Thursday 25 May 2017

"Apparecchio alla Morte" by St Alfonso Maria de Liguori (in Italian) – XV



CONSIDERAZIONE XIV - LA PRESENTE VITA È VIAGGIO ALL'ETERNITÀ
«Ibit homo in domum aeternitatis suae» (Eccl. 12. 5).


PUNTO I
                         Dal vedere che in questa terra tanti malviventi vivono tra le prosperità, e tanti giusti all'incontro vivon tribulati, anche i gentili col solo lume naturale han conosciuta questa verità che essendovi Dio, ed essendo questo Dio giusto, debba esservi un'altra vita, in cui siano puniti gli empi e premiati i buoni. Or quello che han detto i gentili col solo lume della ragione, noi cristiani lo confessiamo per fede. «Non habemus hic manentem civitatem, sed futuram inquirimus» (Hebr. 13. 14). Questa terra non è già la nostra patria, ella per noi è luogo di passaggio, per dove dobbiamo passare tra breve alla casa dell'eternità. «Ibit homo in domum aeternitatis suae». Dunque, lettor mio, la casa dove abiti, non è casa tua, è ospizio, dal quale, tra breve, e quando meno te l'immagini, dovrai sloggiare. Sappi che giunto che sarà il tempo di tua morte, i tuoi più cari saranno i primi a cacciartene. E quale sarà la tua vera casa? una fossa sarà la casa del tuo corpo sino al giorno del giudizio, e l'anima tua dovrà andare alla casa dell'eternità, o al paradiso, o all'inferno. Perciò ti avvisa S. Agostino: «Hospes es, transis et vides». Sarebbe pazzo quel pellegrino, che passando per un paese volesse ivi impiegare tutto il suo patrimonio, per comprarsi ivi una villa o una casa, che tra pochi giorni avesse poi da lasciare. Pensa pertanto, dice il santo, che in questo mondo stai di passaggio; non mettere affetto a quel che vedi; vedi e passa; e procurati una buona casa, dove avrai da stare per sempre.
                         Se ti salvi, beato te, oh che bella casa è il paradiso! Tutte le reggie più ricche de' monarchi sono stalle a rispetto della città del paradiso, che sola può chiamarsi: «Civitas perfecti decoris» (Ez. 23. 3). Colà non avrai più che desiderare, stando in compagnia de' santi, della divina Madre e di Gesu-Cristo, senza timore più d'alcun male; in somma viverai in un mar di contenti ed in un continuo gaudio che sempre durerà. «Laetitia sempiterna super capita eorum» (Is. 35. 10). E questo gaudio sarà così grande, che per tutta l'eternità, in ogni momento, sembrerà sempre nuovo. All'incontro, se ti danni, povero te! Sarai confinato in un mare di fuoco e di tormenti, disperato, abbandonato da tutti e senza Dio. E per quanto tempo? Passati forse che saranno cento e mille anni, sarà finita la tua pena? Che finire! Passeranno cento e mille milioni d'anni e di secoli; e l'inferno tuo sempre sarà da capo. Che sono mille anni a rispetto dell'eternità? meno d'un giorno che passa. «Mille anni ante oculos tuos, tanquam dies hesterna quae praeteriit» (Ps. 89. 4). Vorresti or sapere quale sarà la tua casa, che ti toccherà nell'eternità? Sarà quella che tu ti meriti, e ti scegli tu stesso colle tue opere.

Affetti e preghiere
                         Dunque, Signore, ecco la casa ch'io m'ho meritata colla mia vita, l'inferno (oimè) dove dal primo peccato che feci, dovrei stare abbandonato da Voi senza speranza di potervi più amare. Sia benedetta per sempre la vostra misericordia, che m'ha aspettato e mi dà tempo di rimediare al mal fatto. Sia benedetto il sangue di Gesu-Cristo, che questa misericordia mi ha ottenuta. No, mio Dio, non voglio abusarmi più della vostra pazienza. Mi pento sopra ogni male di avervi offeso, non tanto per l'inferno meritato, quanto perché ho oltraggiato la vostra bontà infinità. Mai più, Dio mio, mai più; prima la morte, che più offendervi. Se ora fossi nell'inferno, o mio sommo bene, io non potrei più amarvi, né potreste più amarmi Voi. Io v'amo; e voglio esser amato da Voi. Non lo merito io, ma lo merita Gesu-Cristo, il quale si è sagrificato a Voi sulla croce, acciocché Voi mi poteste perdonare ed amare. Eterno Padre, per amore dunque del vostro Figlio datemi la grazia di amarvi sempre e di amarvi assai. V'amo, o Padre mio, che mi avete dato il vostro Figlio. V'amo, o Figlio di Dio, che siete morto per me.
                         V'amo, o Madre di Gesù, che colla vostra intercessione mi avete impetrato tempo di penitenza. Ottenetemi ora, Signora mia, dolore de' miei peccati, l'amore a Dio e la santa perseveranza.


