Friday 23 June 2017

"Milagre" by Dorival Caymmi (in Portuguese)



Maurino, Dadá e Zé Caô
Embarcaram de manhã
Era quarta feira santa dia de pescar e de pescador
Era quarta feira santa dia de pescar e de pescador

Quem sabe se muda o tempo
Quem sabe se o tempo vira
Ai o tempo virou

Maurino que é de “guentá”, “guentô”!
Dada que é de labutar, labutou
Zeca esse nem falou
Era só jogar a rede e puxar
Era só jogar a rede e puxar
Era só jogar a rede e puxar
Era só jogar a rede e puxar
Era só jogar a rede e puxar
Era só jogar a rede e puxar


"Milagre" sung by Dorival Caymmi, Nana Caymmi, Tom Jobin, and Dori Caymmi.

Thursday 22 June 2017

"Apparecchio alla Morte" by St Alfonso Maria de Liguori (in Italian) – XIX



CONSIDERAZIONE XVIII - DEL NUMERO DE' PECCATI
«Quia non profertur cito contra malos sententia, ideo filii hominum perpetrant mala» (Eccl. 8. 11).


PUNTO I
                         Se Dio castigasse subito chi l'offende, non si vedrebbe certamente ingiuriato, come ora si vede; ma perché il Signore non castiga subito ed aspetta, perciò i peccatori pigliano animo a più offenderlo. Ma bisogna intendere che Dio aspetta e sopporta: ma non aspetta e non sopporta sempre. È sentenza di molti santi Padri, di S. Basilio, di S. Girolamo, di S. Ambrogio, di S. Cirillo Alessandrino, di S. Gio. Grisostomo, di S. Agostino e d'altri che siccome Iddio tiene determinato il numero per ciascun uomo de' giorni di vita, de' gradi di sanità, o di talento che vuol dargli: «Omnia in mensura, et numero, et pondere disposuisti» (Sap. 11. 21), così ancora tiene a ciascuno determinato il numero de' peccati, che vuol perdonargli; compito il quale non perdona più. «Illud sentire nos convenit (dice S. Agostino) tandiu unumquenque a Dei patientia sustineri; quo consummato, nullam illi veniam reservari» (De vita christiana c. 3). Lo stesso dice Eusebio Cesariense: «Deus exspectat usque ad certum numerum, et postea deserit» (lib. 8. c. 2). E lo stesso dicono gli altri Padri nominati di sopra.
                         E questi Padri non han parlato a caso ma fondati sulle divine Scritture. In un luogo disse il Signore che trattenea la rovina degli Amorrei, perché non era compito ancora il numero delle loro colpe: «Nondum completae sunt iniquitates Amorrhaeorum» (Gen. 15). In altro luogo disse: «Non addam ultra misereri Israel» (Is. 19). In altro «Tentaverunt me per decem vices, non videbunt terram» (Num. 14. 22). In altro dice Giobbe: «Signasti quasi in sacculo delicta mea» (Iob. 14. 17). I peccatori non tengono conto de' peccati, ma ben lo tiene Dio per dare il castigo, quando è maturata la messe, cioè quando è compito il numero: «Mittite falces, quoniam maturavit messis» (Ioel. 3. 13). In altro luogo dice Dio: «De propitiato peccato noli esse sine metu; neque adiicias peccatum super peccatum» (Eccli. 5. 5). E vuol dire: Peccatore, bisogna che tu paventi anche de' peccati che ti ho perdonati, perché, se ne aggiungi un altro, può essere che il peccato nuovo insieme coi perdonati compiscono il numero, ed allora non vi sarà più misericordia per te. In altro luogo più chiaramente dice la Scrittura: «Exspectat Deus patienter, ut cum iudicii dies advenerit, eas (Nationes), in plenitudine peccatorum puniat» (2. Macch. 6. 14). Sicché Dio aspetta sino al giorno, in cui si riempie la misura de' peccati, e poi castiga.
                         Di tal castigo poi vi sono molti esempi nella Scrittura, e specialmente di Saulle, che avendo l'ultima volta disubbidito a Dio, Dio l'abbandonò, talmente ch'egli pregando Samuele che avesse interceduto per lui: «Porta quaeso peccatum meum, et revertere mecum, ut adorem Deum»; Samuele gli rispose: «Non revertar tecum, quia abiecisti sermonem Domini, et abiecit te Dominus» (1. Reg. 15. 25). Vi è l'esempio di Baltassarre, il quale stando a mensa profanò i vasi del tempio, ed allora vide una mano che scrisse sul muro: «Mane, Thecel, Phares». Venne Daniele, e spiegando quelle parole, tra l'altro gli disse: «Appensus es in statera, et inventus es minus habens» (Dan. 5. 27). Dandogli ad intendere che il peso de' suoi peccati già avean fatto calar la bilancia della divina giustizia, ed in fatti nella stessa notte fu ucciso: «Eadem nocte interfectus est Baltassar rex Chaldaeus».
                         Ed oh a quanti miserabili succede lo stesso, che vivono molti anni ne' peccati, ma quando termina il loro numero son colti dalla morte e mandati all'inferno! «Ducunt in bonis dies suos, et in puncto ad inferna descendunt» (Iob. 21. 13). Taluni mettonsi ad indagare il numero delle stelle, il numero degli angeli, o degli anni di vita che avrà alcuno, ma chi mai può mettersi ad indagare il numero de' peccati, che Dio voglia a ciascun perdonare? E perciò bisogna tremare. Chi sa, fratello mio, che a quella prima soddisfazione indegna, a quel primo pensiero acconsentito, a quel primo peccato che farete, Dio non vi perdoni più?

