della Chiesa o anche scrittori poco prudenti — come non potranno
trovare in lui un esempio ammirabile delle virtù giovanili, anche dopo tanti
modelli di santità fioriti di recente nella Chiesa? Effettivamente, scorrendo
la storia ecclesiastica, è facile riscontrare che i giovani e gli uomini che
dopo la morte del Gonzaga, fino ai giorni nostri, sotto l’azione dello Spirito
divino sono risultati più degni d’ammirazione per l’innocenza della loro vita,
hanno in gran parte modellato il loro comportamento alla sua scuola. Fra essi,
per essere brevi, Ci piace ricordare semplicemente Giovanni Berchmans il quale,
alunno del Collegio Romano, non aveva proposto a se stesso che di emulare
Luigi; Nunzio Sulprizio, giovane operaio che dall’infanzia fino alla morte
imitò il santo di Castiglione; Contardo Ferrini, il quale, giustamente chiamato
dai suoi coetanei il nuovo Luigi, aveva nutrito per il Santo una tenerissima
devozione e lo aveva preso quale modello e guida della propria castità;
Bartolomea Capitanio che, in vita e in morte, copiò religiosamente il Gonzaga e
che sembra compartecipe della sua gloria essendo stata elevata all’onore dei
beati in questo anno centenario di Luigi. Né chiunque oserebbe affermare che
Luigi non abbia influito in modo rilevante nel mutamento interiore e nella
elevazione di Gabriele dell’Addolorata il quale, benché ancora adolescente si
mostrasse alquanto leggero e incostante, tuttavia non smise mai di chiedere
l’aiuto del Gonzaga, che egli aveva imparato a venerare quale Patrono della
gioventù. E per citare uno tra i più recenti educatori e maestri della
gioventù, Giovanni Bosco non solo fu teneramente devoto di Luigi, ma tale
devozione, che egli lasciò in eredità ai suoi figli, soleva vivamente inculcare
a tutti i fanciulli che egli prendeva sotto il suo magistero educativo; e tra
essi s’innalzò sopra tutti, quale imitatore di Luigi, l’anima candidissima di
Domenico Savio, che per sì breve tempo Dio concesse e lasciò all’ammirazione
degli uomini sulla terra.
Certamente non mancò la decisione misteriosa della
divina provvidenza nel fatto che Luigi, nel fiore dell’età, sia stato rapito
quando le sue eminenti doti di mente e di cuore, una ferma e inesauribile
volontà, una prudenza singolare e quasi divina, unitamente allo zelo per la
religione e per le anime promettevano e facevano sperare da lui i frutti di un
fecondissimo apostolato. Infatti Dio volle che gli adolescenti imparassero da
questo santo giovane — fiore amabile ed imitabile della loro stessa età — quale
era il particolare e principale dovere della loro generazione, cioè prepararsi
ai problemi della vita praticando e coltivando saldamente le virtù cristiane.
Infatti, coloro che sono privi e non si avvalgono di quelle virtù interiori che
in Luigi hanno brillato meravigliosamente, non possiamo ritenerli
sufficientemente idonei ed armati contro i pericoli e le lotte della vita, e
capaci di esercitare l’apostolato, ma piuttosto, simili “ad un bronzo che risuona
o ad un cembalo che tintinna» [4], o non
gioveranno a nulla o forse nuoceranno a quella stessa causa che pretendono di
sostenere e difendere, come notoriamente è avvenuto, e non una sola volta, nel
passato. Chi non vede quindi quanto cadano opportune in questi tempi le
celebrazioni centenarie del Gonzaga, il quale, con l’esempio della propria
vita, fa comprendere ai giovani, propensi per indole alle cose esteriori e
prontissimi a gettarsi nel campo dell’azione, che prima di pensare agli altri
ed all’azione cattolica debbono innanzi tutto perfezionare se stessi nello
studio e nella pratica della virtù?
In primo luogo il Gonzaga insegna ai giovani che la
sostanza dell’educazione cristiana ha per fondamento lo spirito di viva fede,
dalla quale gli uomini, rischiarati come “da lucerna che splende in luogo
caliginoso” [5],
vengano a conoscere pienamente la natura e l’importanza della vita mortale.
