Saturday 16 September 2017

Letter from Joan of Arc to the Inhabitants of Reims II (in French)



A mes très chiers et bons aimés, gens d'Église, bourgois et autres habitans de la ville de Rains. 

Très chiers et bien amés et bien desiriés à veoir, Jehanne la Pucelle ay reçue vous letres faisent mancion que vous vous doptiés d'avoir le sciege. Veilhés savoir que vous n'arés point, si je les puis rencontrer ; et si ainsi fut que je ne les rencontrasse, ne eux venissent devant vous, si vous fermés vous pourtes, car je serey bien brief vers vous ; et sy eux y sont, je les ferey chausser leurs esperons si à aste qu'il ne sauront por ho les prendre, et leur seil (1) y est si brief que ce sera bientost. Autre chouse que [ce] ne vous escry pour le present ; mès que soyez toutjours bons et loyals. Je pry à Dieu que vous yait en sa guarde.

            Escrit à Sully, le XVIe jour de mars.

Je vous mandesse anquores augunes nouvelles de quoy vous seriés bien joyeux; mais je doubte que les letres ne fussent prises en chemin et que l'on ne vit les dittes nouvelles. — Signé : Jehanne.

Friday 15 September 2017

“Nunca Mais” by Dorival Caymmi



Eu queria te escrever
Mas depois desisti
Preferi te falar
Assim a sós
Terminar nosso amor
Para mim é melhor
Para nós é melhor
Convém à nós

Convém, amor
Nunca mais vou querer o teu beijo
Nunca mais
Nunca mais vou querer teu amor
Nunca mais
Uma vez me pediste sorrindo
Eu voltei
Outra vez me pediste chorando
Eu voltei
Mas agora não posso e nem  quero
Nunca mais
O que tu me fizeste amor
Foi demais


 “Nunca Mais” sung by Lúcio Alves.

Thursday 14 September 2017

"Apparecchio alla Morte" by St Alfonso Maria de Liguori (in Italian) – XXXI

CONSIDERAZIONE XXX - DELLA PREGHIERA
«Petite, et dabitur vobis... omnis enim qui petit, accipit» (Luc. 11. 10).

