art by Leopold Sanchez - Creepy #84 - Warren, November 1976.
Monday 29 May 2017
Saturday 27 May 2017
Letter from Joan of Arc to the Inhabitants of Reims (in French)
Mes chiers et bons amis, les bons et loyaux François de la cité de Rains, Jehanne la Pucelle vous faict à savoir de ses nouvelles, et vous prie et tous requiert que vous ne faictes nul doubte en la bonne querelle (que elle mayne pour le sang royal : et je vous promet et certiffy que je ne vous abandoneray poinct tant que je vivray. Et est vray que le roy a faict trêves au duc de Bourgogne quinze jours durant, par ainsi qu'il ly doibt rendre la cité de Paris paisiblement au chieff de quinze jour. Cependant ne vous donnés nule merveille se je ne y entre si brieftvement, combien que des trêves qui ainsi sont faictes, je ne soy point contente et ne sçay si je les tendroy, mais si je les tiens, ce sera seulement pour garder l'honneur du roy, combien aussy que ilz ne rabuseront point le sang royal, car je tiendray et maintiendray ensemble l'armée du roy pour estre toute preste au chief desdictz quinze jours, s'ils ne font la paix. Pour ce, mes très chiers et parfaicts amis, je vous prie que vous ne vous en donnés malaise tant comme je vivray, mez vous requiers que vous faictes bon guet et gardez la bonne cité du roy; et me faictes savoir scil y a nuls triteurs qui vous veulent grever, et au plus brief que je pourray, je les en osteray ; et me faictes savoir de vos nouvelles. A Dieu vous commande qui soit garde de vous.
Escript ce vendredy, cinquiesme jour d'aoust, emprès un logis sur champ ou chemin de Paris.
Sur l'adresse: « Aux loyaux Francxois habitans en la ville de Rains. »
Sur l'adresse: « Aux loyaux Francxois habitans en la ville de Rains. »
Friday 26 May 2017
"Tantum Ergo" by St Thomas Aquinas (in Latin and Translated into French and English)
Tantum ergo Sacramentum
Veneremur cernui:
Et antiquum documentum
Novo cedat ritui:
Praestet fides supplementum
Sensuum defectui.
Genitori, Genitoque
Laus et iubilatio,
Salus, honor, virtus quoque
Sit et benedictio:
Procedenti ab utroque
Compar sit laudatio.
Amen.
Ce sacrement est si grand!
Adorons-le prosternés!
Et qu'au précepte d'autrefois
Succède un rite nouveau!
Que la foi vienne suppléer à
Nos intelligences leur limite!
Au Père et au Fils,
Louange et joie débordante
Salut, honneur et toute puissance,
Soit toute bénédiction!
A l'Esprit du Père et du Fils,
Égale acclamation de gloire!
Amen.
Hence so great a Sacrament
Let us venerate with heads bowed
And let the old practice
Give way to the new rite;
Let faith provide a supplement
For the failure of the senses.
To the Begetter and the Begotten,
Be praise and jubilation,
Hail, honour, virtue also,
And blessing too:
To the One proceeding from Both
Let there be equal praise.
Amen.
Veneremur cernui:
Et antiquum documentum
Novo cedat ritui:
Praestet fides supplementum
Sensuum defectui.
Genitori, Genitoque
Laus et iubilatio,
Salus, honor, virtus quoque
Sit et benedictio:
Procedenti ab utroque
Compar sit laudatio.
Amen.
Ce sacrement est si grand!
Adorons-le prosternés!
Et qu'au précepte d'autrefois
Succède un rite nouveau!
Que la foi vienne suppléer à
Nos intelligences leur limite!
Au Père et au Fils,
Louange et joie débordante
Salut, honneur et toute puissance,
Soit toute bénédiction!
A l'Esprit du Père et du Fils,
Égale acclamation de gloire!
Amen.
Hence so great a Sacrament
Let us venerate with heads bowed
And let the old practice
Give way to the new rite;
Let faith provide a supplement
For the failure of the senses.
To the Begetter and the Begotten,
Be praise and jubilation,
Hail, honour, virtue also,
And blessing too:
To the One proceeding from Both
Let there be equal praise.
Amen.
"Tantum Ergo" sung by Seraphim Voices; Vetta Wise, conductor and Natham Williamson, pianist. Music by Gabriel Fauré.
