Thursday, 6 July 2017

"Apparecchio alla Morte" by St Alfonso Maria de Liguori (in Italian) – XXI


CONSIDERAZIONE XX - PAZZIA DEL PECCATORE
«Sapientia enim huius mundi stultitia est apud Deum» (1. Cor. 3. 19).


PUNTO I
                         Il venerabile Giovanni d'Avila avrebbe voluto dividere il mondo in due carceri, una per coloro che non ci credono e l'altra per coloro che ci credono, e vivono in peccato lontano da Dio; a costoro dicea che toccava il carcere de' pazzi. Ma la maggior miseria e disgrazia di questi miserabili si è ch'essi tengonsi per savi e prudenti, e sono i più sciocchi e stolti del mondo. E 'l peggio si è che il numero di costoro è innumerabile. «Et stultorum infinitus est numerus» (Eccl. 1. 15). Chi impazzisce per gli onori, chi impazzisce per gli piaceri, chi per le carogne di questa terra. E costoro poi ardiscono di chiamar pazzi i santi, che disprezzano questi beni del mondo, per acquistarsi la salute eterna e 'l vero bene ch'è Dio. Chiamano pazzia l'abbracciare i disprezzi e perdonare l'ingiurie, pazzia il privarsi de' piaceri di senso e abbracciare le mortificazioni; pazzia rinunziare gli onori e le ricchezze, l'amare la solitudine, e la vita umile e nascosta. Ma non avvertono che la loro sapienza, è chiamata pazzia dal Signore: «Sapientia enim huius mundi stultitia est apud Deum» (1. Cor. 3. 19).
                         Ah che un giorno ben confesseranno questa loro pazzia, ma quando? quando non vi sarà più rimedio; e diranno disperati: «Nos insensati vitam illorum aestimabamus insaniam, et finem illorum sine honore» (Sap. 5. 4). Ah miseri che siamo stati, noi stimavamo pazzia la vita de' santi, ma ora conosciamo che noi siamo stati i pazzi. «Ecce quomodo inter filios Dei computati sunt, et inter sanctos sors illorum est» (Ibid. 5). Ecco com'essi son già collocati tra 'l numero felice de' figli di Dio, ed han fatta tra' santi la loro fortuna, che sarà fortuna eterna, e li renderà per sempre beati; e noi siam restati nel numero degli schiavi del demonio, condannati ad ardere in questa fossa di tormenti per tutta l'eternità. «Ergo erravimus (così concluderanno il loro pianto) a via veritatis, et iustitiae lumen non luxit nobis» (Ib. 6). Quindi l'abbiamo sgarrata per aver voluto chiudere gli occhi alla divina luce, e quello che più ci renderà infelici è che al nostro errore non vi è, né vi sarà più rimedio, mentre Dio sarà Dio.
                         Qual pazzia dunque per un vile interesse, per un poco di fumo, per un breve diletto perdere la grazia di Dio! Che non fa un vassallo per guadagnarsi la grazia del suo principe! Oh Dio per una misera soddisfazione perdere il sommo bene, ch'è Dio! perdere il paradiso! perdere anche la pace in questa vita, facendo entrar nell'anima il peccato, che co' suoi rimorsi sempre la tormenterà! e condannarsi volontariamente ad una miseria eterna! Ti prenderesti quel gusto illecito, se per quello ti toccasse poi ad esserti bruciata una mano? o pure a star chiuso un anno dentro una sepoltura? Faresti quel peccato, se dopo quello dovessi perdere cento scudi? E poi credi, e sai che peccando perdi il paradiso e Dio, e sei per sempre condannato al fuoco, e pecchi?