PUNTO I
              Non solo in questo, ma in mille luoghi dell'antico e nuovo Testamento promette Dio di esaudir chi lo prega. «Clama ad me, et exaudiam te» (Iob. 33. 3): Volgiti a me, ed io ti esaudirò. «Invoca me, et eruam te» (Ps. 49. 15): Chiamami, ed io ti libererò da' pericoli. «Si quid petieritis me in nomine meo, hoc faciam» (Io. 14. 14): Quel che mi domanderai per li meriti miei, tutto farò. «Quodcunque volueritis, petetis, et fiet nobis» (Io. 15. 7): Cercate quanto volete, basta che lo cerchiate, e vi sarà conceduto. E tanti altri passi simili. Quindi disse Teodoreto che l'orazione è una ma può ottenere tutte le cose: «Oratio cum sit una, omnia potest». Dice S. Bernardo che quando noi preghiamo, il Signore o ci darà la grazia richiesta, o un'altra per noi più utile. «Aut dabit quod petimus, aut quod nobis noverit esse utilius» (Serm. 5. in Fer. 4. Ciner.). Intanto ci fa animo a pregare il profeta, assicurandoci che Dio è tutto pietà verso coloro che lo chiamano in aiuto: «Tu Domine suavis, et mitis, et multae misericordiae omnibus invocantibus te» (Ps. 85). E maggior animo ci fa S. Giacomo dicendo: «Si quis vestrum indiget sapientia, postulet a Deo, qui dat omnibus affluenter, nec improperat» (Epist. 1. 5). Dice questo apostolo che quando il Signore è pregato, allarga le mani e dona più di ciò che gli si domanda, «dat omnibus affluenter, nec improperat», né ci rimprovera i disgusti che gli abbiamo dati; quando è pregato, par che si dimentichi di tutte l'offese che gli abbiamo fatte.
              Diceva S. Giovanni Climaco che la preghiera in certo modo fa violenza a Dio a concederci quanto gli cerchiamo: «Oratio pie Deo vim infert». Violenza, ma violenza che gli è cara, e da noi la desidera. «Haec vis grata Deo», scrisse Tertulliano. Sì, perché (siccome parla S. Agostino) ha più desiderio Dio di far bene a noi, che noi di riceverlo: «Plus vult ille tibi beneficia elargiri, quam tu accipere concupiscas». E la ragione di ciò si è, perché Dio di sua natura è bontà infinita: «Deus cuius natura bonitas», scrive S. Leone. E perciò ha un sommo desiderio di far parte a noi de' suoi beni. Quindi dicea S. Maria Maddalena de' Pazzi che Dio resta quasi obbligato a quell'anima, che lo prega, mentre così gli apre la via a contentare il suo desiderio di dispensare a noi le sue grazie. E Davide dicea che questa bontà del Signore in esaudire subito chi lo prega, facea conoscergli ch'Egli era il suo vero Dio: «In quacunque die invocavero te, ecce cognovi quia Deus meus es tu» (Ps. 55. 10). A torto taluni si lamentano (avverte S. Bernardo) che manchi loro il Signore; molto più giustamente si lamenta il Signore che molti a lui mancano, lasciando di venire a cercargli le grazie: «Multi queruntur deesse sibi gratiam, sed multo iustius gratia quereretur deesse sibi multos». E di ciò appunto par che si lamentasse un giorno il Redentore co' suoi discepoli: «Usque modo non petistis quidquam in nomine meo; petite et accipietis, ut gaudium vestrum sit plenum» (Io. 16. 24). Non vi lamentate di me (par che dicesse), se non siete stati pienamente felici, lamentatevi di voi, che non mi avete richieste le grazie; chiedetemele da oggi avanti e sarete contenti.
              Da ciò i monaci antichi conclusero nelle loro conferenze non esservi esercizio più utile per salvarsi, che 'l sempre pregare e dire: Signore, aiutatemi: «Deus, in adiutorium meum intende». Il Ven. P. Paolo Segneri dicea di se stesso che nelle sue meditazioni prima tratteneasi in fare affetti, ma poi conoscendo la grande efficacia della preghiera, procurava per lo più di trattenersi in pregare. Facciamo noi sempre lo stesso. Abbiamo un Dio che troppo ci ama, ed è sollecito della nostra salute, e perciò sta sempre pronto ad esaudir chi lo prega. I principi della terra, dice il Grisostomo a pochi danno udienza, ma Dio la dà ad ognun che la vuole: «Aures principis paucis patent, Dei vero omnibus volentibus» (Lib. 2. de Orat. ad Deum).

Affetti e preghiere
              Eterno Dio, io vi adoro e ringrazio di quanti beneficii mi avete fatti, d'avermi creato e redento per mezzo di Gesu-Cristo, d'avermi fatto cristiano, d'avermi aspettato quand'io stava in peccato, e d'avermi tante volte perdonato. Ah mio Dio, io non sarei mai caduto in offendervi, se nelle tentazioni fossi a Voi ricorso. Vi ringrazio della luce colla quale ora mi fate conoscere, che tutta la mia salute consiste nel pregarvi e domandarvi le grazie. Ecco vi prego in nome di Gesu-Cristo a donarmi un gran dolore de' miei peccati, la santa perseveranza nella vostra grazia, una buona morte, il paradiso; ma sopra tutto il sommo dono del vostro amore ed una perfetta rassegnazione nella vostra ss. volontà. Io già so che non le merito queste grazie, ma Voi l'avete promesse a chi ve le domanda per li meriti di Gesu-Cristo; io per li meriti di Gesu-Cristo a Voi le chiedo, e le spero.
              O Maria, le vostre preghiere ottengono quanto dimandano, pregate Voi per me.