PUNTO II
                         «Si lignum ceciderit ad austrum, aut ad aquilonem, in quocunque loco ceciderit, ibi erit» (Eccl. 11. 3). Dove caderà in morte l'albero dell'anima tua, ivi avrai da restare in eterno. E non vi è via di mezzo, o sempre re nel cielo, o sempre schiavo nell'inferno. O sempre beato in un mare di delizie, o sempre disperato in una fossa di tormenti. S. Gio. Grisostomo considerando l'epulone, che fu stimato felice, ma poi era stato confinato all'inferno, e Lazzaro all'incontro, che fu stimato misero, perché povero, ma poi era felice nel paradiso, esclama: «O infelix felicitas, quae divitem ad aeternam infelicitatem traxit! O felix infelicitas, quae pauperem ad aeternitatis felicitatem perduxit!»
                         Che serve angustiarsi, come fa taluno dicendo: Chi sa se son prescito, o predestinato! L'albero allorché si taglia, dove cade? cade dove pende. Dove pendete voi, fratello mio? che vita fate? Procurate di pender sempre dalla parte dell'austro, conservatevi in grazia di Dio, fuggite il peccato; e così vi salverete e sarete predestinato. E per fuggire il peccato, abbiate sempre avanti gli occhi il gran pensiero dell'eternità, chiamato appunto da S. Agostino: «Magna cogitatio». Questo pensiero ha condotti tanti giovani a lasciare il mondo, ed a vivere ne' deserti, per attendere solo all'anima; e l'hanno accertata. Ora che son salvi, se ne trovan certamente contenti, e se ne troveran contenti per tutta l'eternità.
                         Una certa dama, che vivea lontana da Dio, fu convertita dal P.M. Avila con dirle solamente: Signora, pensate a queste due parole: «Sempre e Mai». Il P. Paolo Segneri ad un pensiero ch'ebbe di eternità in un giorno, non poté prender sonno per più notti, e d'indi in poi si diede ad una vita più rigorosa. Narra Dresselio che un certo vescovo con questo pensiero dell'eternità menava una vita santa, replicando sempre tra sé: «Omni momento ad ostium aeternitatis sto». Un certo monaco si chiuse in una fossa ed ivi non faceva altro che esclamare: «O eternità, o eternità!» Chi crede all'eternità, e non si fa santo, diceva il medesimo P. Avila, dovrebbe chiudersi nella carcere de' pazzi.

Affetti e preghiere
                         Ah mio Dio, abbiate pietà di me: io già sapeva che peccando mi condannava da me stesso ad un'eternità di pene, e mi son contentato di contraddire alla vostra volontà con tutta questa pena; e perché? per una misera soddisfazione! Ah mio Signore, perdonatemi, ch'io me ne pento con tutto il cuore. Non voglio oppormi più alla vostra santa volontà. Misero me, se voi m'aveste fatto morire nel tempo della mala vita, ora avrei da stare nell'inferno per sempre ad odiare la vostra volontà. Ma ora io l'amo, e voglio sempre amarla. «Doce me facere voluntatem tuam». Insegnatemi e datemi forza di eseguire da oggi avanti il vostro beneplacito. Non voglio contraddirvi più, o bontà infinita, e di questa grazia solamente vi prego: «Fiat voluntas tua sicut in coelo et in terra»: fatemi fare perfettamente la vostra volontà, e niente più vi domando. E che altro volete Voi, mio Dio, se non il mio bene e la mia salute? Ah Padre Eterno, esauditemi per amore di Gesu-Cristo, che mi ha insegnato a pregarvi sempre, ed in suo nome ve lo cerco: «Fiat voluntas tua, fiat voluntas tua, fiat voluntas tua». O beato me, se vivo nella vita che mi resta, e se finisco la vita facendo la vostra volontà!
                         O Maria, beata voi, che faceste la volontà di Dio sempre perfettamente; ottenetemi per li vostri meriti ch'io la faccia almeno per li giorni che mi restano di vita.


