CONSIDERAZIONE
XXI - VITA INFELICE DEL PECCATORE E VITA FELICE DI CHI AMA DIO
«Non
est pax impiis, dicit Dominus (Is. 48. 22). Pax multa diligentibus
legem tuam» (Ps. 118. 165).
PUNTO I
Tutti gli uomini in questa vita
faticano per trovare la pace. Fatica quel mercante, quel soldato, quel
litigante, perché pensa con quel guadagno, con quel posto, o col vincer quella
lite di far la sua fortuna e così trovare la pace. Ma poveri mondani, che
cercano la pace nel mondo, il quale non può darla! Dio solo può dare a noi la
pace: «Da servis tuis (prega la santa Chiesa) illam, quam mundus dare non
potest, pacem». No, non può il mondo con tutt'i
suoi beni contentare il cuore dell'uomo, perché l'uomo non è creato per questi
beni, ma solo per Dio; ond'è che solo Dio può contentarlo. Le bestie che son
create per li diletti de' sensi, queste trovano la pace ne' beni della terra;
date ad un giumento un fascio d'erba, date ad un cane un pezzo di carne, eccoli
contenti, niente più desiderano. Ma l'anima, ch'è creata solo per amare e star
unita con Dio, con tutt'i piaceri sensuali non potrà mai trovar la sua pace;
solo Dio può renderla appieno contenta.
Quel ricco, che narra S. Luca (cap.
12. v. 19), avendo fatta una buona raccolta da' suoi campi, diceva a se stesso:
«Anima, habes multa bona posita in annos plurimos, requiesce, comede, bibe». Ma
questo infelice ricco fu chiamato pazzo, «Stulte», e con ragione, dice S.
Basilio: «Nunquid animam porcinam habes?»
Misero (gli dice il santo), e che forse hai l'anima di qualche porco, di
qualche bestia, che pretendi contentar l'anima tua col mangiare, col bere, co'
diletti del senso? «Requiesce, comede, bibe?» L'uomo da' beni del mondo può
esser riempiuto, ma non già saziato: «Inflari potest, satiari non potest», dice
S. Bernardo. E scrive il medesimo santo sul
Vangelo: «Ecce nos reliquimus omnia», di aver veduti diversi pazzi con diverse
pazzie. Dice che tutti questi pativano una gran fame, ma altri si saziavano di
terra, figura degli avari: altri d'aria, figura di quei che ambiscono onori:
altri d'intorno ad una fornace imboccavano le faville, che da quella
svolazzavano, figura dell'iracondi; altri
finalmente d'intorno ad un fetido lago beveano quell'acque fracide, figura de'
disonesti. Quindi ad essi rivolto il santo dice loro:
O pazzi, non vedete che queste cose più presto accrescono, che tolgono la
vostra fame? «Haec potius famem provocant, quam exstinguunt». I beni del mondo
son beni apparenti, e perciò non possono saziare il cuore dell'uomo.
«Comedistis, et non estis satiati» (Aggaeus, 1. 6). E perciò l'avaro quanto più
acquista, tanto più cerca d'acquistare. S. Agostino:
«Maior pecunia avaritiae fauces non claudit, sed extendit». Il disonesto quanto
più si rivolge tra le sordidezze, tanto più resta nauseato insieme e famelico;
e come mai lo sterco e le sozzure sensuali possono contentare il cuore? Lo
stesso avviene all'ambizioso, che vuol saziarsi di fumo, poiché l'ambizioso più
mira quel che gli manca, che quello che ha. Alessandro Magno, dopo aver acquistati tanti regni, piangeva, perché
gli mancava il dominio degli altri. Se i beni di questa terra contentassero
l'uomo, i ricchi, i monarchi sarebbero appieno felici, ma la sperienza fa
vedere l'opposto. Lo dice Salomone, il quale asserisce di non aver negato
niente a' suoi sensi: «Et omnia, quae desideraverunt oculi mei, non negavi eis»
(Eccl. 2. 10). Ma con tutto ciò che dice? «Vanitas vanitatum, et omnia vanitas»
(Ibid. 1. 2). E vuol dire: Tutto ciò ch'è nel mondo, è mera vanità, mera bugia,
mera pazzia.