PUNTO II
              Consideriamo in oltre la necessità della preghiera. Dice S. Gio. Grisostomo che siccome il corpo è morto senza l'anima, così l'anima è morta senza orazione. Dice similmente che come l'acqua è necessaria alle piante per non seccare, così l'orazione è necessaria a noi per non perderci. «Non minus quam arbores aquis, precibus indigemus» (Tom. 1. Hom. 77). Dio vuol salvi tutti: «Omnes homines vult salvos fieri» (1. Tim. 2. 4). E non vuole che alcuno si perda: «Patienter agit propter vos, nolens aliquos perire, sed omnes ad poenitentiam reverti» (2. Petr. 3. 9). Ma vuole che noi gli domandiamo le grazie necessarie per salvarci; poiché da una parte non possiamo osservare i divini precetti e salvarci senza l'attuale aiuto del Signore; e dall'altra Egli non vuole darci le grazie (ordinariamente parlando), se non ce le cerchiamo. Che perciò disse il sagro Concilio di Trento che Dio non impone precetti impossibili, poiché o ci dona la grazia prossima ed attuale ad osservarli, oppure ci dà la grazia di cercargli questa grazia attuale: «Deus impossibilia non iubet, sed iubendo monet et facere quod possis, et petere quod non possis, et adiuvat ut possis» (Sess. 6. cap. 11). Mentre insegna S. Agostino che eccettuate le prime grazie, come sono la chiamata alla fede, o alla penitenza, tutte l'altre (e specialmente la perseveranza) Dio non le concede se non a chi prega: «Constat alia Deus dare etiam non orantibus, sicut initium fidei; alia nonnisi orantibus praeparasse, sicut usque in finem perseverantiam» (De dono persev. cap. 6).
              Da ciò concludono i Teologi con S. Basilio, S. Agostino, S. Gio. Grisostomo, Clemente Alessandrino ed altri che la preghiera agli adulti è necessaria di necessità di mezzo. Sicché senza pregare è impossibile ad ognuno il salvarsi. E ciò dice il dottissimo Lessio doversi tener di fede: «Fide tenendum est orationem adultis ad salutem esse necessariam, ut colligitur ex Scripturis» (De Iust. lib. 2. cap. 37. n. 9).
              Le Scritture son chiare. «Oportet semper orare» (Luc. 18. 1). «Orate, ut non intretis in tentationem» (Io. 4. 2). «Petite, et accipiets» (Io. 16. 24). «Sine intermissione orate» (1. Thess. 5. 17). Or le suddette parole: «Oportet, orate, petite», secondo la sentenza comune de' dottori con S. Tommaso (2. p. qu. 39. a. 5) importano precetto, che obbliga sotto colpa grave specialmente in tre casi: 1. quando l'uomo sta in peccato; 2. quando è in pericolo di morte; 3. quando è in grave pericolo di peccare; e ordinariamente poi insegnano i dottori che chi per un mese, o al più due non prega, non è scusato da peccato mortale (vedi Lessio nel luogo cit.). La ragione è, perché la preghiera è un mezzo, senza di cui non possiamo ottenere gli aiuti necessari a salvarci da' peccati.
               «Petite, et accipietis». Chi cerca ottiene; dunque, dice S. Teresa, chi non cerca non ottiene. E prima lo disse S. Giacomo: «Non habetis, propter quod non postulatis» (Iac. 4. 2). E specialmente è necessaria la preghiera, per ottenere la virtù della continenza. «Et ut scivi, quia aliter non possum esse continens, nisi Deus det... adii Dominum, et deprecatus sum» (Sap. 8. 21). Concludiamo questo punto. Chi prega, certamente si salva; chi non prega, certamente si danna. Tutti coloro che si son salvati, si son salvati col pregare. Tutti coloro che si son dannati, si son dannati per non pregare; e questa è, e sarà per sempre la loro maggior disperazione nell'inferno, l'aversi potuto così facilmente salvare col pregare, ed ora non essere più a tempo di farlo.

