Friday, 20 May 2016

"Apparecchio alla Morte" by St Alfonso Maria de Liguori (in Italian) - II



CONSIDERAZIONE I - RITRATTO D'UN UOMO DA POCO TEMPO PASSATO ALL'ALTRA VITA
 «Pulvis es, et in pulverem reverteris» (Gen. 3. 19).


PUNTO I
            Considera che sei terra, ed in terra hai da ritornare. Ha da venire un giorno che hai da morire e da trovarti a marcire in una fossa, dove sarai coverto da' vermi. «Operimentum tuum erunt vermes» (Is. 14. 11). A tutti ha da toccare la stessa sorte, a nobili ed a plebei, a principi ed a vassalli. Uscita che sarà l'anima dal corpo con quell'ultima aperta di bocca, l'anima anderà alla sua eternità, e 'l corpo ha da ridursi in polvere. «Auferes spiritum eorum, et in pulverem revertentur» (Ps. 103. 29).
            Immaginati di veder una persona, da cui poco fa sia spirata l'anima. Mira in quel cadavere, che ancora sta sul letto, il capo caduto sul petto: i capelli scarmigliati ed ancor bagnati dal sudor della morte: gli occhi incavati, le guance smunte, la faccia in color di cenere, la lingua e le labbra in color di ferro, il corpo freddo e pesante. Chi lo vede s'impallidisce e trema. Quanti alla vista di un parente o amico defunto hanno mutato vita e lasciato il mondo!
            Maggior orrore dà poi il cadavere, quando principia a marcire. Non saranno passate ancora 24 ore ch'è morto quel giovine, e la puzza si fa sentire. Bisogna aprir le finestre e bruciar molto incenso, anzi procurare che presto si mandi alla chiesa, e si metta sotto terra, acciocché non ammorbi tutta la casa. E l'essere stato quel corpo d'un nobile, o d'un ricco non servirà che per mandare un fetore più intollerabile. «Gravius foetent divitum corpora», dice un autore.
            Ecco dove è arrivato quel superbo, quel disonesto! Prima accolto e desiderato nelle conversazioni, ora diventato l'orrore e l'abbominio di chi lo vede. Ond'è che s'affrettano i parenti a farlo cacciar di casa, e si pagano i facchini, acciocché chiuso in una cassa lo portino a buttarlo in una sepoltura. Prima volava la fama del suo spirito, della sua garbatezza, delle sue belle maniere e delle sue lepidezze; ma tra poco ch'è morto, se ne perde la memoria. «Periit memoria eorum cum sonitu» (Ps. 9. 7).
            Al sentir la nuova della sua morte altri dice: Costui si facea onore; altri: Ha lasciata bene accomodata la casa; altri se ne rammaricano, perché il defunto recava loro qualche utile; altri se ne rallegrano, perché la sua morte loro giova. Del resto, tra poco tempo da niuno più se ne parlerà. E sin dal principio i parenti più stretti non vogliono sentirne più parlare, affinché non si rinnovi loro la passione. Nelle visite di condoglienze si parla d'altro; e se taluno esce a parlar del defunto, dice il parente: Per carità non me lo nominate più.
            Pensate che siccome voi avete fatto nella morte de' vostri amici e congiunti, così gli altri faranno di voi. Entrano i vivi a far comparsa nella scena e ad occupare i beni e i posti de' morti; e de' morti niente o poco si fa più stima o menzione. I parenti a principio resteranno afflitti per qualche giorno, ma tra poco si consoleranno con quella porzione di robe, che sarà loro toccata; sicché tra poco più presto si rallegreranno della vostra morte; e in quella medesima stanza, dove voi avrete spirata l'anima, e sarete stato giudicato da Gesu-Cristo, si ballerà, si mangerà, si giuocherà e riderà come prima; e l'anima vostra dove allora starà?