Pertanto Luigi, essendosi prefisso di disporre la vita sua a norma di ragioni
non “temporali” ma “eterne” — dalle quali che si diparta non può più
essere o dirsi uomo spirituale — siffatte ragioni attinte dalla divina
rivelazione fu solito considerare e meditare lungamente e profondamente nella
solitudine degli Esercizi spirituali, in cui, uscito appena di fanciullo e poi
iscritto alla Compagnia di Gesù, di tanto in tanto egli si raccoglieva con
sommo frutto e godimento dell’anima. Per la verità, riteniamo assolutamente necessario
che i nostri giovani, seguendo l’esempio del Gonzaga, imprimano bene nell’animo
questa verità, che cioè la vita umana non si deve tanto rimpicciolire da far sì
che si restringa tutta nella ricerca e nel godimento dei beni caduchi, come
accade non raramente per i giovani, ma al contrario essa debba essere
considerata da noi come un veicolo con il quale, servendo solo a Cristo,
tendiamo alla eterna beatitudine. E facilmente i nostri adoloscenti
conquisteranno questo giusto concetto della vita se, imitando il celeste
Patrono, si allontaneranno talvolta dal tumulto delle cose umane e si
applicheranno per alcuni giorni agli Esercizi spirituali che, come testimonia
una lunga esperienza, sono nati per conquistare salutarmente e stabilmente gli
animi teneri e docili dei giovani.
Luigi, come dicemmo, rischiarato dalla luce delle
eterne verità, avendo fatto proposito di non lasciar nulla d’intentato pur di
condurre una vita innocentissima, perseverò con tale costanza nel proposito,
che dal primo uso di ragione fino all’ultimo respiro si conservò immune da ogni
macchia di peccato grave; e in particolare conservò così gelosamente il fiore
della sua purezza, immune da qualsiasi minimo neo, da meritare che i compagni
gli dessero il nome di angelo — quello stesso nome con il quale il popolo
cristiano da allora lo ha sempre chiamato — e che il Beato Roberto Bellarmino,
che del Santo adolescente fu espertissimo direttore spirituale, lo considerasse
garantito nella grazia. Né Luigi raggiunse tale perfezione e pienezza di virtù
perché, grazie ad un favore eccezionale di Dio, fu esente da quelle lotte
interne ed esterne che assai spesso ci tocca sostenere contro la natura
decaduta dalla giustizia originale. Perché, se per un privilegio certamente
singolare egli non fu mai tormentato da stimoli libidinosi, tuttavia, in
ragione dei suoi alti destini, non fu completamente insensibile ai fremiti
della collera ed alle lusinghe della vanagloria. E tali propensioni della
natura non solo frenò con indomita volontà, ma tenne assolutamente sottomesse
al potere della ragione. Poiché, tuttavia, non ignorava la naturale debolezza
delle forze umane e soprattutto diffidava di se stesso, cercò di assicurarsi
l’aiuto di Dio pregando giorno e notte, per molte ore ininterrotte, e per
ottenere la clemenza divina ricorreva al patrocinio della Vergine Madre di Dio,
della quale era uno dei più assidui devoti. Sapendo poi che nella santissima
Eucaristia sono la sorgente e il sostegno di tutta la vita spirituale, era
solito accostarsi alla mensa divina ogni volta che, in quel tempo, era
consentito, per ricavarne ed attingerne forze sempre più fresche. Pur custodire
illibata l’innocenza della vita e la castità dei costumi — la cooperazione
umana non deve mai disgiungersi dalla grazia divina — al devotissimo culto
dell’Augusto Sacramento e della Madre di Dio egli unì la fuga dalle cose
mondane e tale castigatezza di sensi che gli altri uomini possono in gran parte
ammirare ma non eguagliare. Infatti, è cosa mirabile ed appena credibile che,
fra tanta corruttela di costumi, il Gonzaga per il candore dell’anima
gareggiasse con gli spiriti celesti; fra tanta ricerca dei piaceri, il giovane
si segnalasse per una singolare astinenza e per austerità ed asprezza di vita;
fra tanta cupidigia di onori, Luigi li disprezzasse talmente e li sdegnasse, da
abdicare molto volentieri al principato che gli spettava per diritto
ereditario, e chiedesse di essere accolto in quella famiglia religiosa nella
quale, per voto speciale è precluso l’adito anche alle dignità sacre; infine,
fra tanto smoderato culto dell’antica civiltà greca e romana, Luigi fu così
assiduo nello studio e nella pratica delle cose celesti, che per un particolare
dono di Dio e per un singolarissimo impegno proprio viveva con l’anima tutta
intesa a Dio, sì che nel contemplare non pativa distrazioni.
