Saturday, 27 May 2017

Letter from Joan of Arc to the Inhabitants of Reims (in French)

      Mes chiers et bons amis, les bons et loyaux François de la cité de Rains, Jehanne la Pucelle vous faict à savoir de ses nouvelles, et vous prie et tous requiert que vous ne faictes nul doubte en la bonne querelle (que elle mayne pour le sang royal : et je vous promet et certiffy que je ne vous abandoneray poinct tant que je vivray. Et est vray que le roy a faict trêves au duc de Bourgogne quinze jours durant, par ainsi qu'il ly doibt rendre la cité de Paris paisiblement au chieff de quinze jour. Cependant ne vous donnés nule merveille se je ne y entre si brieftvement, combien que des trêves qui ainsi sont faictes, je ne soy point contente et ne sçay si je les tendroy, mais si je les tiens, ce sera seulement pour garder l'honneur du roy, combien aussy que ilz ne rabuseront point le sang royal, car je tiendray et maintiendray ensemble l'armée du roy pour estre toute preste au chief desdictz quinze jours, s'ils ne font la paix. Pour ce, mes très chiers et parfaicts amis, je vous prie que vous ne vous en donnés malaise tant comme je vivray, mez vous requiers que vous faictes bon guet et gardez la bonne cité du roy; et me faictes savoir scil y a nuls triteurs qui vous veulent grever, et au plus brief que je pourray, je les en osteray ; et me faictes savoir de vos nouvelles. A Dieu vous commande qui soit garde de vous.
Escript ce vendredy, cinquiesme jour d'aoust, emprès un logis sur champ ou chemin de Paris.
Sur l'adresse: « Aux loyaux Francxois habitans en la ville de Rains. »

Friday, 26 May 2017

"Tantum Ergo" by St Thomas Aquinas (in Latin and Translated into French and English)

Tantum ergo Sacramentum
Veneremur cernui:
Et antiquum documentum
Novo cedat ritui:
Praestet fides supplementum
Sensuum defectui.

Genitori, Genitoque
Laus et iubilatio,
Salus, honor, virtus quoque
Sit et benedictio:
Procedenti ab utroque
Compar sit laudatio.
Amen.



Ce sacrement est si grand!
Adorons-le prosternés!
Et qu'au précepte d'autrefois
Succède un rite nouveau!
Que la foi vienne suppléer à 

Nos intelligences leur limite!
 

Au Père et au Fils,
Louange et joie débordante
Salut, honneur et toute puissance,
Soit toute bénédiction!
A l'Esprit du Père et du Fils,
Égale acclamation de gloire!
Amen.




 Hence so great a Sacrament
Let us venerate with heads bowed
And let the old practice
Give way to the new rite;
Let faith provide a supplement
For the failure of the senses.

To the Begetter and the Begotten,
Be praise and jubilation,
Hail, honour, virtue also,
And blessing too:
To the One proceeding from Both
Let there be equal praise.
Amen. 



"Tantum Ergo" sung by Seraphim Voices; Vetta Wise, conductor and Natham Williamson, pianist. Music by Gabriel Fauré.

Thursday, 25 May 2017

"Apparecchio alla Morte" by St Alfonso Maria de Liguori (in Italian) – XV



CONSIDERAZIONE XIV - LA PRESENTE VITA È VIAGGIO ALL'ETERNITÀ
«Ibit homo in domum aeternitatis suae» (Eccl. 12. 5).