Affetti e preghiere
                         Ah mio Dio, vi ringrazio. Quanti per meno peccati de' miei a quest'ora stan nell'inferno, e non vi è più perdono, né speranza per essi; ed io ho speranza del perdono e del paradiso, se lo voglio. Sì, Dio mio, voglio il perdono. Mi pento sopra ogni male di avervi offeso, perché ho offeso Voi bontà infinita. Eterno Padre «respice in faciem Christi tui», guardate il vostro Figlio su quella croce morto per me, e per li meriti suoi abbiate pietà di me. Io vi prometto di voler prima morire, che offendervi più. Debbo giustamente temere, secondo i peccati che ho fatti, e le grazie che Voi mi avete usate, che un altro peccato che aggiungessi, compirebbe la misura, e sarei dannato! Deh aiutatemi colla vostra grazia. Da Voi spero la luce e la forza d'esservi fedele. E se mai vedete ch'io avessi di nuovo ad offendervi, fatemi morire in questo punto, in cui spero di stare in grazia vostra. Dio mio, io v'amo sopra ogni cosa, e temo più che la morte di vedermi di nuovo in disgrazia vostra; per pietà non lo permettete.
                         Maria Madre mia, per pietà aiutatemi, impetratemi la santa perseveranza.


PUNTO II
                         Dice quel peccatore: Ma Dio è di misericordia. Rispondo, e chi lo nega? La misericordia di Dio è infinita, ma con tutta questa misericordia, quanti tutto dì si dannano? «Veni ut mederer contritis corde (Is. 61.1)». Dio sana chi tiene buona volontà. Egli perdona i peccati, ma non può perdonare la volontà di peccare. Replicherà: Ma io son giovine. Sei giovine? ma Dio non conta gli anni, conta i peccati. E questa tassa de' peccati non è eguale per tutti; ad alcuni Dio perdona cento peccati, ad un altro mille, ad un altro al secondo peccato lo manderà all'inferno. Quanti il Signore ce ne ha mandati al primo peccato? Narra S. Gregorio che un fanciullo di cinque anni, in dire una bestemmia, fu mandato all'inferno. Rivelò la SS. Vergine a quella serva di Dio Benedetta di Fiorenza che una fanciulla di 12 anni al primo peccato fu condannata. Un altro figliuolo di 8 anni anche al primo peccato morì e si dannò. Dicesi nel Vangelo di S. Matteo (cap. 21) che 'l Signore la prima volta che trovò quell'albero di fico senza frutto, subito lo maledisse, «nunquam ex te nascatur fructus», e quello seccò. Un'altra volta disse: «Super tribus sceleribus Damasci, et super quatuor non convertam eum» (Amos 1. 3). Forse alcun temerario vorrà chiedere ragione a Dio, perché ad uno vuol perdonare tre peccati, e quattro no? In ciò bisogna adorare i divini giudizi, e dire coll'Apostolo: «O altitudo divitiarum sapientiae et scientiae Dei; quam incomprehensibilia sunt iudicia eius, et investigabiles viae eius!» (Rom. 11. 33). S. Agostino: «Novit ille cui parcat, et cui non parcat. Quibus datur misericordia, gratis datur, quibus non datur, ex iustitia non datur» (Lib. de corrept. cap. 5).
                         Replicherà l'ostinato: Ma io tante volte ho offeso Dio, e Dio m'ha perdonato; e così spero che mi perdoni quest'altro peccato. Ma io dico: E perché Dio non ti ha castigato sinora, avrà da essere sempre così? Si compirà la misura, e verrà il castigo. Sansone seguitando a trescare con Dalila, pure sperava di liberarsi dalle mani de' Filistei, come avea fatto prima: «Egrediar sicut ante feci, et me excutiam» (Iudic. 16. 20). Ma in quell'ultima volta restò preso, e ci perdé la vita. «Ne dicas: peccavi, et quid accidit mihi triste?» Non dire, dice il Signore, ho fatti tanti peccati, e Dio non mai m'ha castigato. «Altissimus enim est patiens redditor» (Eccli. 5. 