Affetti e preghiere
            O Gesù mio Redentore, vi ringrazio che non mi avete fatto morire, quando io stava in disgrazia vostra. Da quanti anni io meriterei di star nell'inferno! S'io moriva in quel giorno, in quella notte, che ne sarebbe di me per tutta l'eternità? Signore, ve ne ringrazio. Io accetto la mia morte in soddisfazione de' miei peccati; e l'accetto secondo il modo che a Voi piacerà di mandarmela; ma giacché mi avete aspettato sinora, aspettatemi un altro poco. «Dimitte me, ut plangam paululum dolorem meum» (Iob. 10. 20). Datemi tempo da piangere l'offese che v'ho12 fatte, prima che mi abbiate a giudicare.
            Io non voglio più resistere alle vostre voci. Chi sa, se queste parole che ho lette, sono l'ultima chiamata per me! Confesso che non merito pietà: Voi tante volte mi avete perdonato, ed io ingrato ho ritornato ad offendervi. «Cor contritum, et humiliatum Deus non despicies» (Ps. 50). Signore, giacché Voi non sapete disprezzare un cuore, che si umilia e si pente, ecco il traditore che pentito a Voi ricorre. «Ne proiicias me a facie tua». Per pietà non mi discacciate. Voi avete detto: «Eum, qui venit ad me, non eiiciam foras» (Io. 6. 37). È vero ch'io v'ho oltraggiato più degli altri, perché più degli altri sono stato da Voi favorito di lumi e di grazie; ma il sangue che avete sparso per me mi dà animo, e mi offerisce il perdono, s'io mi pento. Sì, mio sommo bene, che mi pento con tutta l'anima di avervi disprezzato. Perdonatemi, e datemi la grazia di amarvi per l'avvenire. Basta quanto vi ho offeso. La vita, che mi resta, no, Gesù mio, non la voglio più spendere ad offendervi; voglio spenderla solo a piangere sempre i disgusti, che vi ho dati, e ad amarvi con tutto il cuore, o Dio degno d'infinito amore.
            O Maria, speranza mia, pregate Gesù per me.



PUNTO II
            Ma per meglio vedere quel che sei, cristiano mio, dice S. Gio. Grisostomo: «Perge ad sepulcrum, contemplare pulverem, cineres, vermes, et suspira». Mira come quel cadavere prima diventa giallo e poi nero. Dopo si fa vedere su tutto il corpo una lanugine bianca e schifosa. Indi scaturisce un marciume viscoso e puzzolente, che cola per terra. In quella marcia si genera poi una gran turba di vermi, che si nutriscono delle stesse carni. S'aggiungono i topi a far pasto su quel corpo, altri girando da fuori, altri entrando nella bocca e nelle viscere. Cadono a pezzi le guance, le labbra e i capelli; le coste son le prime a spolparsi, poi le braccia e le gambe. I vermi dopo aversi consumato tutte le carni, si consumano da loro stessi; e finalmente di quel corpo non resta che un fetente scheletro, che col tempo si divide, separandosi l'ossa, e cadendo il capo dal busto. «Redacta quasi in favillam aestivae areae, quae rapta sunt vento» (Dan. 2. 35). Ecco che cosa è l'uomo, è un poco di polvere, che in un'aia è portata dal vento.
            Ecco quel cavaliere, ch'era chiamato lo spasso, l'anima della conversazione, dov'è? Entrate nella sua stanza, non v'è più. Se ricercate il suo letto, si è dato ad altri; se le sue vesti, le sue armi, altri già se l'han prese e divise. Se volete vederlo, affacciatevi a quella fossa, dov'è mutato in succidume ed ossa spolpate. Oh Dio quel corpo nutrito con tante delizie, vestito con tanta pompa, corteggiato da tanti servi, a questo si è ridotto? O santi, voi l'intendeste, che per amore di quel Dio che solo amaste in questa terra, sapeste mortificare i vostri corpi, ed ora le vostre ossa son tenute e pregiate come reliquie sacre tra gli ori, e le vostre belle anime godono Dio, aspettando il giorno finale, in cui verranno anche i vostri corpi per esser compagni della gloria, come sono stati della croce in questa vita. Questo è il vero amore al corpo, caricarlo qui di strazi, acciocché in eterno sia felice; e negargli quei piaceri, che lo renderanno infelice in eterno.

Affetti e preghiere
            Ecco dunque, mio Dio, a che dovrà ridursi anche il mio corpo, per cui tanto vi ho offeso! vermi e marciume. Ma non mi affligge, o Signore, anzi mi compiaccio che abbia a così putrefarsi e consumarsi questa mia carne, che mi ha fatto perdere Voi, sommo bene; quello che mi affligge è ch'io per prendermi quei miseri gusti, ho dati tanti disgusti a Voi. Ma non voglio diffidare della vostra misericordia. Voi mi avete aspettato per perdonarmi. «Exspectat Deus, ut misereatur vestri» (Is. 30. 18). E volete perdonarmi, s'io mi pento. Sì, che mi pento con tutto il cuore, o bontà infinita, d'avervi disprezzata. Vi dirò con S. Caterina da Genova: «Gesù mio, non più peccati, non più peccati». Non voglio no più abusarmi della vostra pazienza. Né voglio aspettare, amor mio crocifisso, ad abbracciarvi, quando mi sarete consegnato dal confessore in punto di morte; da ora v'abbraccio, da ora vi raccomando l'anima mia: «In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum». L'anima mia è stata per tanti anni al mondo, e non vi ha amato; datemi luce e forza ch'io v'ami in questa vita che mi resta. Non voglio aspettare ad amarvi nell'ora della morte; da ora v'amo, v'abbraccio e vi stringo, e prometto di non lasciarvi più.
            O Vergine SS., ligatemi con Gesu-Cristo, ed ottenetemi ch'io più non lo perda.



