Thursday 19 March 2015

“The Divine Comedy” by Dante Alighieri (Inferno: Canto XIX) (in Italian)

Inferno: Canto XIX

O Simon mago, o miseri seguaci
  che le cose di Dio, che di bontate
  deon essere spose, e voi rapaci

per oro e per argento avolterate,
  or convien che per voi suoni la tromba,
  pero` che ne la terza bolgia state.

Gia` eravamo, a la seguente tomba,
  montati de lo scoglio in quella parte
  ch'a punto sovra mezzo 'l fosso piomba.

O somma sapienza, quanta e` l'arte
  che mostri in cielo, in terra e nel mal mondo,
  e quanto giusto tua virtu` comparte!

Io vidi per le coste e per lo fondo
  piena la pietra livida di fori,
  d'un largo tutti e ciascun era tondo.

Non mi parean men ampi ne' maggiori
  che que' che son nel mio bel San Giovanni,
  fatti per loco d'i battezzatori;

l'un de li quali, ancor non e` molt'anni,
  rupp'io per un che dentro v'annegava:
  e questo sia suggel ch'ogn'omo sganni.

Fuor de la bocca a ciascun soperchiava
  d'un peccator li piedi e de le gambe
  infino al grosso, e l'altro dentro stava.

Le piante erano a tutti accese intrambe;
  per che si` forte guizzavan le giunte,
  che spezzate averien ritorte e strambe.

Qual suole il fiammeggiar de le cose unte
  muoversi pur su per la strema buccia,
  tal era li` dai calcagni a le punte.

<<Chi e` colui, maestro, che si cruccia
  guizzando piu` che li altri suoi consorti>>,
  diss'io, <<e cui piu` roggia fiamma succia?>>.

Ed elli a me: <<Se tu vuo' ch'i' ti porti
  la` giu` per quella ripa che piu` giace,
  da lui saprai di se' e de' suoi torti>>.

E io: <<Tanto m'e` bel, quanto a te piace:
  tu se' segnore, e sai ch'i' non mi parto
  dal tuo volere, e sai quel che si tace>>.

Allor venimmo in su l'argine quarto:
  volgemmo e discendemmo a mano stanca
  la` giu` nel fondo foracchiato e arto.

Lo buon maestro ancor de la sua anca
  non mi dipuose, si` mi giunse al rotto
  di quel che si piangeva con la zanca.

<<O qual che se' che 'l di su` tien di sotto,
  anima trista come pal commessa>>,
  comincia' io a dir, <<se puoi, fa motto>>.

Io stava come 'l frate che confessa
  lo perfido assessin, che, poi ch'e` fitto,
  richiama lui, per che la morte cessa.

Ed el grido`: <<Se' tu gia` costi` ritto,
  se' tu gia` costi` ritto, Bonifazio?
  Di parecchi anni mi menti` lo scritto.

Se' tu si` tosto di quell'aver sazio
  per lo qual non temesti torre a 'nganno
  la bella donna, e poi di farne strazio?>>.

Tal mi fec'io, quai son color che stanno,
  per non intender cio` ch'e` lor risposto,
  quasi scornati, e risponder non sanno.

Allor Virgilio disse: <<Dilli tosto:
  "Non son colui, non son colui che credi">>;
  e io rispuosi come a me fu imposto.

Per che lo spirto tutti storse i piedi;
  poi, sospirando e con voce di pianto,
  mi disse: <<Dunque che a me richiedi?

Se di saper ch'i' sia ti cal cotanto,
  che tu abbi pero` la ripa corsa,
  sappi ch'i' fui vestito del gran manto;

e veramente fui figliuol de l'orsa,
  cupido si` per avanzar li orsatti,
  che su` l'avere e qui me misi in borsa.

Di sotto al capo mio son li altri tratti
  che precedetter me simoneggiando,
  per le fessure de la pietra piatti.

La` giu` caschero` io altresi` quando
  verra` colui ch'i' credea che tu fossi
  allor ch'i' feci 'l subito dimando.

Ma piu` e` 'l tempo gia` che i pie` mi cossi
  e ch'i' son stato cosi` sottosopra,
  ch'el non stara` piantato coi pie` rossi:

che' dopo lui verra` di piu` laida opra
  di ver' ponente, un pastor sanza legge,
  tal che convien che lui e me ricuopra.

Novo Iason sara`, di cui si legge
  ne' Maccabei; e come a quel fu molle
  suo re, cosi` fia lui chi Francia regge>>.

Io non so s'i' mi fui qui troppo folle,
  ch'i' pur rispuosi lui a questo metro:
  <<Deh, or mi di`: quanto tesoro volle

Nostro Segnore in prima da san Pietro
  ch'ei ponesse le chiavi in sua balia?
  Certo non chiese se non "Viemmi retro".

Ne' Pier ne' li altri tolsero a Matia
  oro od argento, quando fu sortito
  al loco che perde' l'anima ria.

Pero` ti sta, che' tu se' ben punito;
  e guarda ben la mal tolta moneta
  ch'esser ti fece contra Carlo ardito.

E se non fosse ch'ancor lo mi vieta
  la reverenza delle somme chiavi
  che tu tenesti ne la vita lieta,

io userei parole ancor piu` gravi;
  che' la vostra avarizia il mondo attrista,
  calcando i buoni e sollevando i pravi.

Di voi pastor s'accorse il Vangelista,
  quando colei che siede sopra l'acque
  puttaneggiar coi regi a lui fu vista;

quella che con le sette teste nacque,
  e da le diece corna ebbe argomento,
  fin che virtute al suo marito piacque.

Fatto v'avete Dio d'oro e d'argento;
  e che altro e` da voi a l'idolatre,
  se non ch'elli uno, e voi ne orate cento?

Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,
  non la tua conversion, ma quella dote
  che da te prese il primo ricco patre!>>.

E mentr'io li cantava cotai note,
  o ira o coscienza che 'l mordesse,
  forte spingava con ambo le piote.

I' credo ben ch'al mio duca piacesse,
  con si` contenta labbia sempre attese
  lo suon de le parole vere espresse.

Pero` con ambo le braccia mi prese;
  e poi che tutto su mi s'ebbe al petto,
  rimonto` per la via onde discese.

Ne' si stanco` d'avermi a se' distretto,
  si` men porto` sovra 'l colmo de l'arco
  che dal quarto al quinto argine e` tragetto.

Quivi soavemente spuose il carco,
  soave per lo scoglio sconcio ed erto
  che sarebbe a le capre duro varco.

Indi un altro vallon mi fu scoperto.

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