art by Sid Check and Frank Frazetta (inking assistant in six panels) - Black Cat #50 - Home Comics, Inc., June 1954.
Monday 3 July 2017
Friday 30 June 2017
"Morena do Mar" by Dorival Caymmi (in Portugese)
Ô morena do mar, oi eu, ô morena do mar
Ô morena do mar,sou eu que acabei de chegar
Ô morena do mar
Eu disse que ia voltar
Ai, eu disse que ia chegar,
Cheguei
Para te agradar
Ai, eu trouxe os peixinhos do mar
Morena
Para te enfeitar,
Eu trouxe as conchinhas do mar
As estrelas do céu
Morena
E as estrelas do mar
Ai, as pratas e os ouros de Iemanjá
"Morena do Mar" sung by Dorival Caymmi.
Ô morena do mar,sou eu que acabei de chegar
Ô morena do mar
Eu disse que ia voltar
Ai, eu disse que ia chegar,
Cheguei
Para te agradar
Ai, eu trouxe os peixinhos do mar
Morena
Para te enfeitar,
Eu trouxe as conchinhas do mar
As estrelas do céu
Morena
E as estrelas do mar
Ai, as pratas e os ouros de Iemanjá
Thursday 29 June 2017
"Apparecchio alla Morte" by St Alfonso Maria de Liguori (in Italian) – XX
CONSIDERAZIONE
XIX - CHE GRAN BENE SIA LA GRAZIA DI DIO, E CHE MALE LA DISGRAZIA DI DIO
«Nescit homo pretium eius» (Iob. 28. 13).
PUNTO I
Dice il Signore: «Si
separaveris pretiosum a vili, quasi os meum eris» (Ier. 15. 19). Chi sa
segregare le cose preziose dalle vili, si rende simile a Dio, che sa riprovare
il male ed eleggere il bene. Vediamo che bene sia la grazia e che male sia la
disgrazia di Dio. Non intendono gli uomini il valore della divina grazia.
«Nescit homo pretium eius». E perciò la
cambiano per niente, per un fumo, per un poco di terra, per un diletto di
bestia; ma ella è un tesoro infinito, che ci
rende degni dell'amicizia di Dio. «Infinitus enim thesaurus est hominibus, quo
qui usi sunt, participes facti sunt amicitiae Dei» (Sap. 7. 14). Sicché
un'anima in grazia ella è amica di Dio. I gentili ch'eran privi della luce
della fede, stimavano impossibile che la creatura potesse tenere amicizia con
Dio; e parlando secondo il lume naturale, giustamente il diceano, perché
l'amicizia (come dice S. Girolamo) rende gli
amici eguali: «Amicitia pares aut accipit, aut facit». Ma Iddio ci ha
dichiarato in più luoghi che noi per mezzo della sua grazia diventiamo suoi
amici per l'osservanza della sua legge: «Vos amici mei estis, si feceritis quae
praecipio vobis» (Io. 15. 14). «Iam non dicam vos servos... vos autem dixi
amicos» (Ibid. 15). Onde esclama S. Gregorio: O
bontà di Dio! non meritiamo noi d'esser chiamati neppure suoi servi, ed egli si
degna di chiamarci amici: «Oh mira divinae bonitatis dignatio! Servi non sumus
digni nominari, et amici vocamur».
Come
si stimerebbe
fortunato chi avesse la sorte di aver per amico il suo re! Ma questa
sarebbe
temerità d'un vassallo pretendere di fare amicizia col suo principe. Ma
non è
temerità il pretendere un'anima di esser amica del suo Dio. Narra S.
Agostino che ritrovandosi due cortigiani in un monistero di solitari,
prese uno a leggere ivi la vita di S.
Antonio Abate. «Legebat (scrive il santo) et exuebatur mundo cor eius».
Leggeva, e leggendo il suo cuore si andava staccando dagli affetti del
mondo.