Queste, certamente, sono altezze di santità
straordinaria, e quasi inaccessibili agli stessi uomini di consumata virtù; ma
ciò deve servire di ammaestramento ai nostri giovani e far loro intendere quali
mezzi debbono usare per serbare incolumi quelli che sono il decoro e
l’ornamento più bello della gioventù, cioè l’ innocenza dei costumi e la
castità. In proposito non ignoriamo che alcuni educatori della gioventù,
spaventati dall’attuale depravazione dei costumi per la quale tanti giovani
precipitano nell’estrema rovina, con incredibile detrimento delle anime, allo
scopo di tener lontano dal civile consorzio un così grave e disastroso danno,
si sono impegnati ad escogitare nuovi sistemi educativi. Ma Noi vorremmo che
costoro intendessero bene come nessun utile recheranno alla comunità qualora
trascurassero quelle arti e quelle discipline che, attinte dalla fonte della
cristiana sapienza e provate dall’uso di molti secoli, Luigi stesso sperimentò
efficacissime in sé: la fede viva, la fuga dalle seduzioni, il governo e il
freno dell’animo, un’operosa devozione verso Dio e la Beata Vergine, infine la
vita quanto più spesso confortata e rinvigorita dal celeste banchetto.
Se i giovani guarderanno con animo attento il Gonzaga
quale perfetto modello di castità e di santità, non solo impareranno a
reprimere le passioni, ma eviteranno anche il pericolo nel quale cadrebbero
qualora, imbevuti dei dettami di una certa scienza che disprezza la dottrina di
Cristo e della Chiesa, si lasciassero traviare da un’intemperante brama di
libertà, dall’orgoglio della mente e dall’indipendenza della volontà. Luigi, al
contrario, pur sapendosi erede dell’avito principato, si lasciò guidare docilmente
da coloro che gli furono maestri negli studi e nella pietà, e più tardi,
fattosi religioso della Compagnia di Gesù, si sottopose con tanta perfezione
agli ordini ed ai consigli dei superiori da non allontanarsi nemmeno di
un’unghia da ciò che viene prescritto dall’Istituto. A nessuno sfuggirà quanto
siffatto comportamento contrasti con la condotta di quei giovani che, ingannati
da una certa apparenza di bene e insofferenti di qualsiasi freno, non tengono
in alcun conto gli ammonimenti dei vecchi. Pertanto, coloro che vogliono
militare sotto le insegne di Cristo debbono avere la certezza che, volendo
scuotere da sé il giogo della disciplina, in luogo di raccogliere trionfi, non
faranno che riportare sconfitte ignobili; dato che la natura stessa richiede,
per divina disposizione, che i giovani non possano realizzare alcun vero
profitto, sia nella vita intellettuale e morale, sia nell’informare la propria
condotta allo spirito cristiano, se non sotto l’altrui magistero. Se tutto
questo riguarda le altre discipline, una maggiore docilità d’animo è certamente
richiesta per quanto si riferisce ai settori dell’azione e dell’apostolato:
tali uffici, che rientrano nel mandato affidato da Cristo alla Chiesa, non
potranno essere esercitati santamente ed utilmente se non compiuti con animo
devoto verso coloro che lo Spirito Santo “ha posto quali vescovi a reggere la
Chiesa di Dio” [6].