PUNTO I
                         Dal vedere che in questa terra tanti malviventi vivono tra le prosperità, e tanti giusti all'incontro vivon tribulati, anche i gentili col solo lume naturale han conosciuta questa verità che essendovi Dio, ed essendo questo Dio giusto, debba esservi un'altra vita, in cui siano puniti gli empi e premiati i buoni. Or quello che han detto i gentili col solo lume della ragione, noi cristiani lo confessiamo per fede. «Non habemus hic manentem civitatem, sed futuram inquirimus» (Hebr. 13. 14). Questa terra non è già la nostra patria, ella per noi è luogo di passaggio, per dove dobbiamo passare tra breve alla casa dell'eternità. «Ibit homo in domum aeternitatis suae». Dunque, lettor mio, la casa dove abiti, non è casa tua, è ospizio, dal quale, tra breve, e quando meno te l'immagini, dovrai sloggiare. Sappi che giunto che sarà il tempo di tua morte, i tuoi più cari saranno i primi a cacciartene. E quale sarà la tua vera casa? una fossa sarà la casa del tuo corpo sino al giorno del giudizio, e l'anima tua dovrà andare alla casa dell'eternità, o al paradiso, o all'inferno. Perciò ti avvisa S. Agostino: «Hospes es, transis et vides». Sarebbe pazzo quel pellegrino, che passando per un paese volesse ivi impiegare tutto il suo patrimonio, per comprarsi ivi una villa o una casa, che tra pochi giorni avesse poi da lasciare. Pensa pertanto, dice il santo, che in questo mondo stai di passaggio; non mettere affetto a quel che vedi; vedi e passa; e procurati una buona casa, dove avrai da stare per sempre.
                         Se ti salvi, beato te, oh che bella casa è il paradiso! Tutte le reggie più ricche de' monarchi sono stalle a rispetto della città del paradiso, che sola può chiamarsi: «Civitas perfecti decoris» (Ez. 23. 3). Colà non avrai più che desiderare, stando in compagnia de' santi, della divina Madre e di Gesu-Cristo, senza timore più d'alcun male; in somma viverai in un mar di contenti ed in un continuo gaudio che sempre durerà. «Laetitia sempiterna super capita eorum» (Is. 35. 10). E questo gaudio sarà così grande, che per tutta l'eternità, in ogni momento, sembrerà sempre nuovo. All'incontro, se ti danni, povero te! Sarai confinato in un mare di fuoco e di tormenti, disperato, abbandonato da tutti e senza Dio. E per quanto tempo? Passati forse che saranno cento e mille anni, sarà finita la tua pena? Che finire! Passeranno cento e mille milioni d'anni e di secoli; e l'inferno tuo sempre sarà da capo. Che sono mille anni a rispetto dell'eternità? meno d'un giorno che passa. «Mille anni ante oculos tuos, tanquam dies hesterna quae praeteriit» (Ps. 89. 4). Vorresti or sapere quale sarà la tua casa, che ti toccherà nell'eternità? Sarà quella che tu ti meriti, e ti scegli tu stesso colle tue opere.

Affetti e preghiere
                         Dunque, Signore, ecco la casa ch'io m'ho meritata colla mia vita, l'inferno (oimè) dove dal primo peccato che feci, dovrei stare abbandonato da Voi senza speranza di potervi più amare. Sia benedetta per sempre la vostra misericordia, che m'ha aspettato e mi dà tempo di rimediare al mal fatto. Sia benedetto il sangue di Gesu-Cristo, che questa misericordia mi ha ottenuta. No, mio Dio, non voglio abusarmi più della vostra pazienza. Mi pento sopra ogni male di avervi offeso, non tanto per l'inferno meritato, quanto perché ho oltraggiato la vostra bontà infinità. Mai più, Dio mio, mai più; prima la morte, che più offendervi. Se ora fossi nell'inferno, o mio sommo bene, io non potrei più amarvi, né potreste più amarmi Voi. Io v'amo; e voglio esser amato da Voi. Non lo merito io, ma lo merita Gesu-Cristo, il quale si è sagrificato a Voi sulla croce, acciocché Voi mi poteste perdonare ed amare. Eterno Padre, per amore dunque del vostro Figlio datemi la grazia di amarvi sempre e di amarvi assai. V'amo, o Padre mio, che mi avete dato il vostro Figlio. V'amo, o Figlio di Dio, che siete morto per me.
                         V'amo, o Madre di Gesù, che colla vostra intercessione mi avete impetrato tempo di penitenza. Ottenetemi ora, Signora mia, dolore de' miei peccati, l'amore a Dio e la santa perseveranza.


