Friday 24 February 2017

"Apparecchio alla Morte" by St Alfonso Maria de Liguori (in Italian) - X



CONSIDERAZIONE IX - PACE D'UN GIUSTO CHE MUORE

«Iustorum animae in manu Dei sunt, non tanget illos tormentum malitiae; visi sunt oculis insipientium mori; illi autem sunt in pace» (Sap. 3. 3).



PUNTO I
            «Iustorum animae in manu Dei sunt». Se Dio tiene strette nelle sue mani l'anime de' giusti, chi mai potrà strapparle dalle sue mani? È vero che l'inferno non lascia di tentare e d'insultare anche i Santi nella loro morte, ma Dio non lascia di assisterli e di accrescere gli aiuti a' servi suoi fedeli, dove cresce il loro pericolo: «Ibi plus auxilii, ubi plus periculi; quia Deus adiutor est in opportunitatibus», dice S. Ambrogio (ad Ios. c. 5). Quando il servo d'Eliseo vide la città circondata da' nemici, restò atterrito; ma il Santo gli fece animo dicendo: «Noli timere, plures enim nobiscum sunt, quam cum illis» (4. Reg. 6. 16). E poi gli fe' vedere un esercito d'Angeli mandati da Dio in difesa. Verrà sì bene il demonio a tentare, ma verrà anche l'Angelo Custode a confortare il moribondo: verranno i SS. Avvocati: verrà S. Michele, ch'è destinato da Dio a difendere i servi fedeli nell'ultimo contrasto coll'inferno; verrà la divina Madre a discacciare i nemici, con ponere il suo divoto sotto il suo manto: verrà sopra tutti Gesu-Cristo a custodire dalle tentazioni quella sua pecorella innocente, o penitente, per cui salvare ha data la vita: Egli le darà la confidenza e la forza, che in tal combattimento le bisognano, ond'ella tutta coraggio dirà: «Dominus factus est adiutor meus» (Ps. 29. 11). «Dominus illuminatio mea, et salus mea, quem timebo? «(Psal. 26. 1). Preme più a Dio, dice Origene, la nostra salvezza, che non preme al demonio la nostra perdizione; perché assai più ci ama Dio, che non ci odia il demonio: «Maior illi cura est, ut nos ad salutem pertrahat, quam diabolo, ut nos ad damnationem impellat» (Hom. 20. in lib. Num.).
            Dio è fedele, dice l'Apostolo, non permette che noi siamo tentati oltre le nostre forze: «Fidelis Deus non patietur vos tentari supra id quod potestis» (1. Cor 10. 13). Ma direte: Molti Santi son morti con gran timore della loro salute. Rispondo: pochi sono gli esempi, che si leggono di questi tali, che han menata buona vita e poi son morti con questo timore. Dice il Belluacense che il Signore ciò lo permette in alcuni, per purgarli in morte di qualche loro difetto: «Iusti quandoque dure moriendo purgantur in hoc mundo» Del resto di quasi tutt'i Servi di Dio leggesi che son morti col riso in bocca. A tutti dà timore in morte il divino giudizio, ma dove i peccatori dal timore passano alla disperazione, i Santi dal timore passano alla confidenza. Temea S. Bernardo stando infermo, come narra S. Antonino, ed era tentato di diffidenza; ma pensando a i meriti di Gesu-Cristo, discacciava ogni timore dicendo: «Vulnera tua, merita mea». Temea S. Ilarione, ma lieto poi disse: «Egredere, anima mea, quid times? Septuaginta prope annis servisti Christo, et mortem times?» E voleva dire: Anima mia, che temi, avendo servito ad un Dio, ch'è fedele, e non sa abbandonare chi gli è stato fedele in vita? Il P. Giuseppe Scamacca della Compagnia di Gesù, dimandato se moriva con confidenza, rispose: E che ho servito a Maometto, ch'io abbia ora a dubitare della bontà del mio Dio, che non mi voglia salvare?
            Se mai in morte ci tormenterà il pensiero di aver offeso Dio in qualche tempo, sappiamo che il Signore si è protestato di scordarsi de' peccati de' penitenti: «Si impius egerit poenitentiam, omnium iniquitatum eius non recordabor» (Ezech. 18). Ma, dirà taluno, come possiamo star sicuri che Dio ci abbia perdonati? Ciò dimanda anche S. Basilio: «Quomodo certo persuasus esse quis potest, quod Deus ei peccata dimiserit?» E risponde: «Nimirum si dicat: iniquitatem odio habui, et abominatus sum» (In Reg. inter. 12). Chi odia il peccato, può star sicuro che Dio l'ha già perdonato. Il cuore dell'uomo non può star senz'amare: o ama le creature o ama Dio; se non ama le creature, dunque ama Dio. E ama Dio, chi osserva i precetti: «Qui habet praecepta mea, et servat ea, ille est qui diligit me» (Io. cap. 14). Chi muore dunque nell'osservanza de' precetti, muore amando Dio; e chi ama Dio, non teme: «Caritas mittit foras timorem» (1. Io. 4. 18).