Affetti e preghiere
                         O Dio dell'anima mia, che sarebbe di me a quest'ora, se Voi non mi aveste usate tante misericordie? Starei all'inferno, al luogo de' pazzi come sono stato io. Vi ringrazio, Signore, e vi prego a non abbandonarmi nella mia cecità. Io meritava di restare abbandonato dalla vostra luce, ma vedo che la vostra grazia non mi ha abbandonato ancora. Sento che con tenerezza mi chiama, e m'invita a cercarvi perdono, ed a sperare da Voi gran cose, non ostante le grandi offese che vi ho fatte. Sì, mio Salvatore, spero da Voi di esser accettato per figlio. Non son degno d'esser neppure così chiamato, perché vi ho ingiuriato tante volte in faccia. «Pater, non sum dignus vocari filius tuus; peccavi in coelum, et coram te». Ma sento che Voi andate cercando le pecorelle smarrite, e vi consolate in abbracciare i figli perduti. Padre mio caro, mi pento di avervi offeso, mi butto, e mi abbraccio a' piedi vostri, e non mi partirò, se non mi perdonate e mi benedite. «Non dimittam te, nisi benedixeris mihi». Beneditemi, Padre mio, e la vostra benedizione sia il darmi un gran dolore de' miei peccati e un grande amore verso di Voi. V'amo, Padre mio, v'amo con tutto il cuore. Non permettete ch'io mi parta più da Voi. Privatemi di tutto, e non mi private del vostro amore.
                         O Maria, se Dio è il mio Padre, Voi siete la Madre mia. Beneditemi ancora Voi. Non merito d'esser figlio; accettatemi per vostro servo; ma fate ch'io sia un servo, che teneramente v'ami sempre, e sempre confidi nella vostra protezione.

PUNTO II
                         Poveri peccatori! faticano, stentano per acquistare le scienze mondane, o l'arte di guadagnare i beni di questa vita, che tra breve han da finire; trascurano poi i beni di quella vita, che non finisce mai! Perdono talmente il senno, che diventano non solo pazzi ma bruti; poiché vivendo da bruti, non considerano ciò ch'è bene e ciò ch'è male; ma solamente seguitano gl'istinti bestiali del senso, in abbracciare quel che al presente piace alla carne, senza pensare a quel che perdono ed alla ruina eterna che si tirano sopra. Ma questo non è operare da uomo, ma da bestia. Dice S. Gio. Grisostomo: «Hominem illum dicimus, qui imaginem hominis salvam retinet; quae autem est imago hominis? rationalem esse». L'esser uomo è l'esser ragionevole, cioè operare secondo la ragione, non secondo l'appetito del senso. Se Dio desse ad una bestia l'uso di ragione, e quella secondo la ragione operasse, direbbesi che opera da uomo; così all'incontro, quando l'uomo opera secondo il senso contro la ragione, dee dirsi che l'uomo opera da bestia.
                         «Utinam saperent, et intelligerent, et novissima providerent» (Deut. 32. 29). Chi opera da prudente secondo la ragione, prevede il futuro, cioè quello che dee succedergli nel fine della vita, la morte, il giudizio, e dopo questo l'inferno o il paradiso. Oh quanto è più savio un villano che si salva, che un monarca, che si danna! «Melior est puer pauper, et sapiens rege sene et stulto, nesciente praevidere in posterum» (Eccl. 4. 13). Oh Dio non si stimerebbe da tutti pazzo chi per guadagnare al presente un giulio, si mettesse a rischio di perdere tutt'i suoi beni? E chi per una breve soddisfazione perde l'anima, o si mette a rischio di perderla per sempre, non avrà da stimarsi pazzo? Questa è la ruina di tante anime, che si dannano, il badare solamente a' beni e mali presenti, e non badare a' beni e mali eterni.
                         Dio non ci ha posti certamente in questa terra per farci ricchi, acquistarci onori, o per contentare i nostri sensi, ma per guadagnarci la vita eterna. «Finem vero vitam aeternam» (Rom. 6. 22). E 'l conseguir questo fine, solamente a noi dee importare. «Porro unum est necessarium» (Luc. 10. 42). Ma questo fine è quel che più disprezzano i peccatori; pensano solo al presente, camminano alla morte, s'accostano ad entrare nell'eternità, e non sanno dove vanno. Che diresti d'un nocchiero, dice S. Agostino, che dimandato dove va, rispondesse che non lo sa? ognun direbbe che costui porta la nave a perdersi: «Fac hominem perdidisse quo tendit, et dicatur ei: Quo is et dicat, nescio. Nonne iste navem ad naufragium perducet? Talis est (poi conclude il santo) qui currit praeter viam». Tali sono quei savi del mondo che san far guadagni, prendersi gli spassi, conseguire i posti, ma non sanno salvarsi l'anima. Fu savio l'epulone in farsi ricco, ma «mortuus est, et sepultus in inferno». Fu savio Alessandro Magno in acquistar tanti regni, ma tra pochi anni morì e si dannò in eterno. Fu savio Arrigo VIII, in sapersi mantenere nel trono con ribellarsi dalla Chiesa, ma all'ultimo egli stesso vedendo che già perdea l'anima, confessò: «Perdidimus omnia». Quanti miserabili ora piangono, e gridano nell'inferno: «Quid profuit nobis superbia, aut divitiarum iactantia? transierunt omnia illa tanquam umbra» (Sap. 5. 9). Ecco, dicono, che per noi tutti i beni del mondo son passati come un'ombra, ed altro non ci è restato che un pianto ed una pena eterna.
                         «Ante hominem vita, et mors, quod placuerit ei, dabitur illi» (Eccli. 15. 18). Cristiano mio, in questa vita ti è posta avanti la vita e la morte, cioè il privarti de' gusti vietati con guadagnarti la vita eterna, o il prenderli colla morte eterna. Che dici? che scegli? Scegli da uomo, e non da bestia. Scegli da cristiano, che ha fede e dice: «Quid prodest homini, si mundum universum lucretur, animae vero suae detrimentum patiatur?»