Thursday 25 May 2017
"Apparecchio alla Morte" by St Alfonso Maria de Liguori (in Italian) – XV
CONSIDERAZIONE
XIV - LA PRESENTE VITA È VIAGGIO ALL'ETERNITÀ
«Ibit homo in domum aeternitatis suae» (Eccl. 12. 5).
PUNTO I
Dal
vedere che in
questa terra tanti malviventi vivono tra le prosperità, e tanti giusti
all'incontro vivon tribulati, anche i gentili col solo lume naturale han
conosciuta questa verità che essendovi Dio, ed essendo questo Dio
giusto, debba
esservi un'altra vita, in cui siano puniti gli empi e premiati i buoni.
Or
quello che han detto i gentili col solo lume della ragione, noi
cristiani lo
confessiamo per fede. «Non habemus hic manentem civitatem, sed futuram
inquirimus» (Hebr. 13. 14). Questa terra non è già la nostra patria,
ella per
noi è luogo di passaggio, per dove dobbiamo passare tra breve alla casa
dell'eternità. «Ibit homo in domum aeternitatis suae».
Dunque, lettor mio, la casa dove abiti, non è casa tua, è ospizio, dal
quale,
tra breve, e quando meno te l'immagini, dovrai sloggiare. Sappi che
giunto che
sarà il tempo di tua morte, i tuoi più cari saranno i primi a
cacciartene. E
quale sarà la tua vera casa? una fossa sarà la casa del tuo corpo sino
al
giorno del giudizio, e l'anima tua dovrà andare alla casa dell'eternità,
o al
paradiso, o all'inferno. Perciò ti avvisa S. Agostino: «Hospes es,
transis et vides». Sarebbe pazzo quel pellegrino, che passando per
un paese volesse ivi impiegare tutto il suo patrimonio, per comprarsi
ivi una
villa o una casa, che tra pochi giorni avesse poi da lasciare. Pensa
pertanto,
dice il santo, che in questo mondo stai di passaggio; non mettere
affetto a
quel che vedi; vedi e passa; e procurati una buona casa, dove avrai da
stare
per sempre.
Se ti salvi, beato te,
oh che bella casa è il paradiso! Tutte le reggie più ricche de' monarchi sono
stalle a rispetto della città del paradiso, che sola può chiamarsi: «Civitas
perfecti decoris» (Ez. 23. 3). Colà non avrai
più che desiderare, stando in compagnia de' santi, della divina Madre e di
Gesu-Cristo, senza timore più d'alcun male; in somma viverai in un mar di
contenti ed in un continuo gaudio che sempre durerà. «Laetitia sempiterna super
capita eorum» (Is. 35. 10). E questo gaudio sarà così grande, che per tutta
l'eternità, in ogni momento, sembrerà sempre nuovo. All'incontro, se ti danni,
povero te! Sarai confinato in un mare di fuoco e di tormenti, disperato,
abbandonato da tutti e senza Dio. E per quanto tempo? Passati forse che saranno
cento e mille anni, sarà finita la tua pena? Che finire! Passeranno cento e
mille milioni d'anni e di secoli; e l'inferno tuo sempre sarà da capo. Che sono
mille anni a rispetto dell'eternità? meno d'un giorno che passa. «Mille anni
ante oculos tuos, tanquam dies hesterna quae praeteriit» (Ps. 89. 4). Vorresti
or sapere quale sarà la tua casa, che ti toccherà nell'eternità? Sarà quella
che tu ti meriti, e ti scegli tu stesso colle tue opere.