Affetti e preghiere
              Ah mio Redentore, e come ho potuto per lo passato vivere così scordato di Voi? Voi stavate apparecchiato a farmi tutte le grazie ch'io vi avessi cercate, aspettavate solo ch'io ve le domandassi; ma io non ho pensato ad altro che a contentare i miei sensi, poco importandomi di restar privo del vostro amore e delle vostre grazie. Signore, scordatevi di tante mie ingratitudini e abbiate pietà di me; perdonatemi tanti disgusti che vi ho dati e datemi perseveranza. Datemi la grazia di cercarvi sempre il vostro aiuto per non offendervi, o Dio dell'anima mia. Non permettete che in ciò io sia trascurato, come sono stato per lo passato. Datemi luce e forza di sempre raccomandarmi a Voi, e specialmente quando i nemici mi tentano di nuovo ad offendervi. Fatemi, Dio mio, questa grazia per li meriti di Gesu-Cristo, e per l'amor che gli portate. Basta, Signor mio, quanto v'ho offeso; voglio amarvi in questa vita che mi resta. Datemi il vostro santo amore, e questo mi ricordi di cercarvi aiuto, sempre che mi troverò in pericolo di perdervi col peccato.
              Maria speranza mia, da Voi spero la grazia di raccomandarmi sempre a Voi, ed al vostro Figlio nelle mie tentazioni. Esauditemi, Regina mia, per quanto amate Gesu-Cristo.


PUNTO III
              Consideriamo per ultimo le condizioni della preghiera. Molti pregano e non ottengono, perché non pregano come si dee. «Petitis et non accipitis, eo quod male petatis» (Iac. 4. 3). Per ben pregare primieramente vi bisogna umiltà. «Deus superbis resistit, humilibus autem dat gratiam» (Iac. 4. 6). Dio non esaudisce le domande de' superbi, ma all'incontro non fa partire da sé le preghiere degli umili senza esaudirle. «Oratio humiliantis se nubes penetrabit, et non discedet, donec Altissimus aspiciat» (Eccli. 35. 21). E ciò, benché per lo passato sieno stati peccatori. «Cor contritum et humiliatum Deus non despicies» (Ps. 50). Per secondo vi bisogna confidenza. «Nullus speravit in Domino, et confusus est» (Eccli. 2. 11). A tal fine ci insegnò Gesu-Cristo che cercando le grazie a Dio non lo chiamiamo con altro nome che di Padre (Pater noster); acciocché lo preghiamo con quella confidenza, con cui ricorre un figlio al proprio padre. Chi cerca dunque con confidenza ottiene tutto: «Omnia quaecunque orantes petitis, credite quia accipietis, et evenient vobis» (Marc. 11). E chi può temere, dice S. Agostino, ch'abbia a mancargli ciò che gli viene promesso dalla stessa verità ch'è Dio? «Quis falli metuit, dum promittit veritas?» Non è Dio come gli uomini, dice la Scrittura, che promettono e poi mancano, o perché mentiscono allorché promettono, o pure perché poi mutano volontà: «Non est Deus quasi homo, ut mentiatur, nec ut mutetur; dixit ergo, et non faciet?» (Num. 23). E perché mai, soggiunge lo stesso S. Agostino, tanto ci esorterebbe  il Signore a chieder le grazie, se non ce le volesse concedere? «Non nos hortaretur ut peteremus nisi dare vellet» (De Verb. Dom. Serm. 5). Col promettere Egli si è obbligato a concederci le grazie che gli domandiamo: «Promittendo debitorem se fecit» (S. Aug. ibid. Serm. 2).
              Ma dirà colui: Io son peccatore e perciò non merito d'esser esaudito. Ma risponde S. Tommaso che la preghiera in impetrar le grazie non si appoggia a' nostri meriti, ma alla divina pietà: «Oratio in impetrando non innititur nostris meritis, sed soli divinae misericordiae» (2. 2. qu. 178. a. 2. ad 1). «Omnis qui petit accipit» (Luc. 11. 10). Commenta l'autor dell'Opera imperfetta: «Omnis sive iustus, sive peccator sit» (Hom. 18). Ma in ciò il medesimo nostro Redentore ci tolse ogni timore, dicendo: «Amen, amen dico vobis, si quid petieritis Patrem in nomine meo, dabit vobis» (Io. 16. 23). Peccatori, (come dicesse) se voi non avete merito, l'ho io appresso mio Padre: cercate dunque in nome mio, ed io vi prometto che avrete quanto dimandate. Qui non però bisogna intendere che tal promessa non è fatta per le grazie temporali, come di sanità, di beni di fortuna e simili, poiché queste grazie molte volte il Signore giustamente ce le nega, perché vede che ci nocerebbero alla salute eterna. «Quid infirmo sit utile, magis novit medicus, quam aegrotus», dice S. Agostino (to. 3. c. 212). E soggiunge, che Dio nega ad alcuno per misericordia quel che concede ad un altro per ira: «Deus negat propitius, quae concedit iratus». Onde le grazie temporali debbon da noi cercarsi sempre con condizione, se giovano all anima. Ma all'incontro le spirituali, come il perdono, la perseveranza, l'amor divino e simili debbon chiedersi assolutamente con fiducia ferma di ottenerle. «Si vos cum sitis mali (disse Gesu-Cristo), nostis bona data dare filiis vestris, quanto magis Pater vester de coelo dabit spiritum bonum petentibus se?» (Lucae 11. 13).
              Bisogna sopra tutto la perseveranza in pregare. Dice Cornelio a Lapide (in Luc. cap. 11) che il Signore «vult nos esse perseverantes in oratione usque ad importunitatem». E ciò significano quelle Scritture: «Oportet semper orare» (Luc. 11). «Vigilate omni tempore orantes» (Luc. 21. 36). «Sine intermissione orate» (1. Thess. 5. 17). Ciò significano ancora quelle parole replicate: «Petite, et accipietis; quaerite, et invenietis; pulsate, et aperietur vobis» (Luc. 11. 9). Bastava l'aver detto «petite»; ma no, volle il Signore farc'intendere che dobbiamo fare come i mendici, che non lasciano di cercare d'insistere e di bussare la porta sin tanto che non han la limosina. E specialmente la perseveranza finale è una grazia che non si ottiene senza una continua orazione. Questa perseveranza non si può meritare da noi, ma colle preghiere, dice S. Agostino, che in certo modo si merita: «Hoc Dei donum suppliciter emereri potest: idest supplicando impetrari» (De dono persev. cap. 6). Preghiamo dunque sempre, e non lasciamo di pregare, se vogliamo salvarci. E chi è confessore, o predicatore, non lasci mai di esortare a pregare, se vuole veder salvate  l'anime. E come dice S. Bernardo, ricorriamo ancora sempre all'intercessione di Maria: «Quaeramus gratiam, et per Mariam quaeramus; quia quod quaerit invenit et frustrari non potest» (Serm. de Aquaeduct.).