Affetti e preghiere
                         Ah mio Dio, Voi mi avete data la ragione, mi avete donata la luce della fede, ed io per lo passato ho operato da bruto, perdendo la grazia vostra per li miseri gusti de' miei sensi, che son passati come un vento; ed altro non me ne ritrovo che rimorsi di coscienza e conti colla vostra divina giustizia. «Non intres in iudicium cum servo tuo». Ah Signore, non vi mettete a giudicarmi secondo i meriti miei, ma trattatemi secondo la vostra misericordia. Datemi luce. Datemi dolore delle offese che vi ho fatte, e perdonatemi. «Erravi sicut ovis quae periit, quaere servum tuum». Io son pecorella perduta; se Voi non mi cercate, resterò perduta. Abbiate pietà di me, per quel sangue che avete sparso per amor mio. Mi pento, o sommo bene, di avervi lasciato, e di aver volontariamente rinunziato alla vostra grazia. Vorrei morirne di dolore; ma Voi datemi più dolore. Fate che io venga in cielo a cantare le vostre misericordie.
                         O Maria madre mia, Voi siete il rifugio mio, pregate Gesù per me; pregatelo che mi perdoni e mi dia la santa perseveranza.

PUNTO III
                         Intendiamo che i veri savi sono coloro, che sanno acquistarsi la divina grazia e 'l paradiso. Preghiamo dunque sempre il Signore che ci doni la scienza de' santi, ch'Egli dà a chi gliela cerca. «Dedit illis scientiam sanctorum» (Sap. 6. 10). Oh che bella scienza è il sapere amare Dio e 'l salvarsi l'anima, che consiste nel sapere prender la via della salute eterna ed i mezzi per conseguirla. Il trattato di salvarsi l'anima è il trattato fra tutti il più necessario. Se sapremo tutto, e non sapremo salvarci, niente ci servirà, e saremo per sempre infelici; ma all'incontro saremo sempre beati, se sapremo amare Dio, ancorché fossimo ignoranti di tutte l'altre cose. «Beatus qui te novit, etsi alia nescit», dicea S. Agostino Un giorno Fra Egidio disse a S. Bonaventura: Beato Voi, P. Bonaventura, che sapete tante cose, ed io povero ignorante non so niente; voi potete farvi più santo di me. Senti, gli rispose allora il santo, se una vecchiarella ignorante sa amar Dio più di me, ella sarà più santa di me. Dal che Fra Egidio si pose poi a gridare: O vecchiarella, vecchiarella, senti, senti; se tu ami Dio, puoi farti più santa del P. Bonaventura.
                         «Surgunt indocti, et rapiunt coelum», dicea S. Agostino. Quanti rozzi che non san leggere, ma sanno amare Dio, si salvano; e quanti dotti del mondo si dannano! ma quelli, non questi sono i veri savi. Oh che gran savi sono stati un S. Pasquale, un S. Felice Cappuccino, un S. Giovanni di Dio, benché ignoranti delle scienze umane! Che gran savi sono stati tanti, che lasciando il mondo sono andati a chiudersi ne' chiostri e a vivere ne' deserti, come un S. Benedetto, un S. Francesco d'Assisi, un S. Luigi di Tolosa, che rinunciò al regno. Che gran savi tanti martiri, tante verginelle, che rinunciarono alle nozze de' grandi per andare a morire per Gesu-Cristo! E questa verità la conoscono anche i mondani, e non lasciano di dire di taluno che si è dato a Dio: Beato lui che l'intende, e si salva l'anima. In somma quei che lasciano i beni del mondo per darsi a Dio, si chiamano uomini disingannati. Dunque quei che lasciano Dio per li beni del mondo, come debbono chiamarsi? Uomini ingannati.