Affetti e preghiere
            Ah Gesù mio, quando sarà quel giorno ch'io vi possa dire: Mio Dio, non vi posso perdere più? Quando sarà che vi vedrò da faccia a faccia, e starò sicuro d'amarvi con tutte le mie forze per tutta l'eternità? Ah mio sommo bene, unico amor mio, sino che vivo, sempre avrò da stare in pericolo di offendervi e di perdere la bella grazia vostra! Vi è stato un tempo infelice, nel quale io non v'amava e disprezzava il vostro amore, ora me ne pento con tutta l'anima, e spero che già mi abbiate perdonato; ed ora vi amo con tutto il mio cuore, e desidero di far quanto posso per amarvi e darvi gusto. Ma sto ancora nel pericolo di negarvi il mio amore e di ritornare a voltarvi le spalle. Ah Gesù mio, mia vita, mio tesoro, non lo permettete. Se mai avesse a succedermi questa somma disgrazia, fatemi in questo punto morire colla morte più dura che volete; io me ne contento, e ve ne prego. Padre Eterno, per amore di Gesu-Cristo non mi abbandonate a questa gran ruina. Castigatemi come volete; io lo merito e l'accetto; ma liberatemi dal castigo di vedermi privo della vostra grazia e del vostro amore. Gesù mio, raccomandatemi al vostro Padre.
            Maria Madre mia, raccomandatemi al vostro Figlio, ottenetemi la perseveranza nella sua amicizia e la grazia d'amarlo, e che poi ne faccia di me quello che vuole.


PUNTO II
«Iustorum animae in manu Dei sunt, non tanget illos tormentum malitiae, visi sunt oculis insipientium mori... illi autem sunt in pace» (Sap. 3. 3). Sembra agli occhi degli stolti che i Servi di Dio muoiano afflitti e contro voglia, come muoiono i mondani; ma no, che Dio sa ben consolare i figli suoi nella loro morte; ed anche tra i dolori della morte fa loro sentire certe grandi dolcezze, come saggi del paradiso che tra poco vuol loro dare. Siccome quei che muoiono in peccato, cominciano sin da sopra quel letto a sentire certi saggi d'inferno, di rimorsi, di spaventi e di disperazione; così all'incontro i Santi cogli atti d'amore che allora fanno più spesso verso Dio, col desiderio e colla speranza che tengono di presto goderlo, già prima di morire cominciano a sentire quella pace, che pienamente poi goderanno in cielo. La morte a' Santi non è castigo, ma premio: «Cum dederit dilectis suis somnum, ecce hereditas Domini» (Psalm. 126. 2). La morte di chi ama Dio, non si chiama morte, ma sonno, sicché ben egli potrà dire: «In pace in idipsum dormiam, et requiescam» (Ps. 4. 9).
            Il P. Suarez morì con tanta pace, che morendo giunse a dire: «Non putabam tam dulce esse mori»: non potea mai immaginarmi, che la morte mi dovesse riuscire così soave. Il Cardinal Baronio ammonito dal medico a non pensar tanto alla morte, rispose: e perché che forse io la temo? io non la temo, ma l'amo. Il Cardinal Ruffense, come narra il Santero, quando andò a morir per la fede, procurò di porsi le migliori vesti che avea, dicendo che andava alle nozze. Quando fu poi a vista del patibolo, buttò il suo bastoncello, e disse: «Ite, pedes, parum a paradiso distamus» via su piedi miei, presto camminate, poco ci è lontano il paradiso. E prima di morire intonò il «Te Deum», in ringraziamento a Dio, che lo facea morire martire per la santa fede; e così tutto allegro pose la testa sotto la mannaia. S. Francesco d'Assisi cantava morendo, ed invitava gli altri al canto. Padre, gli disse Fra Elia, morendo bisogna piangere, non cantare. Ma io non posso (rispose il Santo) fare a meno di cantare, vedendo che tra breve ho d'andare a godere Dio. Una religiosa teresiana, morendo giovinetta, e stando l'altre monache a piangere d'intorno, loro disse: Oh Dio perché piangere? io vado a ritrovare Gesu-Cristo mio; rallegratevi meco, se m'amate (Dising. Parol. I. § VI).
            Narra il P. Granata che un certo cacciatore trovò un Solitario lebbroso, che stava morendo, e cantava. Come, disse quegli, stando così puoi cantare? Rispose il romito: Fratello, tra me e Dio non si frappone che il muro di questo mio corpo; ora io vedo caderlo a pezzi, e che si sfabbrica la carcere, e vado a vedere Dio; e perciò mi consolo, e canto. Questo desiderio di veder Dio facea dire a S. Ignazio Martire che se le fiere non fossero venute a torgli la vita, egli le avrebbe irritate a divorarlo: «Ego vim faciam, ut devorer». S. Caterina da Genova non potea soffrire che taluni tenessero la morte per disgrazia, e diceva: O morte amata, quanto sei malveduta! e perché non vieni a me, che giorno e notte ti chiamo? (Vita cap. 7). E S. Teresa desiderava tanto la morte che stimava sua morte il non morire; e con tal sentimento compose quella sua celebre canzone: «Muoio, perché non muoio». Tale riesce la morte a' Santi.