4). Viene a dire, che verrà una e pagherà tutto. E quanto maggiore sarà stata la misericordia, tanto più grave sarà il castigo. Dice il Grisostomo che più dee temersi, quando Dio sopporta l'ostinato, che quando subito lo punisce: «Plus timendum est cum tolerat, quam cum festinanter punit». Perché (come scrive S. Gregorio) coloro che Dio aspetta con più pazienza, più rigorosamente poi punisce, se restano ingrati! «Quos diutius exspectat, durius damnat». E spesso, soggiunge il santo, che quelli che molto tempo sono stati sopportati, improvvisamente poi muoiono senz'aver tempo di convertirsi: «Saepe qui diu tolerati sunt, subita morte rapiuntur, ut nec flere ante mortem licet». Specialmente quando più grande sarà stata la luce che Dio ti ha data, tanto maggiore sarà la tua accecazione ed ostinazione nel peccato. «Melius enim erat illis» (disse S. Pietro) «non cognoscere viam iustitiae quam post agnitionem retrorsum converti» (2. Petr. 2. 21). E S. Paolo disse essere impossibile (moralmente parlando) che un'anima illuminata, peccando di nuovo si converta: «Impossibile enim est eos, qui semel illuminati sunt, et gustaverunt donum coeleste... et prolapsi sunt, rursus renovari ad poenitentiam» (Hebr. 6. 4).
                         È terribile quel che dice il Signore contra i sordi alle sue chiamate: «Quia vocavi, et renuistis... Ego quoque in interitu vestro ridebo, et subsannabo vos» (Prov. 1. 24). Si notino quelle due parole «Ego quoque»: significano che siccome quel peccatore ha burlato Dio, confessandosi, promettendo e poi sempre tradendolo; così il Signore si burlerà di lui nella sua morte. In oltre dice il Savio: «Sicut canis qui revertitur ad vomitum suum, sic imprudens qui iterat stultitiam suam» (Prov. 26. 11). Spiega questo testo Dionisio Cartusiano, e dice che come si rende abbominevole e schifoso quel cane, che si ciba di ciò che prima ha vomitato; così rendesi odioso a Dio, chi ritorna a commettere i peccati che ha detestati nella confessione: «Sicut id quod per vomitum est reiectum resumere, est valde abominabile ac turpe, sic peccata deleta reiterare».
Affetti e preghiere
                         Eccomi, mio Dio a' piedi vostri, io son quel cane schifoso, che tante volte ho tornato a cibarmi di quei pomi vietati, che prima ho detestati. Io non merito pietà, o mio Redentore; ma il sangue che avete sparso per me, mi anima e mi obbliga a sperarla. Quante volte vi ho offeso, e Voi mi avete perdonato! Vi ho promesso di non offendervi più, e poi son ritornato al vomito, e Voi avete ritornato a perdonarmi. Che aspetto, che proprio mi mandiate all'inferno? O mi abbandoniate in mano del mio peccato, che sarebbe maggior castigo dell'inferno? No, mio Dio, voglio emendarmi, e per esservi fedele voglio mettere tutta la mia confidenza in Voi; voglio, quando sarò tentato, subito e sempre ricorrere a Voi. Per lo passato mi son fidato delle mie promesse e de' miei propositi, ed ho trascurato di raccomandarmi a Voi nelle tentazioni; e questa è stata la mia ruina. No, da oggi innanzi Voi avete da essere la speranza e la fortezza mia, e così potrò tutto: «Omnia possum in eo qui me confortat». Datemi dunque la grazia per li meriti vostri, o Gesù mio, di raccomandarmi sempre a Voi, e di cercarvi aiuto ne' miei bisogni. V'amo, o sommo bene, amabile sopra ogni bene; e solo Voi voglio amare; ma Voi mi avete da aiutare.
                         E Voi ancora mi avete da soccorrere colla vostra intercessione, o Maria Madre mia; tenetemi sotto il vostro manto e fate ch'io sempre vi chiami, quando sarò tentato. Il nome vostro sarà la difesa mia.