Affetti e preghiere
Dunque, Signore, ecco
la casa ch'io m'ho meritata colla mia vita, l'inferno (oimè) dove dal primo
peccato che feci, dovrei stare abbandonato da Voi senza speranza di potervi più
amare. Sia benedetta per sempre la vostra misericordia, che m'ha aspettato e mi
dà tempo di rimediare al mal fatto. Sia benedetto il sangue di Gesu-Cristo, che
questa misericordia mi ha ottenuta. No, mio Dio, non voglio abusarmi più della
vostra pazienza. Mi pento sopra ogni male di avervi offeso, non tanto per
l'inferno meritato, quanto perché ho oltraggiato la vostra bontà infinità. Mai
più, Dio mio, mai più; prima la morte, che più offendervi. Se ora fossi
nell'inferno, o mio sommo bene, io non potrei più amarvi, né potreste più
amarmi Voi. Io v'amo; e voglio esser amato da Voi. Non lo merito io, ma lo
merita Gesu-Cristo, il quale si è sagrificato a Voi sulla croce, acciocché Voi
mi poteste perdonare ed amare. Eterno Padre, per amore dunque del vostro Figlio
datemi la grazia di amarvi sempre e di amarvi assai. V'amo, o Padre mio, che mi
avete dato il vostro Figlio. V'amo, o Figlio di Dio, che siete morto per me.
V'amo, o Madre di Gesù,
che colla vostra intercessione mi avete
impetrato tempo di penitenza. Ottenetemi ora, Signora mia, dolore de' miei
peccati, l'amore a Dio e la santa perseveranza.
PUNTO II
«Si lignum ceciderit ad
austrum, aut ad aquilonem, in quocunque loco ceciderit, ibi erit» (Eccl. 11.
3). Dove caderà in morte l'albero dell'anima tua, ivi avrai da restare in
eterno. E non vi è via di mezzo, o sempre re nel cielo, o sempre schiavo
nell'inferno. O sempre beato in un mare di delizie, o sempre disperato in una
fossa di tormenti. S. Gio. Grisostomo
considerando l'epulone, che fu stimato felice, ma poi era stato confinato
all'inferno, e Lazzaro all'incontro, che fu stimato misero, perché povero, ma
poi era felice nel paradiso, esclama: «O infelix felicitas, quae divitem ad
aeternam infelicitatem traxit! O felix infelicitas, quae pauperem ad
aeternitatis felicitatem perduxit!»
Che serve angustiarsi,
come fa taluno dicendo: Chi sa se son prescito, o predestinato! L'albero allorché si taglia, dove cade? cade dove pende. Dove
pendete voi, fratello mio? che vita fate? Procurate di pender sempre dalla
parte dell'austro, conservatevi in grazia di Dio, fuggite il peccato; e così vi
salverete e sarete predestinato. E per fuggire il peccato, abbiate sempre
avanti gli occhi il gran pensiero dell'eternità, chiamato appunto da S.
Agostino: «Magna cogitatio». Questo pensiero ha
condotti tanti giovani a lasciare il mondo, ed a vivere ne' deserti, per
attendere solo all'anima; e l'hanno accertata. Ora che son salvi, se ne trovan
certamente contenti, e se ne troveran contenti per tutta l'eternità.
Una certa dama, che
vivea lontana da Dio, fu convertita dal P.M. Avila con dirle solamente:
Signora, pensate a queste due parole: «Sempre e Mai».
Il P. Paolo Segneri ad un pensiero ch'ebbe di
eternità in un giorno, non poté prender sonno per più notti, e d'indi in poi si
diede ad una vita più rigorosa. Narra Dresselio che un certo vescovo con questo pensiero
dell'eternità menava una vita santa, replicando sempre tra sé: «Omni momento ad
ostium aeternitatis sto». Un certo monaco si
chiuse in una fossa ed ivi non faceva altro che esclamare: «O eternità, o
eternità!» Chi crede all'eternità, e non si fa santo, diceva il medesimo P.
Avila, dovrebbe chiudersi nella carcere de'
pazzi.
Affetti e preghiere
Ah mio Dio, abbiate
pietà di me: io già sapeva che peccando mi condannava da me stesso ad
un'eternità di pene, e mi son contentato di contraddire alla vostra volontà con
tutta questa pena; e perché? per una misera soddisfazione! Ah mio Signore,
perdonatemi, ch'io me ne pento con tutto il cuore. Non voglio oppormi più alla
vostra santa volontà. Misero me, se voi m'aveste fatto morire nel tempo della
mala vita, ora avrei da stare nell'inferno per sempre ad odiare la vostra
volontà. Ma ora io l'amo, e voglio sempre amarla. «Doce me facere voluntatem
tuam». Insegnatemi e datemi forza di eseguire
da oggi avanti il vostro beneplacito. Non voglio contraddirvi più, o bontà
infinita, e di questa grazia solamente vi prego: «Fiat voluntas tua sicut in
coelo et in terra»: fatemi fare perfettamente
la vostra volontà, e niente più vi domando. E che altro volete Voi, mio Dio, se
non il mio bene e la mia salute? Ah Padre Eterno, esauditemi per amore di
Gesu-Cristo, che mi ha insegnato a pregarvi sempre, ed in suo nome ve lo cerco: «Fiat voluntas tua, fiat voluntas tua, fiat
voluntas tua». O beato me, se vivo nella vita che mi resta, e se finisco la
vita facendo la vostra volontà!
