Wednesday, 10 August 2016

"Apparecchio alla Morte" by St Alfonso Maria de Liguori (in Italian) - IV




CONSIDERAZIONE III - BREVITÀ DELLA VITA

«Quae est vita vestra? vapor est ad modicum parens» (Iac. 4. 15).

PUNTO I
            Che cosa è la nostra1 vita? è simile ad un vapore, che ad un poco di vento sparisce, e non v'è più. Tutti sanno che han da morire; ma l'inganno di molti si è che si figurano la morte così lontana, come non avesse mai da venire. Ma no, ci avvisa Giobbe, che la vita dell'uomo è breve: «Homo brevi vivens tempore, quasi flos egreditur, et conteritur» (Iob. c. 14). Questo stesso comandò il Signore ad Isaia di predicare: «Clama (gli disse), omnis caro foenum... vere foenum est populus, exsiccatum est foenum, et cecidit flos» (Is. c. 40). La vita dell'uomo è come la vita d'una pianta di fieno: viene la morte, seccasi il fieno, ed ecco che finisce la vita, e cade il fiore d'ogni grandezza e d'ogni bene mondano.
            «Dies mei velociores cursore» (Iob. c. 9). La morte ci corre all'incontro più presto d'un cursore, e noi in ogni momento corriamo alla morte. In ogni passo, in ogni respiro alla morte ci accostiamo. «Quod scribo (dice S. Girolamo) de mea vita tollitur». Per questo tempo in cui scrivo, più m'accosto alla morte. «Omnes morimur, et quasi aquae dilabimur in terram, quae non revertuntur» (Reg. 14. 14). Vedi là, come corre quel ruscello al mare, e quelle acque che scorrono, non ritornano più indietro; così, fratello mio, passano i tuoi giorni, e ti avvicini alla morte; passano i piaceri, passano gli spassi, passano le pompe, le lodi, le acclamazioni, e che resta? «Et solum mihi superest sepulcrum» (Iob. 17. 1). Sarem buttati in una fossa, ed ivi avremo da restare a marcire spogliati di tutto. In punto di morte la rimembranza di tutti i diletti goduti in vita, di tutti gli onori acquistati non ci serviranno che per accrescerci la pena e la sconfidenza di ottenere la salute eterna. Dunque (dirà allora il misero mondano) la mia casa, i miei giardini, quei mobili di buon gusto, quelle pitture, quelle vesti tra poco non saranno più miei? «Et solum mihi superest sepulcrum».
            Ah che allora niun bene di questa terra si guarda se non con pena da chi l'ha amato con attacco; e questa pena non gli servirà ad altro che a mettere in maggior pericolo la salute dell'anima; vedendosi colla sperienza che tali persone attaccate al mondo in morte non vogliono sentir parlare d'altro che della loro infermità, di medici che posson chiamarsi e di rimedi che posson giovare: e quando si discorre loro dell'anima, subito si tediano, e vi dicono che li lasciate riposare, perché loro duole il capo, e non possono sentir parlare. E se talvolta rispondono, si confondono, né sanno che dirsi. E spesso da' confessori si dà loro l'assoluzione, non perché si conoscono disposte, ma perché non vi è tempo d'aspettare. Così muoiono quei che poco pensano alla morte.

Affetti e preghiere
            Ah mio Dio e Signore d'infinita maestà, mi vergogno di comparirvi avanti. Quante volte io vi ho disonorato, posponendo la vostra grazia ad un sordido piacere, ad uno sfogo di rabbia, ad un poco di terra, ad un capriccio, ad un fumo! Adoro e bacio, o mio Redentore, le vostre sante piaghe, ch'io per altro v'ho fatto co' miei peccati, ma da queste medesime io spero il perdono e la salute. Fatemi conoscere, o Gesù mio, il gran torto che vi ho fatto in lasciare Voi fonte d'ogni bene, per abbeverarmi d'acque putride e avvelenate. Che mi trovo di tante offese che vi ho fatte, se non pene, rimorsi di coscienza e meriti per l'inferno? «Pater, non sum dignus vocari filius tuus». Padre mio, non mi discacciate.
 È vero che io non merito più la vostra grazia, che mi renda vostro figlio; ma Voi siete morto per perdonarmi. Voi avete detto: «Convertimini ad me, et convertar ad vos» (Zach. 1. 3). Io lascio tutte le mie soddisfazioni, rinunzio a tutt'i gusti, che mi può dare il mondo, e mi converto a voi.
            Perdonatemi per lo sangue sparso per me, mentre io mi pento con tutto il cuore di tutti gli oltraggi che v'ho fatti. Mi pento e vi amo sopra ogni cosa. Io non son degno d'amarvi, ma voi siete degno d'essere amato. Accettatemi ad amarvi; non isdegnate che v'ami quel cuore, che un tempo v'ha disprezzato. Voi apposta non mi avete fatto morire, quando io stava in peccato, acciocché io vi amassi; sì che vi voglio amare nella vita che mi resta, e non voglio amare altro che Voi. Aiutatemi Voi, datemi la santa perseveranza e il vostro santo amore.
            Maria rifugio mio, raccomandatemi a Gesu-Cristo.