Come già nel paradiso terrestre, Satana, promettendo ai progenitori del genere
umano incredibili vantaggi quale premio della disobbedienza inducendoli a
ribellarsi a Dio, così ai giorni nostri, con il pretesto della libertà egli
corrompe e trae in rovina tanti giovani gonfi di vuota superbia, mentre la loro
dignità è riposta nell’obbedienza dovuta alla legittima autorità. In verità, Luigi,
che per la sua insigne prudenza era circondato da tanta ammirazione presso i
suoi che fondavano nel suo futuro principato le più liete speranze, e dai suoi
correligionari che lo consideravano futuro generale dell’Ordine, egli sentiva
soltanto disistima di sé e ubbidiva a tutti coloro che gli erano preposti in
nome del suo eterno Signore e Re, con umilissima e ad un tempo stesso dignitosa
sottomissione.
Da una condotta di vita tanto santa e illuminata
dalla luce e dai dettami della fede, Luigi raccolse i più soavi e preziosi
frutti: in lui i doni di natura e di grazia si integravano in così perfetta
armonia da rappresentare un esemplare modello della gioventù. Infatti non è
forse vero che, per eccellenza d’ingegno, per maturità di giudizio, per nobiltà
e forza di sentimento, per dolcezza e soavità di tratto egli rappresenta un
modello ideale? Della elevatezza e perspicacia della sua intelligenza, libera
dalle nebbie che sorgono dalle passioni malsane, sempre dedito alla
contemplazione e alla ricerca del vero e del retto, fanno testimonianza il
corso degli studi da lui compiuti, e le pubbliche dispute filosofiche sostenute
con universale approvazione e plauso, ed anche gli scritti — specialmente le
lettere — che quantunque non siano molti, tenuto conto della sua giovane età,
si raccomandano per la sapiente conoscenza e valutazione delle cose. La
rettitudine e l’acutezza del suo giudizio si sono manifestate luminosamente in
difficili affari affidatigli dal padre e da lui trattati con prudenza e
condotti a felice termine; fra gli altri in quello non meno arduo per cui, dopo
la morte del padre, riuscì a riconciliare il proprio fratello prìncipe col Duca
di Mantova, eliminando rivalità e odii. Del suo nobile cuore e della sua
affabilità facevano poi unanimi ed amplissime lodi tutti coloro che ebbero
rapporti con lui, sia nella vita comune sia negli splendori della reggia,
concittadini e domestici, prìncipi e cortigiani, e soprattutto superiori e
fratelli della Compagnia, ove suscitò presso tutti una generale ammirazione.
D’altra parte, sappiamo come splendevano in Luigi in modo particolare la
fermezza del carattere e la costanza della volontà.
Il piccolo erede del principato di Castiglione,
essendosi proposto fin dalla più tenera età di giungere alla santità, a tale
impegno rimase fedele fino alla morte, in modo che l’ascensione spirituale, che
principiò in lui con l’uso della ragione, non conobbe poi né sosta né regresso.
È dunque possibile proporre ai giovani — specialmente a coloro che studiano —
un modello più opportuno e più adatto da imitare? Essi, infatti, non solo hanno
bisogno di arricchire la mente e il cuore di una sana e solida cultura, ma
devono anche possedere un criterio saggio, sereno, equilibrato per giudicare e
valutare rettamente gli uomini e gli eventi, senza lasciarsi traviare né da
false illusioni, né da sconvolgenti o snervanti passioni, né dalla pubblica
opinione; devono affermarsi per bontà e dolcezza, al fine di mantenere e
promuovere la concordia in seno alla famiglia e alla società civile; con
volontà ferma e costante potranno indirizzare se stessi e gli altri lungo la
via del bene.