PUNTO II
                         «Si lignum ceciderit ad austrum, aut ad aquilonem, in quocunque loco ceciderit, ibi erit» (Eccl. 11. 3). Dove caderà in morte l'albero dell'anima tua, ivi avrai da restare in eterno. E non vi è via di mezzo, o sempre re nel cielo, o sempre schiavo nell'inferno. O sempre beato in un mare di delizie, o sempre disperato in una fossa di tormenti. S. Gio. Grisostomo considerando l'epulone, che fu stimato felice, ma poi era stato confinato all'inferno, e Lazzaro all'incontro, che fu stimato misero, perché povero, ma poi era felice nel paradiso, esclama: «O infelix felicitas, quae divitem ad aeternam infelicitatem traxit! O felix infelicitas, quae pauperem ad aeternitatis felicitatem perduxit!»
                         Che serve angustiarsi, come fa taluno dicendo: Chi sa se son prescito, o predestinato! L'albero allorché si taglia, dove cade? cade dove pende. Dove pendete voi, fratello mio? che vita fate? Procurate di pender sempre dalla parte dell'austro, conservatevi in grazia di Dio, fuggite il peccato; e così vi salverete e sarete predestinato. E per fuggire il peccato, abbiate sempre avanti gli occhi il gran pensiero dell'eternità, chiamato appunto da S. Agostino: «Magna cogitatio». Questo pensiero ha condotti tanti giovani a lasciare il mondo, ed a vivere ne' deserti, per attendere solo all'anima; e l'hanno accertata. Ora che son salvi, se ne trovan certamente contenti, e se ne troveran contenti per tutta l'eternità.
                         Una certa dama, che vivea lontana da Dio, fu convertita dal P.M. Avila con dirle solamente: Signora, pensate a queste due parole: «Sempre e Mai». Il P. Paolo Segneri ad un pensiero ch'ebbe di eternità in un giorno, non poté prender sonno per più notti, e d'indi in poi si diede ad una vita più rigorosa. Narra Dresselio che un certo vescovo con questo pensiero dell'eternità menava una vita santa, replicando sempre tra sé: «Omni momento ad ostium aeternitatis sto». Un certo monaco si chiuse in una fossa ed ivi non faceva altro che esclamare: «O eternità, o eternità!» Chi crede all'eternità, e non si fa santo, diceva il medesimo P. Avila, dovrebbe chiudersi nella carcere de' pazzi.

Affetti e preghiere
                         Ah mio Dio, abbiate pietà di me: io già sapeva che peccando mi condannava da me stesso ad un'eternità di pene, e mi son contentato di contraddire alla vostra volontà con tutta questa pena; e perché? per una misera soddisfazione! Ah mio Signore, perdonatemi, ch'io me ne pento con tutto il cuore. Non voglio oppormi più alla vostra santa volontà. Misero me, se voi m'aveste fatto morire nel tempo della mala vita, ora avrei da stare nell'inferno per sempre ad odiare la vostra volontà. Ma ora io l'amo, e voglio sempre amarla. «Doce me facere voluntatem tuam». Insegnatemi e datemi forza di eseguire da oggi avanti il vostro beneplacito. Non voglio contraddirvi più, o bontà infinita, e di questa grazia solamente vi prego: «Fiat voluntas tua sicut in coelo et in terra»: fatemi fare perfettamente la vostra volontà, e niente più vi domando. E che altro volete Voi, mio Dio, se non il mio bene e la mia salute? Ah Padre Eterno, esauditemi per amore di Gesu-Cristo, che mi ha insegnato a pregarvi sempre, ed in suo nome ve lo cerco: «Fiat voluntas tua, fiat voluntas tua, fiat voluntas tua». O beato me, se vivo nella vita che mi resta, e se finisco la vita facendo la vostra volontà!
                         O Maria, beata voi, che faceste la volontà di Dio sempre perfettamente; ottenetemi per li vostri meriti ch'io la faccia almeno per li giorni che mi restano di vita.