Affetti e preghiere
            Ah mio sommo bene, mio Dio, se per lo passato io non vi ho amato, ora tutto mi converto a Voi. Mi licenzio da tutte le creature, ed eleggo di amare solamente Voi, mio amabilissimo Signore. Ditemi che volete da me, ch'io voglio farlo. Basta quanto v'ho offeso. Questa vita che mi resta, tutta la voglio spendere in darvi gusto. Datemi Voi forza, affinché io compensi col mio amore l'ingratitudine che finora v'ho usata. Io meritava da tanti anni ardere nel fuoco dell'inferno, e Voi tanto mi siete venuto appresso, che già mi avete tirato a Voi; fate ora che io arda nel fuoco del vostro santo amore. V'amo, bontà infinita. Voi volete esser solo ad essere amato da me, e n'avete ragione, perché Voi mi avete più di tutti amato, e Voi solo meritate di essere amato; ed io Voi solo voglio amare; voglio far quanto posso per darvi gusto. Fatene di me quel che vi piace. Mi basta ch'io v'ami, e Voi mi amiate.
            Maria Madre mia, aiutatemi Voi, pregate Gesù per me.


PUNTO III
            E come mai può temere la morte chi spera dopo la morte d'esser coronato re del paradiso? «Non vereamur occidi» (dicea S. Cipriano), «quos constat quando occidimur coronari». Come può temere di morire chi sa che morendo in grazia, il suo corpo diventerà immortale? «Oportet mortale hoc induere immortalitatem» (1. Cor. 15. 53). Chi ama Dio e desidera di vederlo, stima pena la vita e gaudio la morte. «Patienter vivit, delectabiliter moritur», dice S. Agostino. E S. Tommaso da Villanova dice che la morte, se trova l'uomo dormendo, ella viene come ladro, lo spoglia, l'uccide e lo butta nel pozzo dell'inferno; ma se lo trova vigilante, ella come ambasciatore di Dio lo saluta e gli dice: Il Signore ti aspetta alle nozze, vieni ch'io ti condurrò al regno beato, che desideri: «Te Dominus ad nuptias vocat, veni, ducam te quo desideras».
            Oh con quanta allegrezza sta aspettando la morte chi si ritrova in grazia di Dio, sperando di veder presto Gesu-Cristo, e di sentirsi dire: «Euge serve bone et fidelis, quia in pauca fuisti fidelis super multa te constituam» (Math. 25. 21). Oh come allora consoleranno le penitenze le orazioni, il distacco da' beni terreni e tutto ciò che si è fatto per Dio! «Dicite iusto, quoniam bene, quoniam fructum adinventionum suarum comedet» (Is. 3. 10). Allora chi ha amato Dio, gusterà il frutto di tutte le sue opere sante. Perciò il P. Ippolito Durazzo della Compagnia di Gesù, quando moriva un religioso suo amico con segni di salvezza, non piangeva, ma tutto si rallegrava. Ma quale assurdo sarebbe, dicea S. Gio. Grisostomo, credere un paradiso eterno e poi compatire chi ci va? «Fateri coelum, et eos, qui hinc eo commearunt, luctu prosequi?» (Io. Chrys. ad Viduam). Qual consolazione specialmente sarà allora ricordarsi degli ossequi fatti alla Madre di Dio, di quei rosari, di quelle visite, di quei digiuni nel sabato, di aver frequentata la di lei Congregazione! «Virgo fidelis», si chiama Maria; oh com'Ella è fedele in consolare in morte i suoi fedeli servi! Un certo divoto della S. Vergine disse morendo al P. Binetti: «Padre, non potete credere la consolazione, che apporta in morte il pensiero di aver servito alla Madonna! Oh padre mio, se sapeste qual contento io sento, per aver servito a questa Madre mia! io non so spiegarlo». Qual gaudio poi apporterà a chi ha amato Gesu-Cristo, e che spesso l'ha visitato nel SS. Sagramento, e spesso l'ha ricevuto nella santa Comunione, il vedersi entrare nella stanza il suo Signore col SS. Viatico, che viene ad accompagnarlo nel passaggio dell'altra vita! O felice chi potrà allora dirgli con S. Filippo Neri: «Ecco l'amor mio, ecco il mio amore; datemi il mio amore!»