O Maria, beata voi, che
faceste la volontà di Dio sempre perfettamente; ottenetemi per li vostri meriti
ch'io la faccia almeno per li giorni che mi restano di vita.
PUNTO III
«Ibit homo in domum
aeternitatis suae»: dice il profeta, «ibit»,
per dinotare che ciascuno anderà a quella casa, dove vuole andare; non vi sarà
portato, ma esso vi anderà di propria volontà. È certo che Dio vuol tutti
salvi, ma non ci vuole salvi per forza. «Ante hominem vita, et mors». Ha posta avanti ad ognuno di noi la vita e la morte,
quella ch'eleggeremo, ci sarà data: «Quod placuerit ei, dabitur illi» (Eccli.
15. 18). Dice finalmente Geremia che il Signore
ci ha date due vie da camminare, una del paradiso e l'altra dell'inferno: «Ego
do coram vobis viam vitae, et mortis» (Ier. 21. 8). A noi sta di scegliere. Ma
chi vuol camminare per la via dell'inferno, come mai potrà ritrovarsi poi
giunto al paradiso? Gran cosa! tutti i peccatori si voglion salvare, e
frattanto si condannano da se stessi all'inferno con dire, spero di salvarmi.
Ma chi mai, dice S. Agostino, trovasi così
pazzo, che voglia prendersi il veleno colla speranza di guarirsi? «Nemo vult
aegrotare sub spe salutis». E poi tanti cristiani, tanti pazzi, si danno la
morte peccando con dire: Appresso penserò al rimedio! O inganno che ne ha
mandati tanti all'inferno!
Non siamo noi così
pazzi come questi; pensiamo che si tratta d'eternità. Quante fatiche fanno gli
uomini per farsi una casa comoda, ariosa e in buon'aria, pensando che vi han da
abitare per tutta la loro vita? E perché poi sono così trascurati, trattando di
quella casa, che loro toccherà in eterno? «Negotium pro quo contendimus,
aeternitas est», dice S. Eucherio; non si
tratta d'una casa più o meno comoda, più o meno ariosa, si tratta di stare o in
un luogo di tutte le delizie tra gli amici di Dio, o in una fossa di tutti i
tormenti tra la ciurma infame di tanti scelerati, eretici,
idolatri. E per quanto tempo? non per venti, o per quarant'anni, ma per tutta
l'eternità. È un gran punto. Non è questo negozio di poco momento, è un negozio
che importa tutto. Quando Tommaso Moro fu
condannato a morte da Arrigo VIII, Luisa sua moglie andò a tentarlo di
consentire al volere di Arrigo; egli le disse allora: Dimmi, Luisa, già vedi
ch'io son vecchio, quanti anni potrei aver di vita? Rispose la moglie: Voi
potreste vivere venti altri anni. O sciocca mercantessa, ripigliò allora
Tommaso, e per venti altri anni di vita su questa terra vuoi che perda
un'eternità felice, e mi condanni ad una eternità di pene?
O Dio, dacci lume. Se il punto dell'eternità fosse una cosa
dubbia, fosse un'opinione solamente probabile, pure dovressimo metter tutto lo studio per viver bene, acciocché non
ci ponessimo al pericolo di essere eternamente infelici, se mai quest'opinione
si trovasse vera; ma no, che questo punto non è dubbio, ma certo; non è
opinione, ma verità di fede: «Ibit homo in domum aeternitatis suae». Oimè che la mancanza di fede, dice S. Teresa, è quella che è causa di tanti peccati e della
dannazione di tanti cristiani. Ravviviamo dunque sempre la fede, dicendo:
«Credo vitam aeternam». Credo che dopo questa vita vi è un'altra vita, che non
finisce mai; con questo pensiero sempre avanti gli occhi prendiamo i mezzi per
assicurare la nostra salute eterna. Frequentiamo i sagramenti, facciamo la
meditazione ogni giorno e pensiamo alla vita eterna; fuggiamo le occasioni
pericolose. E se bisogna lasciare il mondo, lasciamolo, perché non vi è sicurtà
che basta per assicurare questo gran punto
dell'eterna salute. «Nulla nimia securitas, ubi periclitatur aeternitas» (S.