PUNTO III
                         «Ibit homo in domum aeternitatis suae»: dice il profeta, «ibit», per dinotare che ciascuno anderà a quella casa, dove vuole andare; non vi sarà portato, ma esso vi anderà di propria volontà. È certo che Dio vuol tutti salvi, ma non ci vuole salvi per forza. «Ante hominem vita, et mors». Ha posta avanti ad ognuno di noi la vita e la morte, quella ch'eleggeremo, ci sarà data: «Quod placuerit ei, dabitur illi» (Eccli. 15. 18). Dice finalmente Geremia che il Signore ci ha date due vie da camminare, una del paradiso e l'altra dell'inferno: «Ego do coram vobis viam vitae, et mortis» (Ier. 21. 8). A noi sta di scegliere. Ma chi vuol camminare per la via dell'inferno, come mai potrà ritrovarsi poi giunto al paradiso? Gran cosa! tutti i peccatori si voglion salvare, e frattanto si condannano da se stessi all'inferno con dire, spero di salvarmi. Ma chi mai, dice S. Agostino, trovasi così pazzo, che voglia prendersi il veleno colla speranza di guarirsi? «Nemo vult aegrotare sub spe salutis». E poi tanti cristiani, tanti pazzi, si danno la morte peccando con dire: Appresso penserò al rimedio! O inganno che ne ha mandati tanti all'inferno!
                         Non siamo noi così pazzi come questi; pensiamo che si tratta d'eternità. Quante fatiche fanno gli uomini per farsi una casa comoda, ariosa e in buon'aria, pensando che vi han da abitare per tutta la loro vita? E perché poi sono così trascurati, trattando di quella casa, che loro toccherà in eterno? «Negotium pro quo contendimus, aeternitas est», dice S. Eucherio; non si tratta d'una casa più o meno comoda, più o meno ariosa, si tratta di stare o in un luogo di tutte le delizie tra gli amici di Dio, o in una fossa di tutti i tormenti tra la ciurma infame di tanti scelerati, eretici, idolatri. E per quanto tempo? non per venti, o per quarant'anni, ma per tutta l'eternità. È un gran punto. Non è questo negozio di poco momento, è un negozio che importa tutto. Quando Tommaso Moro fu condannato a morte da Arrigo VIII, Luisa sua moglie andò a tentarlo di consentire al volere di Arrigo; egli le disse allora: Dimmi, Luisa, già vedi ch'io son vecchio, quanti anni potrei aver di vita? Rispose la moglie: Voi potreste vivere venti altri anni. O sciocca mercantessa, ripigliò allora Tommaso, e per venti altri anni di vita su questa terra vuoi che perda un'eternità felice, e mi condanni ad una eternità di pene?
                         O Dio, dacci lume. Se il punto dell'eternità fosse una cosa dubbia, fosse un'opinione solamente probabile, pure dovressimo metter tutto lo studio per viver bene, acciocché non ci ponessimo al pericolo di essere eternamente infelici, se mai quest'opinione si trovasse vera; ma no, che questo punto non è dubbio, ma certo; non è opinione, ma verità di fede: «Ibit homo in domum aeternitatis suae». Oimè che la mancanza di fede, dice S. Teresa, è quella che è causa di tanti peccati e della dannazione di tanti cristiani. Ravviviamo dunque sempre la fede, dicendo: «Credo vitam aeternam». Credo che dopo questa vita vi è un'altra vita, che non finisce mai; con questo pensiero sempre avanti gli occhi prendiamo i mezzi per assicurare la nostra salute eterna. Frequentiamo i sagramenti, facciamo la meditazione ogni giorno e pensiamo alla vita eterna; fuggiamo le occasioni pericolose. E se bisogna lasciare il mondo, lasciamolo, perché non vi è sicurtà che basta per assicurare questo gran punto dell'eterna salute. «Nulla nimia securitas, ubi periclitatur aeternitas» (S. Bernardo).