Affetti e preghiere
Ah mio Dio, e che mi trovo delle
offese che v'ho fatte, se non pene, amarezze e
meriti per l'inferno? Non mi dispiace l'amarezza che ora ne sento, anzi questa
mi consola, mentre ella è dono della vostra
grazia e mi fa sperare (giacché Voi me la date) che vogliate perdonarmi. Ciò
che mi dispiace, è il disgusto e l'amarezza che ho
data a Voi, mio Redentore, che mi avete tanto amato. Io meritava, mio Signore,
che allora mi abbandonaste; ma in vece di abbandonarmi vedo che mi offerite il
perdono, anzi siete il primo a dimandarmi la pace. Sì, Gesù mio, voglio far
pace, e desidero la grazia vostra più d'ogni bene. Mi pento, bontà infinita,
d'avervi offeso, vorrei morire di dolore. Deh
per quell'amore che mi portaste spirando per me sulla croce, perdonatemi e
ricevetemi nel vostro Cuore, e mutate il cuore mio, in modo che quanto vi ho
dato di disgusto per lo passato, tanto vi dia di gusto per l'avvenire. Io per
amor vostro al presente rinunzio a tutti i piaceri, che mi può dare il mondo; e
risolvo di perdere prima la vita, che la vostra grazia. Ditemi che ho da fare
per piacervi, che tutto voglio farlo. Che piaceri! che onori! che ricchezze! Voglio
solamente Voi, mio Dio, mia gioia, mia gloria, mio tesoro, mia vita, mio amore,
mio tutto. Datemi, Signore, l'aiuto per esservi fedele. Datemi l'amarvi, e
fatene di me quel che vi piace.
Maria, Madre e speranza mia dopo
Gesù, ricevetemi nella vostra protezione e rendetemi tutto di Dio.
PUNTO II
Ma non solo dice Salomone che i beni
di questo mondo sono vanità, che non contentano, ma sono pene che affliggono lo
spirito: «Et ecce universa vanitas, et afflictio spiritus» (Eccl. 1. 14).
Poveri peccatori! pretendono di farsi felici co' loro peccati, ma non trovano
che amarezza e rimorso: «Contritio, et infelicitas in viis eorum, et viam pacis
non cognoverunt» (Ps. 13. 3). Che pace! che pace! No, dice
Dio: «Non est pax impiis, dicit Dominus» (Is. 48. 22). Primieramente il peccato porta con sé il terrore
della divina vendetta. Se alcuno tiene un nemico potente, non mangia, né dorme
mai quieto; e chi ha per nemico Dio, può stare in pace? «Pavor his qui
operantur malum» (Prov. 10. 29). Chi sta in peccato, se sente tremar la terra,
se sente tuonare, oh come trema! Ogni fronda che si muove, lo spaventa.
«Sonitus terroris semper in aure eius» (Iob. 15. 21). Fugge sempre, senza veder
chi lo perseguita. «Fugit impius, nemine persequente» (Prov. 28. 1). E chi lo
perseguita? il medesimo suo peccato. Caino dopo che uccise il fratello Abele
dicea: «Omnis igitur, qui invenerit me, occidet me» (Gen. 4. 14). E con tutto
che il Signore l'assicurò che niuno l'avrebbe offeso: «Dixitque ei Dominus:
Nequaquam ita fiet»; pure dice la Scrittura che
Caino «habitavit profugus in terra» (Ibid.):
andò sempre fuggendo da un luogo ad un altro. Chi era il persecutore di Caino,
se non il suo peccato?
In oltre il peccato porta seco il
rimorso della coscienza, ch'è quel verme tiranno che sempre rode. Va il misero
peccatore alla commedia, al festino, al banchetto: ma tu (gli dice la
coscienza) stai in disgrazia di Dio; se muori, dove vai? Il rimorso della
coscienza è una pena sì grande anche in questa vita, che taluni per
liberarsene, son giunti a darsi volontariamente la morte. Uno di costoro fu
Giuda, come si sa, che per disperazione da se stesso si appiccò. Si narra d'un
altro, che avendo ucciso un fanciullo, per
isfuggir la pena del rimorso andò a farsi religioso; ma neppure nella religione
trovando pace, andò a confessare il suo delitto al giudice, e si fe' condannare
a morte.
Che cosa è un'anima che sta senza
Dio? Dice lo Spirito Santo ch'è un mare in tempesta: «Impii autem quasi mare
fervens, quod quiescere non potest» (Isa. 57. 20). Dimando, se taluno fosse
portato ad un festino di musica, di balli e rinfreschi, e stesse ivi appeso co'
piedi, colla testa in giù, potrebbe godere di questo spasso? Tàl'è quell'uomo
che sta coll'anima sotto sopra, stando in mezzo a i beni di questo mondo, ma
senza Dio. Egli mangerà, beverà, ballerà: porterà sì bene quella ricca veste,
riceverà quegli onori, otterrà quel posto, quella possessione, ma non avrà mai
pace. «Non est pax impiis». La pace solo da Dio
si ottiene, e Dio la dà agli amici, non già a' nemici suoi.
I beni di questa terra, dice S.