Affetti e preghiere
              Mio Dio, io spero che già mi abbiate perdonato, ma i nemici non lasceranno di combattermi sino alla morte; se non mi aiutate, tornerò a perdermi. Deh per li meriti di Gesu-Cristo vi cerco la santa perseveranza. «Ne permittas me separari a Te». E la stessa grazia vi cerco per tutti coloro che ora stanno in grazia vostra. Io sto certo, fidato sulla vostra promessa che mi darete la perseveranza, se io seguirò a domandarvela. Ma di questo io temo, temo nelle tentazioni di lasciare di ricorrere a Voi, e così di nuovo io ricada. Vi cerco dunque la grazia di non lasciar mai di pregare. Fate che nelle occasioni di ricadere, sempre io a Voi mi raccomandi ed invochi in mio aiuto i nomi ss. di Gesù e di Maria. Dio mio, così propongo e così spero di fare colla vostra grazia. Esauditemi per amore di Gesu-Cristo.
              O Maria, Madre mia, impetratemi che ne' pericoli di perdere Dio, sempre io ricorra a Voi e al vostro Figlio.

Wednesday 13 September 2017

“In eminenti”, Papal Bull by Pope Clement XII (translated into English)




           Clement, Bishop, Servant of the Servants of God to all the faithful, Salutation, and Apostolic Benediction.

