Al cardinale di Toledo
(Juan Pardo de Tavera)...
Diletto figlio nostro,
salute e benedizione apostolica.
L’ufficio pastorale sulle
pecore a noi concesso dal cielo, esercitiamo con solerte impegno, e siamo tanto
afflitti per la loro perdita quanto gioiamo per il loro avanzamento, e non solo
lodiamo le loro opere buone, ma aggiungiamo l’azione della cure apostoliche
affinché ne usufruiscano più diffusamente.
Giunse al nostro ascolto,
che il carissimo nostro figlio in Cristo Carlo (I) imperatore dei Romani sempre
augusto, che è anche re di Castiglia e Leon, per reprimere coloro che accesi di
cupidigia, contro il genere umano rivolgono l’animo inumano, con un pubblico
editto ha proibito a tutti i suoi sudditi, affinché non si presuma ridurre in
servitù alcuno degli indiani occidentali o meridionali, e privarli dei loro
beni.
Noi dunque prestiamo attenzione
a che gli stessi Indiani, anche se sono al di fuori del grembo della Chiesa,
non siano privati o non stiano per essere privati della loro libertà o del
dominio sulle loro cose, poiché sono uomini e per questo capaci di fede e di
salvezza, non siano abbattuti con la servitù, ma siano invitati alla vita con
la predicazione e l’esempio e cose simili.
Noi desiderando reprimere
tanto nefasti misfatti di empi di tal fatta, e affinché non siano provocati
ingiurie e danni che causino una più difficile accoglienza della fede in
Cristo, volenti esortare tua cautela, di cui abbiamo speciale fiducia circa la
tua rettitudine, previdenza, pietà ed esperienza in queste cose, e altre cose
nel Signore, con la presente ordiniamo e
comandiamo affinché tu, o altro o altri, assistendo tutti i suddetti indiani
con un’efficace aiuto di difesa, tutti e singoli di qualunque dignità, stato,
condizione, grado ed eccellenza, incorrano ipso facto alla pena di scomunica
latae sententiae se hanno fatto il contrario, dalla quale nessuno può assolvere
se non noi o il romano pontefice in carica, eccetto che in punto di morte e con
previa riparazione, affinché con la più grande
severità tu impedisca che in nessun modo presumano di ridurre in servitù i
suddetti Indiani o di spogliarli dei loro beni, e contro i disobbedienti a
questa dichiarazione, incorsi in tale scomunica, tu proceda oltre, e altre cose
contro i suddetti e circa le cose necessarie o in qualche modo opportune,
stabilisci, ordina e disponi, secondo prudenza, e sia vista in opera la tua
probità e religiosità.
Circa costoro concediamo a
te con la presente libera e piena facoltà, contro i facenti il contrario e
chiunque osteggia (quanto detto).
Dato a Roma presso san
Pietro, con l’anello del pescatore,
il 29 maggio 1537, anno terzo del nostro
pontificato.
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