Vincenzo Ferreri, vanno da fuori non entrano
già nel cuore: «Sunt aquae, quae non intrant illuc, ubi est sitis». Porterà
quel peccatore una bella veste ricamata, terrà un bel diamante al dito, si
ciberà a suo genio; ma il suo povero cuore resterà pieno di spine e di fiele,
perciò lo vedrai che con tutte le sue ricchezze, delizie e spassi, sta sempre
inquieto, e ad ogni cosa contraria s'infuria, e si stizza, diventando come un cane
arrabbiato. Chi ama Dio, nelle cose avverse si rassegna alla divina volontà, e
trova pace; ma ciò non può farlo chi vive nemico alla volontà di Dio, e perciò
non ha via di quietarsi. Serve il misero al demonio, serve ad un tiranno, che
lo paga d'affanni e d'amarezze. E non possono venir meno le parole di Dio che
dice: «Eo quod non servieris Deo tuo in gaudio, servies inimico tuo in fame, et
siti, et nuditate, et omni penuria» (Deut. 28. 48).
Che non patisce quel vendicativo, dopo che si è vendicato! quel disonesto dopo
ch'è giunto al suo intento! quell'ambizioso! quell'avaro! Oh quanti, se
patissero per Dio quel che patiscono per dannarsi, diventerebbero gran santi!
Affetti e preghiere
Oh vita mia perduta! Oh se avessi,
Dio mio, patite per servirvi le pene, che ho sofferto per offendervi, quanti
meriti ora mi ritroverei per lo paradiso! Ah mio Signore, e perché vi lasciai,
e perdei la vostra grazia? per gusti avvelenati e brevi, che appena avuti
svanirono, e mi lasciarono il cuore pieno di spine e d'amarezze. Ah peccati
miei, vi detesto, e vi maledico mille volte, e benedico la vostra pietà, mio
Dio, che con tanta pazienza m'ha sopportato. V'amo, o mio Creatore e Redentore,
che avete data la vita per me; e perché v'amo, mi pento con tutto il cuore di avervi
offeso. Dio mio, Dio mio, e perché v'ho perduto? e perché v'ho cambiato? Ora
conosco il male, che ho fatto, e risolvo di perdere ogni cosa, anche la vita,
prima che l'amor vostro. Datemi luce, Eterno Padre, per amore di Gesu-Cristo;
fatemi conoscere il gran bene che siete Voi, e la viltà de' beni, che mi
presenta il demonio, per farmi perdere la grazia vostra. Io v'amo, ma desidero
di più amarvi. Fate che Voi solo siate l'unico mio pensiero, l'unico mio
desiderio, l'unico mio amore; tutto spero dalla vostra bontà per li meriti del
vostro Figlio.
Maria Madre mia, per l'amore che
portate a Gesu-Cristo, vi prego ad impetrarmi luce e forza di servirlo e
d'amarlo sino alla morte.
PUNTO III
Dunque tutt'i beni e diletti del
mondo non possono contentare il cuore dell'uomo, e chi può contentarlo? Solo
Dio. «Delectare in Domino et dabit tibi petitiones cordis tui»(Ps. 36. 4). Il
cuore dell'uomo va sempre cercando quel bene che lo contenti. Ottiene le
ricchezze, i piaceri, gli onori, e non è contento; perché questi son beni
finiti, ed egli è creato per un bene infinito; trovi egli Dio, s'unisca con
Dio; ed eccolo già contento, niente più desidera. «Delectare in Domino, et
dabit tibi petitiones cordis tui.» S. Agostino
in tutta la sua vita menata fra' diletti del senso, non trovò mai pace. Quando
poi si diede a Dio, allora confessava e diceva al Signore: «Inquietum est cor
nostrum, donec requiescat in te». Dio mio, dicea, ora conosco che ogni cosa è
vanità e pena, e Voi solo siete la vera pace dell'anima. «Dura sunt omnia, et
tu solus requies». Ond'egli fatto poi maestro a
sue spese, scrisse: «Quid quaeris homuncio,
quaerendo bona? quaere unum bonum, in quo sunt omnia bona». Davide essendo re, mentre stava in peccato, andava alle
cacce, ai giardini, alle mense, ed a tutte l'altre delizie regali, ma gli
diceano le mense, i giardini e tutte l'altre creature di cui godea: Davide, tu da noi vuoi essere contentato? No, non possiamo
noi contentarti: «Ubi est Deus tuus?» va, trova lo Dio
tuo, ch'egli solo può contentarti; e perciò Davide in
mezzo a tutte le sue delizie non faceva altro che piangere: «Lacrimae meae
fuerunt panes die ac nocte, dum dicitur mihi quotidie, ubi est Deus tuus?» (Ps.
41. 4).