Affetti e preghiere
                         Dunque, mio Dio, non vi è via di mezzo; o dovrò io esser sempre felice, o sempre infelice: o in un mar di contenti, o in un mare di tormenti: o sempre con voi in paradiso, o sempre lontano e separato da voi nell'inferno. E quest'inferno so certo che tante volte me l'ho meritato: ma so certo ancora che voi perdonate chi si pente e liberate dall'inferno chi spera in voi. Voi me ne assicurate: «Clamabit ad me... eripiam eum, et glorificabo eum» (Ps. 90). Presto dunque, Signor mio, presto perdonatemi e liberatemi dall'inferno. Mi pento, o sommo bene, sopra ogni male di avervi offeso. Presto restituitemi nella vostra grazia, e datemi il vostro santo amore. Se ora stessi nell'inferno, non potrei più amarvi; vi avrei da odiare per sempre; ah mio Dio, e che male m'avete fatto Voi, che vi avessi da odiare? Voi mi avete amato sino alla morte? Voi siete degno d'infinito amore. O Signore, non permettete, ch'io più mi separi da Voi. Io v'amo, e vi voglio sempre amare. «Quis me separabit a caritate Christi?» Ah Gesù mio, solo il peccato mi può separar da Voi, deh non lo permettete, per quel sangue che avete sparso per me. Fatemi prima morire. «Ne permittas me separari a te».
                         Regina e Madre mia, aiutatemi colle vostre preghiere; ottenetemi prima la morte e mille morti, ch'io abbia più a separarmi dall'amore del vostro Figlio.

Wednesday, 24 May 2017

Letter from Anselme of Ribemont to Manasses II, Archbishop of Reims (translated into English by Dana Carleton Munro)



To his reverend lord M., by God's grace archbishop of Reims, A. of Ribemont, his vassal and humble servant--greeting.