Indi rivolto al compagno gli parlò così: «Quid quaerimus? Maior ne esse
potest
spes nostra, quam quod amici imperatoris simus? Et per quot pericula ad
maius
periculum pervenitur? et quandiu hoc erit?» Amico, gli disse, pazzi che
andiamo
noi cercando? possiamo noi sperare più con servir l'imperadore, che di
diventare suoi amici? e se a tanto giungessimo, ci porressimo a maggior
pericolo della salute eterna. Ma no, che
difficilmente arriveremo mai ad aver per amico Cesare. «Amicus autem Dei
(così
concluse) si voluero, ecce nunc fio». Ma s'io voglio, disse, essere amico di Dio, ora posso diventarlo.
Chi dunque sta in
grazia di Dio, diventa amico di Dio. Di più diventa figlio: «Ecce Dii estis, et
filii Excelsi omnes» (Ps. 3. 6). Questa è la
gran sorte, che ci ha ottenuta l'amor divino per mezzo di Gesu-Cristo.
«Videte qualem
caritatem dedit nobis Pater, ut filii Dei nominemur, et simus» (Io. 3. 1). Di più l'anima in grazia diventa sposa di Dio:
«Sponsabo te mihi in fide» (Os. 2. 20). E perciò il padre del figlio prodigo,
ricevendolo nella sua grazia, ordinò che gli fosse dato l'anello in segno dello
sposalizio: «Date annulum in manum eius» (Luca
15. 22). Dico di più, diventa tempio dello
Spirito Santo. Suor Maria Dognes vide uscire
un demonio da un bambino che ricevé il battesimo, ed entrarvi lo Spirito Santo
con una corona d'angeli.
Affetti e preghiere
Dunque mio Dio, l'anima
mia, allorché felice stava in grazia vostra, ella era vostra amica e figlia, sposa e tempio, ma poi peccando tutto perdé, e
diventò vostra nemica e schiava dell'inferno. Ma vi ringrazio che ancora mi
date tempo di ricuperare la vostra grazia, o mio Dio. Mi pento sopra ogni male
di avervi offeso, o bontà infinita. E v'amo sopra ogni cosa. Deh ricevetemi di
nuovo nella vostra amicizia. Per pietà non mi sdegnate. So bene che meriterei
d'esser da Voi discacciato, ma merita Gesu-Cristo che Voi di nuovo mi riceviate
pentito, per amore del sacrificio, ch'egli vi fece di se stesso sul Calvario.
«Adveniat regnum tuum». Padre mio, (così mi ha
insegnato il vostro Figlio a chiamarvi): Padre mio, venite colla vostra grazia
a regnar nel mio cuore; fate ch'egli a Voi solo serva, per Voi solo viva, Voi
solo ami. «Et ne nos inducas in tentationem». Deh non permettete a' nemici che
m'abbiano a tentare in modo ch'io resti da essi vinto. «Sed libera nos a malo».
Liberatemi dall'inferno, ma prima liberatemi dal peccato, che solo può condurmi
all'inferno.
O Maria, pregate per
me, e liberatemi da questo gran male ch'io abbia a vedermi in peccato, e privo
della grazia del vostro e mio Dio.
PUNTO II
Dice S. Tommaso
d'Aquino che il dono della grazia eccede ogni
dono che può ricevere una creatura, mentre la grazia è una partecipazione della
stessa natura di Dio. «Donum gratiae excedit omnem facultatem naturae creatae,
cum sit participatio divinae naturae». E prima già lo disse S. Pietro: «Ut per
haec efficiamini divinae consortes naturae» (II. Petr. 1. 4). Tanto ci ha
meritato Gesu-Cristo colla sua passione: Egli ci ha comunicato lo stesso
splendore che ha ricevuto da Dio. «Et ego claritatem, quam dedisti mihi, dedi
eis» (Io. 17. 22). In somma chi sta in grazia di Dio, si fa una cosa con Dio:
«Qui adhaeret Domino, unus spiritus est» (1. Cor. 6. 17). E disse il Redentore
che in un'anima che ama Dio, viene ad abitarvi tutta la SS. Trinità: «Si quis
diligit me, Pater meus diliget eum... et ad eum veniemus, et mansionem apud eum
faciemus» (Io. 14. 23).