In Luigi non mancarono neppure una mirabile attività
e un fervido impegno a vantaggio degli altri, cioè quell’apostolato verso il
quale per l’età e il temperamento i giovani si sentono portati. Infatti,
quantunque la contemplazione delle cose celesti e il familiare colloquio con
Dio fossero l’occupazione principale e più assidua del Gonzaga, tanto che la
sua vita poteva esattamente essere definita “nascosta con Cristo in Dio” [7], tuttavia dal suo cuore prorompevano sin d’allora
scintille di ardore apostolico, che in certo modo preannunziavano le vampe
dell’incendio che ne doveva seguire. Così, appena uscito dalla puerizia, lo
vediamo edificare con l’esempio e con sante conversazioni tutti coloro con i
quali s’intratteneva, infiammandoli alla virtù in tutte le occasioni; e poi con
l’avanzare negli anni, eccolo attratto da maggiori ideali, cioè aspirare alle
più alte ed ardue imprese per la salute delle anime, e vagheggiare di darsi
alle missioni apostoliche fra gli eretici e fra i pagani. Così Roma ammirò
Luigi, alunno del Collegio Romano, percorrere le piazze, le vie, i vicoli della
città, insegnando gli elementi della dottrina cristiana ai fanciulli e ai poveri;
Roma fu testimone dell’eroica carità con la quale egli, fra l’imperversare
della peste, si dedicò al servizio degli infetti, contraendo il contagio di
quel morbo che, dopo pochi mesi, giovane appena di 24 anni, doveva condurlo al
sepolcro. E anche qui si apre ai nostri giovani un vastissimo campo nel quale
potrebbero operare largamente sull’esempio di Luigi, cioè imitarlo e seguirlo
sulla retta via, nell’apostolato dei buoni discorsi, nell’amore e nello zelo
per le sacre Missioni, nell’insegnamento della dottrina cristiana,
nell’esercizio delle forme più svariate di carità. Basterebbe che si
dedicassero a queste iniziative le schiere della gioventù cattolica, perché la
forma dell’apostolato di Luigi ritornasse in fiore, opportunamente adattato ai
bisogni presenti: quell’apostolato Aloisiano, diciamo, che, lungi dall’essere
venuto meno con la morte del Gonzaga, continua ancora salutarmente dal cielo.
Infatti, dalla beata sede celeste, dove la vergine
carmelitana Maddalena dei Pazzi lo contemplò estatica e lo vide gloriosamente
regnare, assiso fra i Santi dove il Nostro Predecessore Benedetto XIII di
felice memoria lo aveva iscritto con solenne decreto duecento anni fa, Luigi
non ha mai cessato di far scendere i suoi benefìci sopra tutti i suoi devoti, ma
particolarmente sui giovani. Così si spiega come tantissimi sodalizi si onorano
del nome di Luigi e si gloriano del suo patrocinio; tantissimi giovani di ambo
i sessi, seguendo il suo esempio, associano meravigliosamente le spine della
penitenza ai gigli della purezza; fra Luigi e la gioventù cristiana sembra
sorta una specie di emulazione fra lui che dona largamente i suoi beni celesti
agli adolescenti e questi che lo invocano quale celeste Patrono. Nessuna
meraviglia, pertanto, se i Pontefici Romani hanno scelto Luigi quale modello e
protettore dei giovani.
Conseguentemente, ricordando tutto quanto precede,
anche Noi che collochiamo al primo posto la perfetta educazione e la salvezza
dei giovani, specialmente in una stagione come l’attuale che li vede esposti ai
più gravi pericoli, sia per testimoniare la riconoscenza per i benefìci già
ottenuti, sia per ottenere da Luigi benefìci ancora più abbondanti, seguendo
l’esempio di quanto stabilito dai Nostri Predecessori, in particolare da
Benedetto XIII e da Leone XIII, solennemente confermiamo e, ove occorra, con
l’autorità Nostra Apostolica dichiariamo San Luigi Gonzaga celeste Patrono di
tutta la gioventù cristiana. E mentre affidiamo questo elettissimo settore
della famiglia cattolica alla tutela e alla custodia di Luigi, affinché
prosperi e diventi sempre più fiorente ed esemplare nell’aperta e pronta
professione della fede cristiana e nella purezza dei costumi, esortiamo
ardentemente la gioventù e con paterno affetto la scongiuriamo a tenere sempre
presente Luigi come modello e a non cessare mai di onorarlo e d’invocarlo,
anche con quei devoti esercizi — come la pia pratica delle sei domeniche — che
dopo una lunga esperienza hanno attestato molti e non piccoli frutti.