In as much as you are our lord and as the kingdom of France is especially dependent upon your care we tell to you, our father, the events which have happened to us and the condition of the army of the Lord. Yet, in the first place, although we are not ignorant that the disciple is not above his master, nor the servant above his lord, we advise and beseech you in the name of our lord Jesus to consider what you are and what the duty of a priest and bishop is. Provide therefore for our land, so that the lords may keep peace among themselves, the vassals may in safety work on their property, and the ministers of Christ may serve the lord, beading quiet and tranquil lives. I also pray you and the canons of the holy mother church of Reims, my fathers and lords, to be mindful of us, not only of me and of those who are now sweating in the service of God, but also of the members of the army of the lord who have fallen in arms or died in peace.
But passing over these things, let us return to what we promised. Accordingly after the army had reached Nicomedia, which is situated at the entrance to the land of the Turks, we all, lords and vassals, cleaned by confession, fortified ourselves by partaking of the body and blood of our lord, and proceeding thence beset Nicaea on the second day before the Nones of May. After we had for some days besieged the city with many machines and various engines of war, the craft of the Turks, as often before, deceived us greatly. For on very day on which they had promised that they would surrender, Soliman and all the Turks, collected from neighboring end distant regions, suddenly fell upon us and attempted to capture our camp. However the count of & Gilles with the remaining Franks, made an attack upon them and killed an innumerable multitude. All the others fled in confusion. Our men moreover, returning in victory and bearing many heads fixed upon pikes and spears, furnished a joyful spectacle for the people of God. This was on the seventeenth day before the Kalends of June.
Beset moreover and routed in attacks by night and day, they surrendered unwillingly on the thirteenth day before the Kalends of July. Then the Christians entering the walls with their crosses and imperial standards, reconciled the city to God, and both within the city and outside the gates cried out in Greek end Latin, "Glory to Thee, 0 God." Having accomplished this, the princes of the army met the emperor who had come to offer them his thanks, and having received from him gifts of inestimable value, some withdrew with kindly feelings, others with different emotions.
We moved our camp from Nicaea on the fourth day before the of July and proceeded on our journey for three days. On the fourth day the Turks, having collected their forces from all sides, again attacked the smaller portion of our army, killed many of our men and drove all the remainder back to their camps. Bohemond, count of the Romans, count Stephen, and the count of Flanders commanded this section. When these were thus terrified by fear, the standards of the larger army suddenly appeared. Hugh the Great and the duke of Lorraine were riding at the head, the count of St. Gilles and the venerable bishop of Puy followed. For they had heard of the battle and were hastening to our aid. The number of the Turks was estimated at 260,000. All of our army attacked them, killed many and routed the rest. On that day I returned from the emperor, to whom the princes had sent me on public business.
After that day our princes remained together and were not separated from one another. Therefore, in traversing the countries of Romania and Armenia we found no obstacle, except that after passing Iconium, we, who formed the advance guard, saw a few Turks. After routing these, on the twelfth day before the Kalends of November, we laid siege to Antioch, and now we captured the neighboring places, the cities of Tarsus and Laodicea and many others, by force. On a certain day, moreover, before we besieged the city, at the "Iron Bridge" we routed the Turks, who had set out to devastate the surrounding country, and we rescued many Christians. Moreover, we led back the horses and camels with very great booty.
While we were besieging the city, the Turks from the nearest redoubt daily killed those entering and leaving the army. The princes of our army seeing this, killed 400 of the Turks who were lying in wait, drove others into a certain river and led back some as captives. You may be assured that we are now besieging Antioch with all diligence, and hope soon to capture it. The city is supplied to an incredible extent with grain, wine, oil and all kinds of food.
I ask, moreover, that you and all whom this letter reaches pray for us and for our departed brethren. Those who have fallen in battle are: at Nicaea, Baldwin of Ghent, Baldwin Ghalderuns, who was the first to make an attack upon the Turks and who fell in battle on the Kalends of July, Robert of Paris, Lisiard of Flanders, Hilduin of Mansgarbio [Maxingarbe], Ansellus of Caium [Anseau of Caien], Manasses of Glaromonte [Clermont], Laudunensis.
Those who died from sickness: at Nicaea, Guy of Vitreio Odo of Vernolio [Verne uil (?)], Hugh of Reims; at the fortress of Sparnum, the venerable abbot Roger, my chaplain; at Antioch, Alard of Spiniaeco Hugh of Galniaco.
Again and again I beseech you, readers of this letter, to pray for us, and you, my lord archbishop, to order this to be done by your bishops. And know for certain that we have captured the Lord 200 cities and fortresses. May our mother, the western church, rejoice that she has begotten such men, who are acquiring for her so glorious a name and who are so wonderfully aiding the eastern church. And in order that you may believe this, know that you have sent to me a tapestry by Raymond "de Castello."
Farewell.

(Before Antioch, c. February 10, 1098)

Tuesday, 23 May 2017

"The Book of Exodus" - Chapter XXVIII (translated into English)