PUNTO II
            Piangeva il re Ezechia: «Praecisa est velut a texente vita mea, dum adhuc ordirer, succidit me» (Is. c. 38). Oh a quanti al meglio che stan tessendo la tela, cioè ordinando ed eseguendo i loro disegni mondani, presi con tante misure, viene la morte e taglia tutto. Alla luce di quell'ultima candela svanisce ogni cosa di questo mondo, applausi, divertimenti, pompe e grandezze. Gran segreto della morte! ella ci fa vedere quel che non vedono gli amanti del mondo. Le fortune più invidiate, i posti più grandi, i trionfi più superbi perdono tutto lo splendore, quando si ravvisano dal letto della morte. L'idee di certe false felicità, che noi ci abbiam formate, si cambiano allora in isdegno contro la propria pazzia. L'ombra nera e funesta della morte covre ed oscura tutte le dignità, anche regali.
            Ora le passioni fanno apparire i beni di questa terra altro di quel che sono; la morte gli scopre e fa vederli quali in verità sono, fumo, fango, vanità e miseria. Oh Dio! a che servono le ricchezze, i feudi, i regni in morte, quando altro non tocca che una cassa di legno, ed una semplice veste, che basta a coprir le carni? A che servono gli onori, quando altro non tocca che un funebre accompagnamento ed una pomposa esequie, che niente gioverà all'anima, se l'anima è perduta? A che serve la bellezza del corpo, se altro non resta allora che vermi, puzza ed orrore, anche prima di morire, e poi un poco di polvere puzzolente.
            «Posuit me quasi in proverbium vulgi, et exemplum suum coram eis» (Iob. c. 17). Muore quel ricco, quel ministro, quel capitano, ed allora se ne parlerà da per tutto; ma se mai egli ha vivuto male, diventerà la favola del popolo, «Proverbium vulgi, et exemplum»; e come esempio della vanità del mondo ed anche della divina giustizia servirà per correzione degli altri. Nella sepoltura poi starà egli confuso tra gli altri cadaveri de' poveri. «Parvus et magnus ibi sunt» (Iob. 3.). A che gli è valuta la bella disposizione del corpo, se ora non è che un mucchio di vermi? A che l'autorità avuta, se ora il suo corpo è buttato a marcire in una fossa, e l'anima è stata gittata ad ardere nell'inferno? Oh che miseria il servire di soggetto agli altri per fare queste riflessioni, e non averle fatte in proprio profitto! Persuadiamoci dunque che per rimediare a' disordini della coscienza, non è tempo proprio il tempo della morte, ma della vita. Affrettiamoci di far ora quel che non potremo allora fare:«Tempus breve est». Tutto presto passa e finisce; perciò facciamo che tutto ci serva per acquistarci la vita eterna.

Affetti e preghiere
            O Dio dell'anima mia, o bontà infinita, abbiate pietà di me, che tanto v'ho offeso. Sapeva io già che peccando perdeva la vostra grazia, e l'ho voluta perdere. Ditemi che ho da fare per ricuperarla? Se volete ch'io mi penta de' peccati miei, sì che me ne pento con tutto il cuore; vorrei morirne di dolore. Se volete ch'io speri il perdono da Voi, sì lo spero per li meriti del vostro sangue. Se volete ch'io v'ami sopra ogni cosa, io lascio tutto, rinunzio a tutti i gusti e beni, che può darmi il mondo, e v'amo più d'ogni bene, o mio amabilissimo Salvatore. Se volete poi ch'io vi dimandi grazie, due grazie vi cerco: non permettete ch'io vi offenda più: e fate ch'io v'ami; e poi trattatemi come volete.
Maria speranza mia, ottenetemi Voi queste due grazie; da Voi le spero.