Since the divine clemency has placed Us, Whose merits are not equal to the task, in the high watch-tower of the Apostolate with the duty of pastoral care confided to Us, We have turned Our attention, as far as it has been granted Us from on high, with unceasing care to those things through which the integrity of Orthodox Religion is kept from errors and vices by preventing their entry, and by which the dangers of disturbance in the most troubled times are repelled from the whole Catholic World.
                Now it has come to Our ears, and common gossip has made clear, that certain Societies, Companies, Assemblies, Meetings, Congregations or Conventicles called in the popular tongue Liberi Muratori or Francs Massons or by other names according to the various languages, are spreading far and wide and daily growing in strength; and men of any Religion or sect, satisfied with the appearance of natural probity, are joined together, according to their laws and the statutes laid down for them, by a strict and unbreakable bond which obliges them, both by an oath upon the Holy Bible and by a host of grievous punishment, to an inviolable silence about all that they do in secret together. But it is in the nature of crime to betray itself and to show itself by its attendant clamor. Thus these aforesaid Societies or Conventicles have caused in the minds of the faithful the greatest suspicion, and all prudent and upright men have passed the same judgment on them as being depraved and perverted. For if they were not doing evil they would not have so great a hatred of the light. Indeed, this rumor has grown to such proportions that in several countries these societies have been forbidden by the civil authorities as being against the public security, and for some time past have appeared to be prudently eliminated.
                Therefore, bearing in mind the great harm which is often caused by such Societies or Conventicles not only to the peace of the temporal state but also to the well-being of souls, and realizing that they do not hold by either civil or canonical sanctions; and since We are taught by the divine word that it is the part of faithful servant and of the master of the Lord’s household to watch day and night lest such men as these break into the household like thieves, and like foxes seek to destroy the vineyard; in fact, to prevent the hearts of the simple being perverted, and the innocent secretly wounded by their arrows, and to block that broad road which could be opened to the uncorrected commission of sin and for the other just and reasonable motives known to Us; We therefore, having taken counsel of some of Our Venerable Brothers among the Cardinals of the Holy Roman Church, and also of Our own accord and with certain knowledge and mature deliberations, with the plenitude of the Apostolic power do hereby determine and have decreed that these same Societies, Companies, Assemblies, Meetings, Congregations, or Conventicles of Liberi Muratori or Francs Massons, or whatever other name they may go by, are to be condemned and prohibited, and by Our present Constitution, valid for ever, We do condemn and prohibit them.
                Wherefore We command most strictly and in virtue of holy obedience, all the faithful of whatever state, grade, condition, order, dignity or pre-eminence, whether clerical or lay, secular or regular, even those who are entitled to specific and individual mention, that none, under any pretext or for any reason, shall dare or presume to enter, propagate or support these aforesaid societies of Liberi Muratori or Francs Massons, or however else they are called, or to receive them in their houses or dwellings or to hide them, be enrolled among them, joined to them, be present with them, give power or permission for them to meet elsewhere, to help them in any way, to give them in any way advice, encouragement or support either openly or in secret, directly or indirectly, on their own or through others; nor are they to urge others or tell them, incite or persuade them to be enrolled in such societies or to be counted among their number, or to be present or to assist them in any way; but they must stay completely clear of such Societies, Companies, Assemblies, Meetings, Congregations or Conventicles, under pain of excommunication for all the above mentioned people, which is incurred by the very deed without any declaration being required, and from which no one can obtain the benefit of absolution, other than at the hour of death, except through Ourselves or the Roman Pontiff of the time.
                Moreover, We desire and command that both Bishops and prelates, and other local ordinaries, as well as inquisitors for heresy, shall investigate and proceed against transgressors of whatever state, grade, condition, order dignity or pre-eminence they may be; and they are to pursue and punish them with condign penalties as being most suspect of heresy. To each and all of these We give and grant the free faculty of calling upon the aid of the secular arm, should the need arise, for investigating and proceeding against those same transgressors and for pursuing and punishing them with condign penalties.

Given at Rome, at Saint Mary Mayor, in the year 1738 of Our Lord.