PUNTO III
            Fratello mio, in questo ritratto della morte vedi te stesso, e quello che hai da diventare. «Memento, quia pulvis es, et in pulverem reverteris». Pensa che tra pochi anni, e forse tra mesi o giorni diventerai putredine e vermi. Giobbe con questo pensiero si fece santo: «Putredini dixi, pater meus es tu, mater mea et soror mea vermibus» (Iob. 17. 14).
            Tutto ha da finire; e se l'anima tua in morte si perderà, tutto sarà perduto per te. «Considera te iam mortuum», dice S. Lorenzo Giustiniani, «quem scis de necessitate moriturum» (De Ligno vitae, cap. 4). Se tu fossi già morto, che non desidereresti di aver fatto per Dio? Ora che sei vivo, pensa che un giorno hai da trovarti morto. Dice S. Bonaventura che il nocchiero per ben governar la nave, si mette alla coda di quella; così l'uomo per menar buona vita, dee immaginarsi sempre come stesse in morte. Di là, dice S. Bernardo: «Vide prima et erubesce», guarda i peccati della gioventù, ed abbine rossore: «Vide media, et ingemisce», guarda i peccati della virilità, e piangi: «Vide novissima, et contremisce», guarda gli ultimi presenti sconcerti della tua vita, e trema, e presto rimedia.
            S. Camillo de Lellis, quando si affacciava sulle fosse de' morti, dicea tra sé: Se questi tornassero a vivere, che non farebbero per la vita eterna? ed io che ho tempo, che fo per l'anima? Ma ciò lo dicea questo Santo per umiltà. Ma voi, fratello mio, forse con ragione potete temere d'essere quel fico senza frutto, di cui diceva il Signore: «Ecce anni tres sunt, ex quo venio quaerens fructum in ficulnea hac, et non invenio» (Luc. 13. 7). Voi più che da tre anni state nel mondo, che frutto avete dato? Vedete, dice S. Bernardo, che il Signore non solo cerca fiori, ma vuole anche frutti, cioè non solo buoni desideri e propositi, ma vuole anche opere sante. Sappiate dunque avvalervi di questo tempo, che Dio vi dà per sua misericordia; non aspettate a desiderare il tempo di far bene, quando non sarà più tempo, e vi sarà detto: «Tempus non erit amplius: Proficiscere», presto, ora è tempo di partire da questo mondo, presto, quel ch'è fatto è fatto.

Affetti e preghiere
            Eccomi, Dio mio, io sono quell'albero, che da tanti anni meritava di sentire: «Succide ergo illam, ut quid etiam terram occupat?» Sì, perché da tanti anni che sto al mondo, non v'ho dati altri frutti, che di triboli e spine di peccati. Ma Signore, Voi non volete che io mi disperi.
Voi avete detto a tutti che chi vi cerca, vi trova: «Quaerite, et invenietis». Io vi cerco, mio Dio, e voglio la grazia vostra. Di tutte l'offese che v'ho fatte, me ne dispiace con tutto il cuore, vorrei morirne di dolore. Per lo passato v'ho fuggito, ma ora stimo più la vostra amicizia che 'l possedere tutti i regni della terra. Non voglio resistere più alle vostre chiamate. Mi volete tutto per Voi, tutto a Voi mi dono, senza riserba. Voi sulla croce vi siete dato tutto a me, io mi do tutto a Voi.
            Voi avete detto: «Si quid petieritis me in nomine meo, hoc faciam» (Ioan. 14. 14). Gesù mio, io fidato a questa gran promessa, in nome vostro, e per li meriti vostri vi cerco la vostra grazia, il vostro amore. Fate che abbondi la grazia, e 'l vostro santo amore nell'anima mia, dov'è abbondato il peccato. Vi ringrazio che mi date lo spirito di farvi questa preghiera; mentre Voi me l'ispirate, è segno che volete esaudirmi. Esauditemi, Gesù mio, datemi un grande amore verso di Voi, datemi un gran desiderio di darvi gusto e poi la forza d'eseguirlo.
            O mia grande Avvocata Maria, esauditemi ancora Voi; pregate Gesù per me.

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