Intanto Ci rallegriamo sommamente per il fatto che il
Comitato preposto ai solenni festeggiamenti centenari sotto la vigilantissima
direzione del Nostro Cardinale Vicario, abbia suggerito ai giovani che,
premesso qualche ritiro spirituale, stringano il patto di condurre una vita
cristianamente integra e pura, e lo registrino in apposite schede,
sottoscrivendolo di proprio pugno e confermandolo quasi per giuramento; tali
schede, raccolte poi tutte insieme e legate in volume, verranno portate qui dai
delegati della gioventù del mondo cattolico; dopo che il Romano Pontefice le
avrà come approvate, verranno deposte quale documento di pietà e di memoria nel
tempio Ludovisiano dove riposano le venerabili ossa di Luigi. Né potrebbe
immaginarsi cosa più adatta a infervorare l’animo generoso dei giovani; così la
celebrazione di questa festa giubilare, che mira a rinnovare lo spirito della
gioventù di tutto il mondo, non andrà certamente priva di effetto. Tutti coloro
che fanno parte della imponente famiglia della gioventù cattolica che verranno
in questa Alma Città nel periodo fissato per i festeggiamenti, come già abbiamo
detto saranno da Noi ricevuti e da Noi intrattenuti quali garanti di cose molto
importanti ed utili; Noi stessi li accompagneremo col pensiero e col cuore al
sepolcro di Luigi, invocando che tutti i Nostri figli esperimentino ogni giorno
sempre più efficace la tutela del loro celeste Patrono.
Poiché, in verità, nello stesso giorno, unitamente a
Luigi fu ammesso al novero dei Santi anche Stanislao Kosta, che era vissuto
nella Compagnia di Gesù e poco prima era volato alle sedi celesti, è opportuno
che i nostri giovani, in questa fausta ricorrenza rivolgano pure lo sguardo al
serafico giovanetto Polacco, a cui il Signore “con uno dei prodigi della sua
sapienza” concesse “la grazia di raggiungere
in una età ancor tenera una matura santità” . Nato anch’egli da famiglia
nobile, dotato a sua volta di animo forte e sublime, fu un fiore di angelica
purezza, proteso alla perfezione; oppose una energica e costante resistenza al
fratello dedito a vita mondana e dissipata; vinse le continue insidie di una
famiglia eretica, della quale era ospite, e dei suoi compagni dediti alle
dissipazioni e alle intemperanze; consolato e fortificato dal pane Eucaristico,
somministratogli più di una volta dagli angeli, compì lunghi viaggi a piedi
allo scopo di obbedire a Dio che lo chiamava a compiti più alti, e alla Madre
di Dio che lo spronava ad entrare nella Compagnia di Gesù; venne infine a
questa Alma Città, ma quasi di passaggio, per salire poco dopo alla eterna
Gerusalemme, a soli diciotto anni, ancora novizio, animato dalla fiamma interna
della carità, il più giovane dei Santi confessori. Si ritiene che Dio abbia
voluto premiare in modo particolare il coraggio e la costanza di Stanislao
illuminando con lo splendore della gloria l’innocentissimo adolescente,
affinché con il proprio patrocinio offrisse un’inespugnabile difesa alla sua
nazione, anzi a tutta la cristianità, contro il più grave pericolo di quei
tempi, cioè le incursioni dei Turchi. Che egli abbia soccorso così
miracolosamente la sua patria in pericolo era tanto noto, che il celebre Cesare
cristiano, Giovanni Sobieski, colui che liberò Vienna dal terribile assedio,
dichiarava esplicitamente che le sue vittorie non erano tanto dovute alle sue
armi quanto al patrocinio di Stanislao.
Voglia Iddio che questi due Santi con le loro
suppliche associate ottengano che la nostra gioventù, imitando l’uno e l’altro,
proceda sempre più ardentemente e sollecitamente, e raggiunga la sola ed
autentica gloria dei cristiani, cioè il bellissimo ornamento della castità e
della santità.
Frattanto, come auspicio dei doni celesti e quale
testimonianza del Nostro paterno affetto, a te, diletto figlio, a tutti i
religiosi della Compagnia di Gesù ed ai loro alunni, di gran cuore impartiamo
l’Apostolica Benedizione.
Dato a Roma,
presso San Pietro, il 13 giugno 1926, anno quinto del Nostro Pontificato.
PIUS PP. XI
[1] Marc., X, 13-16.
[2] Matth., XVIII, 6.
[3] Marc., X, 21.
[4] I Cor., XIII, 1.
[5] II Petr., I,19.
[6] Act., XX, 28.
[7] Ad Coloss., III, 3.
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