                         Fratello mio, di qual compagnia di costoro volete esser voi? Per bene eleggere vi consiglia S. Gio. Grisostomo a visitare i cimiteri. «Proficiscamur ad sepulchra». Belle scuole sono le sepolture per conoscere la vanità de' beni di questo mondo e per apprendere la scienza de' santi. Dimmi (dice il Grisostomo), sai discernere ivi chi sia stato principe, chi nobile e chi letterato? Io per me, dice il santo: «Nihil video, nisi putredinem, ossa et vermes. Omnia fabula, somnium, umbra». Tutte le cose di questo mondo tra breve finiranno e svaniranno come una commedia, un sogno, un'ombra. Ma, cristiano mio, se vuoi diventar savio, non basta conoscere l'importanza del tuo fine, bisogna prendere i mezzi per conseguirlo. Tutti vorrebbero salvarsi e farsi santi; ma perché poi non pigliano i mezzi, non si fanno santi e si dannano. Bisogna fuggir le occasioni, frequentare i sagramenti, fare orazione, e prima di tutto bisogna stabilire nel nostro cuore le massime del Vangelo: «Quid prodest homini, si mundum universum lucretur? Qui amat animam suam, perdet eam» (Io. 12. 25).
                         Il che viene a dire, bisogna perdere anche la vita per salvare l'anima. «Qui vult venire post me, abneget semetipsum» (Matth. 16. 24). Per seguire Gesu-Cristo, bisogna negare all'amor proprio le soddisfazioni che cerca: «Vita in voluntate eius» (Ps. 39. 6). La nostra salute sta nel fare la divina volontà; queste ed altre simili massime.

Affetti e preghiere
                         O Padre delle misericordie, guardate le mie miserie, ed abbiate pietà di me; datemi luce e fatemi conoscere la mia passata pazzia, acciocché la pianga, e conoscere la vostra bontà infinita, acciocché l'ami. Gesù mio, «ne tradas bestiis animas confitentes tibi». Voi avete sparso il sangue per salvarmi, non permettete ch'io abbia da esser più schiavo de' demoni, come sono stato per lo passato. Mi pento, o sommo bene, di avervi lasciato. Maledico tutti quei momenti, in cui colla mia volontà diedi il consenso al peccato; e mi abbraccio colla vostra santa volontà, che altro non desidera che 'l mio bene. Eterno Padre, per li meriti di Gesu-Cristo datemi la forza di eseguire tutto quello che a voi piace. Fatemi prima morire, che più contraddire a i vostri voleri. Aiutatemi colla vostra grazia a mettere in Voi solo tutto il mio amore, e a distaccarmi da tutti gli affetti, che non tendono a Voi. V'amo, o Dio dell'anima mia, v'amo sopra ogni cosa, e da Voi spero ogni mio bene, il perdono, la perseveranza nell'amor vostro e 'l paradiso per amarvi in eterno.
                         O Maria, cercate Voi per me queste grazie. Il vostro Figlio niente vi nega. Speranza mia, in Voi confido.

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