            Ma chi sa (dirà qualcuno) qual sorte mi toccherà? chi sa, se infine farò una mala morte? Ma a te, che parli così, io domando: Che cosa mala rende la morte? solo il peccato; solo dunque il peccato dobbiam temere, non già la morte. «Liquet (dice S. Ambrogio) acerbitatem non mortis esse, sed culpae; non ad mortem metus referendus, sed ad vitam» (De Bono mort. cap. 8). Vuoi dunque non temere la morte? vivi bene. «Timenti Deum bene erit in extremis».
            Il P. La-Colombier tenea per moralmente impossibile che faccia una mala morte, chi è stato fedele a Dio nella vita. E prima lo disse S. Agostino: «Non potest male mori, qui bene vixerit». Chi sta apparecchiato a morire, non teme qualunque morte, benché improvvisa. «Iustus quacunque morte praeoccupatus fuerit, in refrigerio erit» (Sap. 7. 7). E giacché non possiamo andare a godere Dio, se non per mezzo della morte, ci esorta S. Gio. Grisostomo: «Offeramus Deo, quod tenemur reddere». Ed intendiamo che chi offerisce a Dio la sua morte, fa un atto d'amore il più perfetto che può fare verso Dio; poiché abbracciando di buona voglia quella morte che piace a Dio, ed in quel tempo e modo che vuole Dio, egli si rende simile a' santi Martiri. Chi ama Dio, bisogna che desideri e sospiri la morte; perché la morte ci unisce eternamente con Dio, e ci libera dal pericolo di perderlo. È segno di poco amore a Dio il non aver desiderio di andar presto a vederlo, con assicurarsi di non poterlo più perdere. Frattanto in questa vita amiamolo quanto più possiamo. A questo solo dee servirci la vita, per crescere nell'amore; la misura del nostro amore, con cui ci troverà la morte, sarà la misura dell'amar che faremo Dio nella beata eternità.

Affetti e preghiere
            Ligatemi Gesù mio, con Voi, sì ch'io non possa dividermi più da Voi. Fatemi tutto vostro prima che io muoia, acciocché io vi miri placato, o mio Redentore, nella prima volta che vi vedrò. Voi mi avete cercato, quando io vi fuggiva, deh non mi discacciate ora ch'io vi cerco. Perdonatemi quanti disgusti v'ho dati. Da ogg'innanzi non voglio pensare che a servirvi ed amarvi. Voi troppo mi avete obbligato: non avete ricusato di dare il sangue e la vita per amor mio. Vorrei pertanto tutto consumarmi per Voi, o Gesù mio, che vi siete tutto consumato per me. O Dio dell'anima mia, io voglio amarvi assai in questa vita, per amarvi assai nell'altra. Eterno Padre, deh Voi tiratevi tutto il mio cuore, distaccatelo dagli affetti terreni, e feritelo, infiammatelo tutto del vostro santo amore. Esauditemi per li meriti di Gesu-Cristo. Datemi la santa perseveranza, e datemi la grazia, ch'io sempre ve la domandi.
            Maria Madre mia, aiutatemi ed ottenetemi questa grazia di cercare sempre al vostro Figlio la santa perseveranza.

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