PUNTO III
                         «Ibit homo in domum aeternitatis suae»: dice il profeta, «ibit», per dinotare che ciascuno anderà a quella casa, dove vuole andare; non vi sarà portato, ma esso vi anderà di propria volontà. È certo che Dio vuol tutti salvi, ma non ci vuole salvi per forza. «Ante hominem vita, et mors». Ha posta avanti ad ognuno di noi la vita e la morte, quella ch'eleggeremo, ci sarà data: «Quod placuerit ei, dabitur illi» (Eccli. 15. 18). Dice finalmente Geremia che il Signore ci ha date due vie da camminare, una del paradiso e l'altra dell'inferno: «Ego do coram vobis viam vitae, et mortis» (Ier. 21. 8). A noi sta di scegliere. Ma chi vuol camminare per la via dell'inferno, come mai potrà ritrovarsi poi giunto al paradiso? Gran cosa! tutti i peccatori si voglion salvare, e frattanto si condannano da se stessi all'inferno con dire, spero di salvarmi. Ma chi mai, dice S. Agostino, trovasi così pazzo, che voglia prendersi il veleno colla speranza di guarirsi? «Nemo vult aegrotare sub spe salutis». E poi tanti cristiani, tanti pazzi, si danno la morte peccando con dire: Appresso penserò al rimedio! O inganno che ne ha mandati tanti all'inferno!
                         Non siamo noi così pazzi come questi; pensiamo che si tratta d'eternità. Quante fatiche fanno gli uomini per farsi una casa comoda, ariosa e in buon'aria, pensando che vi han da abitare per tutta la loro vita? E perché poi sono così trascurati, trattando di quella casa, che loro toccherà in eterno? «Negotium pro quo contendimus, aeternitas est», dice S. Eucherio; non si tratta d'una casa più o meno comoda, più o meno ariosa, si tratta di stare o in un luogo di tutte le delizie tra gli amici di Dio, o in una fossa di tutti i tormenti tra la ciurma infame di tanti scelerati, eretici, idolatri. E per quanto tempo? non per venti, o per quarant'anni, ma per tutta l'eternità. È un gran punto. Non è questo negozio di poco momento, è un negozio che importa tutto. Quando Tommaso Moro fu condannato a morte da Arrigo VIII, Luisa sua moglie andò a tentarlo di consentire al volere di Arrigo; egli le disse allora: Dimmi, Luisa, già vedi ch'io son vecchio, quanti anni potrei aver di vita? Rispose la moglie: Voi potreste vivere venti altri anni. O sciocca mercantessa, ripigliò allora Tommaso, e per venti altri anni di vita su questa terra vuoi che perda un'eternità felice, e mi condanni ad una eternità di pene?
                         O Dio, dacci lume. Se il punto dell'eternità fosse una cosa dubbia, fosse un'opinione solamente probabile, pure dovressimo metter tutto lo studio per viver bene, acciocché non ci ponessimo al pericolo di essere eternamente infelici, se mai quest'opinione si trovasse vera; ma no, che questo punto non è dubbio, ma certo; non è opinione, ma verità di fede: «Ibit homo in domum aeternitatis suae». Oimè che la mancanza di fede, dice S. Teresa, è quella che è causa di tanti peccati e della dannazione di tanti cristiani. Ravviviamo dunque sempre la fede, dicendo: «Credo vitam aeternam». Credo che dopo questa vita vi è un'altra vita, che non finisce mai; con questo pensiero sempre avanti gli occhi prendiamo i mezzi per assicurare la nostra salute eterna. Frequentiamo i sagramenti, facciamo la meditazione ogni giorno e pensiamo alla vita eterna; fuggiamo le occasioni pericolose. E se bisogna lasciare il mondo, lasciamolo, perché non vi è sicurtà che basta per assicurare questo gran punto dell'eterna salute. «Nulla nimia securitas, ubi periclitatur aeternitas» (S. Bernardo).

Affetti e preghiere
                         Dunque, mio Dio, non vi è via di mezzo; o dovrò io esser sempre felice, o sempre infelice: o in un mar di contenti, o in un mare di tormenti: o sempre con voi in paradiso, o sempre lontano e separato da voi nell'inferno. E quest'inferno so certo che tante volte me l'ho meritato: ma so certo ancora che voi perdonate chi si pente e liberate dall'inferno chi spera in voi. Voi me ne assicurate: «Clamabit ad me... eripiam eum, et glorificabo eum» (Ps. 90). Presto dunque, Signor mio, presto perdonatemi e liberatemi dall'inferno. Mi pento, o sommo bene, sopra ogni male di avervi offeso. Presto restituitemi nella vostra grazia, e datemi il vostro santo amore. Se ora stessi nell'inferno, non potrei più amarvi; vi avrei da odiare per sempre; ah mio Dio, e che male m'avete fatto Voi, che vi avessi da odiare? Voi mi avete amato sino alla morte? Voi siete degno d'infinito amore. O Signore, non permettete, ch'io più mi separi da Voi. Io v'amo, e vi voglio sempre amare. «Quis me separabit a caritate Christi?» Ah Gesù mio, solo il peccato mi può separar da Voi, deh non lo permettete, per quel sangue che avete sparso per me. Fatemi prima morire. «Ne permittas me separari a te».
                         Regina e Madre mia, aiutatemi colle vostre preghiere; ottenetemi prima la morte e mille morti, ch'io abbia più a separarmi dall'amore del vostro Figlio.

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