Oh come all'incontro sa contentare
Dio l'anime fedeli, che l'amano! S. Francesco d'Assisi,
avendo lasciato tutto per Dio, benché si trovasse scalzo, con uno straccio
sopra, morto di freddo e di fame, dicendo: «Deus meus et omnia», provava un paradiso. S. Francesco Borgia dopo che fu
religioso, e gli toccava ne' viaggi a dormir sulla paglia, era tanta la
consolazione, che per quella non potea prender sonno. S. Filippo Neri similmente, avendo lasciato tutto, quando andava a
riposo, Iddio così lo consolava, ch'egli giungeva a dire: Ma, Gesu-Cristo mio,
lasciatemi dormire. Il P. Carlo di Lorena Gesuita,
de' principi di Lorena, ritrovandosi nella sua povera cella, talvolta per la
contentezza si metteva a danzare. S. Francesco Saverio
nelle campagne dell'Indie si slacciava il petto, dicendo: «Sat est, Domine»,
basta Signore, non più consolazione, che 'l mio cuore non è capace di
sostenerla. Dicea S. Teresa che dà più
contento una goccia di consolazione celeste, che tutt'i piaceri e spassi del
mondo. Eh che non possono mancare le promesse di Dio, di dare a chi lascia i
beni del mondo per suo amore, anche in questa vita il centuplo di pace e di
contento. «Qui reliquerit domum, vel fratres, etc. propter nomen meum,
centuplum accipiet, et vitam aeternam possidebit» (Matth. 19. 29).
Che andiamo dunque cercando? andiamo
a Gesu-Cristo che ci chiama e ci dice: «Venite ad me omnes, qui laboratis, et
onerati estis, et ego reficiam vos» (Matth. 11. 28). Eh che un'anima che ama
Dio, trova quella pace che avanza tutti i piaceri e soddisfazioni, che può dare
il senso ed il mondo. «Pax Dei quae exsuperat omnem sensum» (Philip. 4. 7). È
vero che in questa vita anche i santi patiscono, perché questa terra è luogo di
meriti, e non si può meritare senza patire; ma dice S. Bonaventura che l'amore divino è simile al mele, che rende dolci, ed amabili le cose più amare. Chi
ama Dio, ama la di Lui volontà, e perciò gode nello spirito anche nelle
amarezze; poiché abbracciandole sa che lo compiace, e gli dà gusto. Oh Dio, i
peccatori voglion disprezzare la vita spirituale, ma senza provarla! «Vident
crucem, sed non vident unctionem», dice S. Bernardo;
guardano solamente le mortificazioni che soffrono gli amanti di Dio, e i
piaceri di cui si privano; ma non vedono le delizie spirituali, con cui
l'accarezza il Signore. Oh se i peccatori assaggiassero la pace che gode
un'anima che non vuole altro che Dio! «Gustate, et videte» (dice Davide), «quam suavis est Dominus» (Ps. 33). Fratello mio, comincia a far la meditazione ogni
giorno, a comunicarti spesso, a trattenerti avanti il SS. Sagramento, comincia
a lasciare il mondo e a fartela con Dio, e vedrai che il Signore ti consolerà
più Egli in quel poco di tempo, in cui con esso ti tratterrai, che non ti ha
consolato il mondo con tutti i suoi divertimenti. «Gustate, et videte». Chi non
lo gusta, non può intendere, come sa contentare Dio un'anima che l'ama.
Affetti e preghiere
Caro mio Redentore, come sono stato
così cieco per lo passato, a lasciar Voi bene infinito, fonte di tutte le
consolazioni per le misere e brevi soddisfazioni del senso! Ammiro la mia
cecità, ma più ammiro la vostra misericordia, che con tanta bontà mi ha sopportato.
Vi ringrazio che ora mi fate conoscere la mia pazzia e l'obbligo che ho
d'amarvi. V'amo, Gesù mio, con tutta l'anima mia, e desidero di più amarvi.
Accrescete Voi il desiderio e l'amore. Innamoratemi di Voi, o amabile infinito,
che non avete più che fare per essere amato da me, e tanto desiderate l'amor
mio. «Si vis, potes me mundare». Deh Redentore
mio caro, purgatemi il cuore da tanti affetti impuri, che m'impediscono
d'amarvi come vorrei. Non è forza la mia di fare che il mio cuore arda tutto
verso di Voi, e non ami altro che Voi. Ha da esser forza della vostra grazia,
che può tutto quanto vuole. Staccatemi da tutto, discacciate dall'anima mia
ogni affetto che non è per Voi, e rendetemi tutto vostro. Io mi pento sopra
ogni male di tutti i disgusti che vi ho dati. E risolvo di consagrar la vita
che mi resta, tutta al vostro santo amore; ma Voi l'avete da fare. Fatelo per
quel sangue che avete sparso per me con tanto dolore e con tanto amore. Sia
gloria della vostra potenza far che il mio cuore, il quale un tempo è stato
pieno di affetti terreni, ora sia tutto fiamme d'amore verso Voi, bene
infinito.
O Madre del bello amore, rendetemi
colle vostre preghiere come foste sempre Voi, tutt'ardente di carità verso Dio.
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