Bernardo).
Affetti e preghiere
Dunque, mio Dio, non vi
è via di mezzo; o dovrò io esser sempre felice, o sempre infelice: o in un mar
di contenti, o in un mare di tormenti: o sempre con voi in paradiso, o sempre
lontano e separato da voi nell'inferno. E quest'inferno so certo che tante
volte me l'ho meritato: ma so certo ancora che voi perdonate chi si pente e
liberate dall'inferno chi spera in voi. Voi me ne assicurate: «Clamabit ad
me... eripiam eum, et glorificabo eum» (Ps. 90).
Presto dunque, Signor mio, presto perdonatemi e liberatemi dall'inferno. Mi
pento, o sommo bene, sopra ogni male di avervi offeso. Presto restituitemi
nella vostra grazia, e datemi il vostro santo amore. Se ora stessi nell'inferno, non potrei più amarvi; vi avrei da
odiare per sempre; ah mio Dio, e che male m'avete fatto Voi, che vi avessi da
odiare? Voi mi avete amato sino alla morte? Voi siete degno d'infinito amore. O
Signore, non permettete, ch'io più mi separi da Voi. Io v'amo, e vi voglio
sempre amare. «Quis me separabit a caritate Christi?»
Ah Gesù mio, solo il peccato mi può separar da Voi, deh non lo permettete, per
quel sangue che avete sparso per me. Fatemi prima morire. «Ne permittas me separari
a te».
Regina e Madre mia,
aiutatemi colle vostre preghiere; ottenetemi prima la morte e mille morti,
ch'io abbia più a separarmi dall'amore del vostro Figlio.
Wednesday 24 May 2017
Letter from Anselme of Ribemont to Manasses II, Archbishop of Reims (translated into English by Dana Carleton Munro)
To his reverend lord M., by God's grace
archbishop of Reims, A. of Ribemont, his vassal and humble servant--greeting.
In as much as you are our lord
and as the kingdom of France is especially dependent upon your care we tell to
you, our father, the events which have happened to us and the condition of the
army of the Lord. Yet, in the first place, although we are not ignorant that
the disciple is not above his master, nor the servant above his lord, we advise
and beseech you in the name of our lord Jesus to consider what you are and what
the duty of a priest and bishop is. Provide therefore for our land, so that the
lords may keep peace among themselves, the vassals may in safety work on their
property, and the ministers of Christ may serve the lord, beading quiet and
tranquil lives. I also pray you and the canons of the holy mother church of
Reims, my fathers and lords, to be mindful of us, not only of me and of those
who are now sweating in the service of God, but also of the members of the army
of the lord who have fallen in arms or died in peace.
But passing over these things,
let us return to what we promised. Accordingly after the army had reached
Nicomedia, which is situated at the entrance to the land of the Turks, we all,
lords and vassals, cleaned by confession, fortified ourselves by partaking of
the body and blood of our lord, and proceeding thence beset Nicaea on the
second day before the Nones of May. After we had for some days besieged the
city with many machines and various engines of war, the craft of the Turks, as
often before, deceived us greatly. For on very day on which they had promised
that they would surrender, Soliman and all the Turks, collected from
neighboring end distant regions, suddenly fell upon us and attempted to capture
our camp. However the count of & Gilles with the remaining Franks, made an
attack upon them and killed an innumerable multitude. All the others fled in
confusion. Our men moreover, returning in victory and bearing many heads fixed
upon pikes and spears, furnished a joyful spectacle for the people of God. This
was on the seventeenth day before the Kalends of June.
Beset moreover and routed in
attacks by night and day, they surrendered unwillingly on the thirteenth day
before the Kalends of July. Then the Christians entering the walls with their
crosses and imperial standards, reconciled the city to God, and both within the
city and outside the gates cried out in Greek end Latin, "Glory to Thee, 0
God." Having accomplished this, the princes of the army met the emperor
who had come to offer them his thanks, and having received from him gifts of
inestimable value, some withdrew with kindly feelings, others with different
emotions.