Chapter 28

1 "From among the Israelites have your brother Aaron, together with his sons Nadab, Abihu, Eleazar and Ithamar, brought to you, that they may be my priests. 2 For the glorious adornment of your brother Aaron you shall have sacred vestments made. 3 Therefore, to the various expert workmen whom I have endowed with skill, you shall give instructions to make such vestments for Aaron as will set him apart for his sacred service as my priest. 4 These are the vestments they shall make: a breastpiece, an ephod, a robe, a brocaded tunic, a miter and a sash. In making these sacred vestments which your brother Aaron and his sons are to wear in serving as my priests, 5 they shall use gold, violet, purple and scarlet yarn and fine linen.
            6 "The ephod they shall make of gold thread and of violet, purple and scarlet yarn, embroidered on cloth of fine linen twined. 7 It shall have a pair of shoulder straps joined to its two upper ends. 8 The embroidered belt of the ephod shall extend out from it and, like it, be made of gold thread, of violet, purple and scarlet yarn, and of fine linen twined. 9 "Get two onyx stones and engrave on them the names of the sons of Israel: 10 six of their names on one stone, and the other six on the other stone, in the order of their birth. 11 As a gem-cutter engraves a seal, so shall you have the two stones engraved with the names of the sons of Israel and then mounted in gold filigree work. 12 Set these two stones on the shoulder straps of the ephod as memorial stones of the sons of Israel. Thus Aaron shall bear their names on his shoulders as a reminder before the LORD. 13 Make filigree rosettes of gold, 14 as well as two chains of pure gold, twisted like cords, and fasten the cordlike chains to the filigree rosettes. 15 "The breastpiece of decision you shall also have made, embroidered like the ephod with gold thread and violet, purple and scarlet yarn on cloth of fine linen twined.
16 It is to be square when folded double, a span high and a span wide. 17 On it you shall mount four rows of precious stones: in the first row, a carnelian, a topaz and an emerald; 18 in the second row, a garnet, a sapphire and a beryl; 19 in the third row, a jacinth, an agate and an amethyst; 20 in the fourth row, a chrysolite, an onyx and a jasper. These stones are to be mounted in gold filigree work, 21 twelve of them to match the names of the sons of Israel, each stone engraved like a seal with the name of one of the twelve tribes. 22 "When the chains of pure gold, twisted like cords, have been made for the breastpiece, 23 you shall then make two rings of gold for it and fasten them to the two upper ends of the breastpiece. 24 The gold cords are then to be fastened to the two rings at the upper ends of the breastpiece, 25 the other two ends of the cords being fastened in front to the two filigree rosettes which are attached to the shoulder straps of the ephod. 26 Make two other rings of gold and put them on the two lower ends of the breastpiece, on its edge that faces the ephod. 27 Then make two more rings of gold and fasten them to the bottom of the shoulder straps next to where they join the ephod in front, just above its embroidered belt. 28 Violet ribbons shall bind the rings of the breastpiece to the rings of the ephod, so that the breastpiece will stay right above the embroidered belt of the ephod and not swing loose from it. 29 "Whenever Aaron enters the sanctuary, he will thus bear the names of the sons of Israel on the breastpiece of decision over his heart as a constant reminder before the LORD. 30 In this breastpiece of decision you shall put the Urim and Thummim, that they may be over Aaron's heart whenever he enters the presence of the LORD. Thus he shall always bear the decisions for the Israelites over his heart in the LORD'S presence.
            31 "The robe of the ephod you shall make entirely of violet material. 32 It shall have an opening for the head in the center, and around this opening there shall be a selvage, woven as at the opening of a shirt, to keep it from being torn. 33 All around the hem at the bottom you shall make pomegranates, woven of violet, purple and scarlet yarn and fine linen twined, with gold bells between them; 34 first a gold bell, then a pomegranate, and thus alternating all around the hem of the robe. 35 Aaron shall wear it when ministering, that its tinkling may be heard as he enters and leaves the LORD'S presence in the sanctuary; else he will die.
            36 "You shall also make a plate of pure gold and engrave on it, as on a seal engraving, 'Sacred to the LORD.' 37 This plate is to be tied over the miter with a violet ribbon in such a way that it rests on the front of the miter, 38 over Aaron's forehead. Since Aaron bears whatever guilt the Israelites may incur in consecrating any of their sacred gifts, this plate must always be over his forehead, so that they may find favor with the LORD. 39 "The tunic of fine linen shall be brocaded. The miter shall be made of fine linen. The sash shall be of variegated work.
40 "Likewise, for the glorious adornment of Aaron's sons you shall have tunics and sashes and turbans made. 41 With these you shall clothe your brother Aaron and his sons. Anoint and ordain them, consecrating them as my priests. 42 You must also make linen drawers for them, to cover their naked flesh from their loins to their thighs. 43 Aaron and his sons shall wear them whenever they go into the meeting tent or approach the altar to minister in the sanctuary, lest they incur guilt and die. This shall be a perpetual ordinance for him and for his descendants.