PUNTO III
                         «Fili, peccasti? Non adiicias iterum, sed de pristinis deprecare, ut tibi dimittantur» (Eccli. 21. 1). Ecco quel che ti avverte, cristiano mio, il tuo buon Signore, perché ti vuol salvo: Figlio, non tornare ad offendermi, ma d'oggi innanzi attendi a chiedere il perdono de' peccati fatti. Fratello mio, quanto più hai offeso Dio, tanto più dei tremare di non offenderlo più, perché un altro peccato che commetterai, farà calar la bilancia della divina giustizia, e sarai dannato. Io non dico assolutamente, che dopo un altro peccato per te non vi sarà più perdono, perché questo nol so, ma dico che può succedere. Onde quando sarete tentato, dite: E chi sa se Dio non mi perdona più, e resto dannato? Ditemi di grazia, se fosse probabile che in un cibo vi fosse il veleno, lo prendereste voi? Se probabilmente credeste che in quella via vi fossero i vostri nemici per torvi la vita, vi passereste voi, avendo un'altra via sicura? E così qual sicurezza, anzi qual probabilità avete voi che tornando a peccare, appresso ne avrete vero dolore e non tornerete più al vomito? e che peccando, Dio non vi faccia morire nello stesso atto del peccato, o che dopo quello non vi abbandoni?
                         Oh Dio, se voi comprate una casa, voi fate già tutta la diligenza per assicurar la cautela e non buttare il vostro danaro. Se prendete una medicina, cercate di bene assicurarvi che quella non vi possa nuocere. Se passate un torrente, cercate di assicurarvi di non cadervi dentro. E poi per una misera soddisfazione, per un diletto di bestia, volete arrischiare la salute eterna, con dire: Spero di confessarmelo? Ma io vi domando: Quando ve lo confesserete? Domenica. E chi vi promette d'esser vivo sino a Domenica? Domani. E chi vi promette questo domani? Dice S. Agostino: «Diem tenes, qui horam non tenes?» Come potete promettervi di confessarvi domani, quando non sapete di avere neppure un'altra ora di vita? «Qui poenitenti veniam spopondit, (siegue a dire il santo), peccanti diem crastinum non promisit; fortasse dabit, fortasse non dabit». Dio ha promesso il perdono a chi si pente, ma non ha promesso il domani a chi l'offende. Se ora peccate, forse Dio vi darà tempo di penitenza, e forse no; e se non ve lo dà, che ne sarà di voi per tutta l'eternità? Frattanto voi per un misero gusto già perdete l'anima e la mettete a rischio di restar perduta in eterno. Mettereste voi a rischio mille docati per quella vil soddisfazione? Dico più: fareste voi per quel breve gusto un vada tutto, danari, casa, poderi, libertà e vita? No? e poi come per quel misero piacere, volete in un punto far già perdita di tutto, dell'anima, del paradiso e di Dio? Ditemi: Son verità queste cose che insegna la fede, o son favole, che vi sia paradiso, inferno, eternità? Credete voi che se vi coglie la morte in peccato, sarete perduto per sempre? E che temerità, che pazzia condannarvi già da voi stesso ad un'eternità di pene, con dire: Spero appresso di rimediarvi? «Nemo sub spe salutis vult aegrotare», dice S. Agostino. Non si trova pazzo, che si pigli il veleno con dire, può essere che poi con rimedi mi guarisca; e voi volete condannarvi ad una morte eterna, con dire: Può essere che appresso me ne liberi? Oh pazzia che n'ha portato e ne porta tante anime all'inferno! Secondo già la minaccia del Signore: «Fiduciam habuisti in malitia tua, veniet super te malum, et nescies ortum eius» (Is. 48. 10). Hai peccato fidando temerariamente alla divina misericordia, verrà improvvisamente su di te il castigo, senza saper donde viene.