We moved our camp from Nicaea
on the fourth day before the of July and proceeded on our journey for three
days. On the fourth day the Turks, having collected their forces from all
sides, again attacked the smaller portion of our army, killed many of our men
and drove all the remainder back to their camps. Bohemond, count of the Romans,
count Stephen, and the count of Flanders commanded this section. When these
were thus terrified by fear, the standards of the larger army suddenly
appeared. Hugh the Great and the duke of Lorraine were riding at the head, the
count of St. Gilles and the venerable bishop of Puy followed. For they had
heard of the battle and were hastening to our aid. The number of the Turks was
estimated at 260,000. All of our army attacked them, killed many and routed the
rest. On that day I returned from the emperor, to whom the princes had sent me
on public business.
After that day our princes
remained together and were not separated from one another. Therefore, in
traversing the countries of Romania and Armenia we found no obstacle, except
that after passing Iconium, we, who formed the advance guard, saw a few Turks.
After routing these, on the twelfth day before the Kalends of November, we laid
siege to Antioch, and now we captured the neighboring places, the cities of
Tarsus and Laodicea and many others, by force. On a certain day, moreover,
before we besieged the city, at the "Iron Bridge" we routed the
Turks, who had set out to devastate the surrounding country, and we rescued
many Christians. Moreover, we led back the horses and camels with very great
booty.
While we were besieging the
city, the Turks from the nearest redoubt daily killed those entering and
leaving the army. The princes of our army seeing this, killed 400 of the Turks
who were lying in wait, drove others into a certain river and led back some as
captives. You may be assured that we are now besieging Antioch with all
diligence, and hope soon to capture it. The city is supplied to an incredible
extent with grain, wine, oil and all kinds of food.
I ask, moreover, that you and
all whom this letter reaches pray for us and for our departed brethren. Those
who have fallen in battle are: at Nicaea, Baldwin of Ghent, Baldwin Ghalderuns,
who was the first to make an attack upon the Turks and who fell in battle on
the Kalends of July, Robert of Paris, Lisiard of Flanders, Hilduin of
Mansgarbio [Maxingarbe], Ansellus of Caium [Anseau of Caien], Manasses of
Glaromonte [Clermont], Laudunensis.
Those who died from sickness:
at Nicaea, Guy of Vitreio Odo of Vernolio [Verne uil (?)], Hugh of Reims; at
the fortress of Sparnum, the venerable abbot Roger, my chaplain; at Antioch,
Alard of Spiniaeco Hugh of Galniaco.
Again and again I beseech you,
readers of this letter, to pray for us, and you, my lord archbishop, to order
this to be done by your bishops. And know for certain that we have captured the
Lord 200 cities and fortresses. May our mother, the western church, rejoice
that she has begotten such men, who are acquiring for her so glorious a name
and who are so wonderfully aiding the eastern church. And in order that you may
believe this, know that you have sent to me a tapestry by Raymond "de
Castello."
Farewell.
(Before Antioch, c. February 10, 1098)
Tuesday 23 May 2017
"The Book of Exodus" - Chapter XXVIII (translated into English)
Chapter 28
1 "From among the Israelites have your brother
Aaron, together with his sons Nadab, Abihu, Eleazar and Ithamar, brought to
you, that they may be my priests. 2 For the
glorious adornment of your brother Aaron you shall have sacred vestments made. 3 Therefore, to the various expert workmen whom I have
endowed with skill, you shall give instructions to make such vestments for
Aaron as will set him apart for his sacred service as my priest. 4 These are the vestments they shall make: a
breastpiece, an ephod, a robe, a brocaded tunic, a miter and a sash. In making
these sacred vestments which your brother Aaron and his sons are to wear in
serving as my priests, 5 they shall use gold,
violet, purple and scarlet yarn and fine linen.