PUNTO III
            Che pazzia dunque, per li miseri e brevi diletti di questa così breve vita, mettersi a rischio di fare una mala morte? e con quella cominciare un'eternità infelice? Oh quanto pesa quell'ultimo momento, quell'ultima aperta di bocca, quell'ultima chiusa di scena! Pesa un'eternità o di tutti i contenti o di tutti i tormenti. Pesa una vita o sempre felice o sempre infelice. Pensiamo che Gesu-Cristo volle morire con una morte sì amara e ignominiosa, per ottenere a noi una buona morte. A questo fine ci dà tante chiamate, ci dona tanti lumi, ci ammonisce con tante minacce, affinché accertiamo di finire quell'ultimo momento in grazia di Dio.
            Anche un gentile (Antistene) dimandato qual fosse in questo mondo la miglior fortuna? rispose: «Una buona morte». E che dirà un cristiano, il quale sa per fede che da quel momento principia l'eternità: sicché in quel momento si afferra una delle due ruote, che seco tira o un eterno godere o un eterno patire. Se in una borsa vi fossero due cartelle, in una delle quali vi stesse scritto l'inferno e nell'altra il paradiso, che avesse a toccarti; qual diligenza non faresti per indovinare a prendere quella del paradiso? Quei miseri che son condannati a giocarsi la vita, oh Dio, come tremano in istender la mano a buttare i dadi, dalla cui sorte dipende la lor vita o morte!
            Quale spavento sarà, quando ti troverai vicino a quell'ultimo momento, quando dirai: Da questo punto, a cui sto vicino, dipende la mia vita o la mia morte eterna! Ora sta, se dovrò essere o beato per sempre o disperato per sempre. Narra S. Bernardino da Siena di un certo principe, che morendo tutto atterrito diceva: Ecco ch'io ho tante terre e tanti palagi in questo mondo; ma se muoio in questa notte, non so quale stanza mi avrà da toccare!
            Fratello, se credi che si ha da morire e che vi è eternità, e che una volta sola si ha da morire, sicché se allora la sgarri, l'avrai sgarrata per sempre, senza speranza di rimedio, come non ti risolvi di cominciare da questo punto che leggi, a far quanto puoi per assicurarti a fare una buona morte? Tremava un S. Andrea d'Avellino, dicendo: Chi sa qual sorte mi toccherà nell'altra vita? se mi salverò o dannerò? Tremava ancora un S. Luigi Beltrando talmente che la notte non potea prendere sonno al pensiero che gli dicea: E chi sa se ti danni? E tu che ti trovi con tanti peccati fatti, non tremi? Presto, rimedia a tempo, risolvi di darti da vero a Dio; e comincia almeno da questo tempo una vita, che non ti affligga, ma ti consoli in morte. Datti all'orazione, frequenta i sagramenti, lascia le occasioni pericolose; e se bisogna, lascia ancor il mondo, assicura la tua salute eterna; e intendi che per assicurare la salute eterna, non vi è sicurtà che basti.

Affetti e preghiere
            O caro mio Salvatore, quanto vi sono obbligato! E come mai avete potuto Voi far tante grazie ad un ingrato, ad un traditore, quale io sono stato con Voi? Voi mi creaste, e creandomi già vedevate l'ingiurie, ch'io aveva a farvi. Mi redimeste morendo per me, e già allora vedevate le ingratitudini, che io aveva ad usarvi. Indi io posto già al mondo vi voltai le spalle, e con ciò era morto, era un cane fetente, e Voi colla vostra grazia mi avete restituita la vita. Io era accecato, e Voi mi avete illuminato. Io vi avea perduto, e Voi vi avete fatto da me trovare. Era nemico, e Voi mi avete fatto vostro amico.
O Dio di misericordia, fatemi conoscer le obbligazioni che v'ho, e fatemi piangere l'offese che v'ho fatte. Deh vendicatevi meco con darmi un gran dolore de' peccati miei; ma non mi castigate con privarmi della vostra grazia e del vostro amore.
            O Eterno Padre, io abborrisco e detesto sopra ogni male l'ingiurie che v'ho fatte. Abbiate pietà di me per amore di Gesu-Cristo. Guardate il vostro Figlio morto in croce. «Sanguis eius super me»: scenda questo sangue divino a lavare l'anima mia. O Re del mio cuore, «adveniat regnum tuum». Io son risoluto di discacciare ogni affetto, che non è per Voi. Io v'amo sopra ogni cosa; venite a regnare solamente Voi nell'anima mia; fate ch'io v'ami, e non ami altro che Voi. Io desidero di darvi gusto quanto posso, e di contentarvi appieno nella vita che mi resta. Benedite Voi, o Padre mio, questo mio desiderio, e datemi la grazia di tenermi sempre a Voi unito. Tutti gli affetti miei a Voi li consagro, e da oggi avanti non voglio essere d'altri che di Voi, mio tesoro, mia pace, mia speranza, mio amore, mio tutto: e tutto spero da Voi per li meriti del vostro Figlio.
            Regina e Madre mia Maria, aiutatemi colla vostra intercessione: Madre di Dio, pregate per me.

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