Affetti e preghiere
                         Ecco, Signore, uno di questi pazzi, che tante volte ha perduta l'anima e la grazia vostra, colla speranza appresso di ricuperarla. E se Voi mi aveste fatto morire in quel punto, o in quelle notti, nelle quali io stava in peccato, che ne sarebbe di me? Ringrazio la vostra misericordia, che mi ha aspettato, ed ora mi fa conoscere la mia pazzia. Vedo che Voi mi volete salvo, ed io mi voglio salvare. Mi pento, o bontà infinita, di avervi tante volte voltate le spalle, e v'amo con tutto il cuore. E spero a' meriti della vostra passione o Gesù mio, di non esser più pazzo. Perdonatemi presto, e ricevetemi nella vostra grazia, ch'io non voglio lasciarvi più. «In te, Domine, speravi, non confundar in aeternum». Ah no, spero, o mio Redentore di non aver più a patir la disgrazia e la confusione di vedermi in avvenire privo della grazia e del vostro amore. Concedetemi Voi la santa perseveranza, e fate ch'io sempre ve la domandi, specialmente quando sarò tentato, con chiamare in aiuto il santo nome vostro e della vostra S. Madre, dicendo: Gesù mio, aiutatemi; Maria mia, aiutatemi.
                         Sì, Regina mia, che ricorrendo a Voi, non sarò mai vinto. E se persiste la tentazione, ottenetemi ch'io non lasci di persistere ad invocarvi.

Wednesday 21 June 2017

"Canção de Exílio" by Gonçalves Dias (in Portuguese )

Minha terra tem palmeiras,
Onde canta o Sabiá;
As aves, que aqui gorjeiam,
Não gorjeiam como lá.
Nosso céu tem mais estrelas,
Nossas várzeas têm mais flores,
Nossos bosques têm mais vida,
Nossa vida mais amores.
Em cismar, sozinho, à noite,
Mais prazer encontro eu lá;
Minha terra tem palmeiras,
Onde canta o Sabiá.
Minha terra tem primores,
Que tais não encontro eu cá;
Em cismar - sozinho, à noite -
Mais prazer encontro eu lá;
Minha terra tem palmeiras,
Onde canta o Sabiá.
Não permita Deus que eu morra,
Sem que eu volte para lá;
Sem que desfrute os primores
Que não encontro por cá;
Sem qu'inda aviste as palmeiras,
Onde canta o Sabiá.