6 "The ephod they shall make of gold thread and
of violet, purple and scarlet yarn, embroidered on cloth of fine linen twined. 7 It shall have a pair of shoulder straps joined to
its two upper ends. 8 The embroidered belt of
the ephod shall extend out from it and, like it, be made of gold thread, of
violet, purple and scarlet yarn, and of fine linen twined. 9 "Get two onyx stones and engrave on them the
names of the sons of Israel: 10 six of their names
on one stone, and the other six on the other stone, in the order of their
birth. 11 As a gem-cutter engraves a seal, so
shall you have the two stones engraved with the names of the sons of Israel and
then mounted in gold filigree work. 12 Set these
two stones on the shoulder straps of the ephod as memorial stones of the sons
of Israel. Thus Aaron shall bear their names on his shoulders as a reminder
before the LORD. 13 Make filigree rosettes of
gold, 14 as well as two chains of pure gold,
twisted like cords, and fasten the cordlike chains to the filigree rosettes. 15 "The breastpiece of decision you shall also
have made, embroidered like the ephod with gold thread and violet, purple and
scarlet yarn on cloth of fine linen twined.
16 It is to be square when folded double, a span high
and a span wide. 17 On it you shall mount four
rows of precious stones: in the first row, a carnelian, a topaz and an emerald;
18 in the second row, a garnet, a sapphire and a
beryl; 19 in the third row, a jacinth, an agate
and an amethyst; 20 in the fourth row, a
chrysolite, an onyx and a jasper. These stones are to be mounted in gold
filigree work, 21 twelve of them to match the
names of the sons of Israel, each stone engraved like a seal with the name of
one of the twelve tribes. 22 "When the
chains of pure gold, twisted like cords, have been made for the breastpiece, 23 you shall then make two rings of gold for it and
fasten them to the two upper ends of the breastpiece. 24
The gold cords are then to be fastened to the two rings at the upper
ends of the breastpiece, 25 the other two ends
of the cords being fastened in front to the two filigree rosettes which are
attached to the shoulder straps of the ephod. 26
Make two other rings of gold and put them on the two lower ends of the
breastpiece, on its edge that faces the ephod. 27
Then make two more rings of gold and fasten them to the bottom of the shoulder
straps next to where they join the ephod in front, just above its embroidered
belt. 28 Violet ribbons shall bind the rings of
the breastpiece to the rings of the ephod, so that the breastpiece will stay
right above the embroidered belt of the ephod and not swing loose from it. 29 "Whenever Aaron enters the sanctuary, he will
thus bear the names of the sons of Israel on the breastpiece of decision over
his heart as a constant reminder before the LORD. 30
In this breastpiece of decision you shall put the Urim and Thummim, that they
may be over Aaron's heart whenever he enters the presence of the LORD. Thus he
shall always bear the decisions for the Israelites over his heart in the LORD'S
presence.
31 "The robe of the ephod you shall make entirely
of violet material. 32 It shall have an opening
for the head in the center, and around this opening there shall be a selvage,
woven as at the opening of a shirt, to keep it from being torn. 33 All around the hem at the bottom you shall make
pomegranates, woven of violet, purple and scarlet yarn and fine linen twined,
with gold bells between them; 34 first a gold
bell, then a pomegranate, and thus alternating all around the hem of the robe. 35 Aaron shall wear it when ministering, that its
tinkling may be heard as he enters and leaves the LORD'S presence in the
sanctuary; else he will die.
36 "You shall also make a plate of pure gold and
engrave on it, as on a seal engraving, 'Sacred to the LORD.' 37 This plate is to be tied over the miter with a
violet ribbon in such a way that it rests on the front of the miter, 38 over Aaron's forehead. Since Aaron bears whatever
guilt the Israelites may incur in consecrating any of their sacred gifts, this
plate must always be over his forehead, so that they may find favor with the
LORD. 39 "The tunic of fine linen shall be
brocaded. The miter shall be made of fine linen. The sash shall be of
variegated work.
40 "Likewise, for the glorious adornment of
Aaron's sons you shall have tunics and sashes and turbans made. 41 With these you shall clothe your brother Aaron and
his sons. Anoint and ordain them, consecrating them as my priests. 42 You must also make linen drawers for them, to cover
their naked flesh from their loins to their thighs. 43
Aaron and his sons shall wear them whenever they go into the meeting tent or
approach the altar to minister in the sanctuary, lest they incur guilt and die.
This shall be a perpetual ordinance for him and for his descendants.
Monday 22 May 2017
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