(Coimbra, julho de 1843)

Tuesday 20 June 2017

"The Book of Exodus" - Chapter XXXII (translated into English)



Chapter 32

1 When the people became aware of Moses' delay in coming down from the mountain, they gathered around Aaron and said to him, "Come, make us a god who will be our leader; as for the man Moses who brought us out of the land of Egypt, we do not know what has happened to him." 2 Aaron replied, "Have your wives and sons and daughters take off the golden earrings they are wearing, and bring them to me." 3 So all the people took off their earrings and brought them to Aaron, 4 who accepted their offering, and fashioning this gold with a graving tool, made a molten calf. Then they cried out, "This is your God, O Israel, who brought you out of the land of Egypt." 5 On seeing this, Aaron built an altar before the calf and proclaimed, "Tomorrow is a feast of the LORD."
            6 Early the next day the people offered holocausts and brought peace offerings. Then they sat down to eat and drink, and rose up to revel.
            7 With that, the LORD said to Moses, "Go down at once to your people, whom you brought out of the land of Egypt, for they have become depraved. 8 They have soon turned aside from the way I pointed out to them, making for themselves a molten calf and worshiping it, sacrificing to it and crying out, 'This is your God, O Israel, who brought you out of the land of Egypt!' 9 I see how stiff-necked this people is," continued the LORD to Moses. 10 "Let me alone, then, that my wrath may blaze up against them to consume them. Then I will make of you a great nation."
            11 But Moses implored the LORD, his God, saying, "Why, O LORD, should your wrath blaze up against your own people, whom you brought out of the land of Egypt with such great power and with so strong a hand? 12 Why should the Egyptians say, 'With evil intent he brought them out, that he might kill them in the mountains and exterminate them from the face of the earth'? Let your blazing wrath die down; relent in punishing your people. 13 Remember your servants Abraham, Isaac and Israel, and how you swore to them by your own self, saying, 'I will make your descendants as numerous as the stars in the sky; and all this land that I promised, I will give your descendants as their perpetual heritage.'" 14 So the LORD relented in the punishment he had threatened to inflict on his people.
            15 Moses then turned and came down the mountain with the two tablets of the commandments in his hands, tablets that were written on both sides, front and back; 16 tablets that were made by God, having inscriptions on them that were engraved by God himself.
            17 Now, when Joshua heard the noise of the people shouting, he said to Moses, "That sounds like a battle in the camp." 18 But Moses answered,
"It does not sound like cries of victory,
nor does it sound like cries of defeat;
the sounds that I hear are cries of revelry."

19 As he drew near the camp, he saw the calf and the dancing. With that, Moses' wrath flared up, so that he threw the tablets down and broke them on the base of the mountain. 20 Taking the calf they had made, he fused it in the fire and then ground it down to powder, which he scattered on the water and made the Israelites drink. 21 Moses asked Aaron, "What did this people ever do to you that you should lead them into so grave a sin?" Aaron replied, "Let not my lord be angry. 22 You know well enough how prone the people are to evil. 23 They said to me, 'Make us a god to be our leader; as for the man Moses who brought us out of the land of Egypt, we do not know what has happened to him.' 24 So I told them, 'Let anyone who has gold jewelry take it off.' They gave it to me, and I threw it into the fire, and this calf came out."
            25 When Moses realized that, to the scornful joy of their foes, Aaron had let the people run wild, 26 he stood at the gate of the camp and cried, "Whoever is for the LORD, let him come to me!" All the Levites then rallied to him, 27 and he told them, "Thus says the LORD, the God of Israel: Put your sword on your hip, every one of you! Now go up and down the camp, from gate to gate, and slay your own kinsmen, your friends and neighbors!" 28 The Levites carried out the command of Moses, and that day there fell about three thousand of the people. 29 Then Moses said, "Today you have been dedicated to the LORD, for you were against your own sons and kinsmen, to bring a blessing upon yourselves this day."
            30 On the next day Moses said to the people, "You have committed a grave sin. I will go up to the LORD, then; perhaps I may be able to make atonement for your sin." 31 So Moses went back to the LORD and said, "Ah, this people has indeed committed a grave sin in making a god of gold for themselves! 32 If you would only forgive their sin! If you will not, then strike me out of the book that you have written." 33 The LORD answered, "Him only who has sinned against me will I strike out of my book. 34 Now, go and lead the people whither I have told you. My angel will go before you. When it is time for me to punish, I will punish them for their sin." 35 Thus the LORD smote the people for having had Aaron make the calf for them.