È così bella agli occhi
di Dio un'anima in grazia che Dio stesso la loda: «Quam pulchra es, amica mea!
quam pulchra es!» (Cant. 4. 1). Il Signore da un'anima che l'ama par che non
sappia partire gli occhi né l'orecchie per tutto ciò che gli domanda. «Oculi Domini super iustos, et aures eius in preces
eorum» (Ps. 33. 16). Dicea S. Brigida che non
si potrebbe vedere da un uomo la bellezza d'un'anima in grazia di Dio, senza
morire per lo gaudio. E S. Caterina da Siena,
vedendo già un'anima in grazia, disse ch'ella volentieri avrebbe data la vita,
acciocché quell'anima non avesse perduta una
tanta bellezza; e perciò la santa baciava la terra per dove passavano i
sacerdoti, pensando che per mezzo loro l'anime si rimettono in grazia di Dio.
Quanti acquisti poi di
meriti può fare un'anima in grazia! In ogni momento ella può acquistare una
gloria eterna. Dice S. Tommaso che ogni atto
d'amore fatto da un'anima merita un paradiso a parte: «Quilibet actus caritatis
meretur vitam aeternam». Che stiamo dunque noi ad invidiare i grandi del mondo?
se stiamo in grazia di Dio, possiamo continuamente acquistare grandezze assai
maggiori in cielo. Un certo fratello coadiutore della Compagnia di Gesù, come
scrive il P. Patrignani ne' suoi Menologi,
comparve dopo morte, e disse ch'egli era salvo insieme con Filippo II re di
Spagna; e che amendue godeano già la gloria, ma
che quanto minore egli era stato in terra di Filippo, tanto maggiore era in
paradiso. In oltre, solamente chi la prova, può intender la pace che gode anche
in questa terra un'anima che sta in grazia di Dio. «Gustate, et videte, quam
suavis est Dominus» (Ps. 33). Non possono venir
meno le parole del Signore: «Pax multa diligentibus legem tuam» (Ps. 118. 165).
La pace di chi sta unito con Dio avanza tutti i piaceri, che può dare il senso
e 'l mondo. «Pax Dei, quae exsuperat omnem sensum» (Philipp. 4. 7).
Affetti e preghiere
O Gesù mio, Voi siete
quel buon pastore, che vi siete lasciato uccidere per dar la vita a noi vostre
pecorelle. Quand'io fuggiva da Voi, non avete lasciato Voi di venirmi appresso
cercandomi; ricevetemi ora ch'io cerco Voi, e pentito ritorno a' piedi vostri.
Donatemi di nuovo la vostra grazia, ch'io miseramente ho perduta per colpa mia.
Io me ne pento con tutto il cuore, vorrei morirne di dolore, pensando di avervi
voltate tante volte le spalle. Perdonatemi per li meriti di quella morte amara,
che faceste per me sulla croce. Ligatemi colle
dolci catene del vostro amore, e non permettete ch'io fugga più da Voi. Datemi forza di soffrir con pazienza tutte le croci che mi mandate, giacché
io mi ho meritate le pene eterne dell'inferno. Fate ch'io abbracci con amore i
disprezzi che riceverò dagli uomini, giacché ho meritato di star sotto i piedi
de' demoni eternamente. Fate in somma ch'io ubbidisca in tutto alle vostre
ispirazioni, e vinca tutti i rispetti umani per amor vostro. Io son risoluto da
ogg'innanzi di voler servire solamente a Voi; dicano gli altri quel che
vogliono, io voglio amare solamente Voi, o mio Dio amabilissimo. Solo a Voi
voglio piacere; ma Voi datemi il vostro aiuto, senza cui non posso niente.
V'amo, Gesù mio, con tutto il cuore, e confido al
vostro sangue.
Maria speranza mia,
aiutatemi colle vostre preghiere. Io mi glorio d'esser vostro servo; e Voi vi
gloriate di salvare i peccatori, che a Voi ricorrono; soccorretemi e salvatemi.
PUNTO III
Vediamo ora la miseria
d'un'anima, che sta in disgrazia di Dio. Ella è separata dal suo sommo bene
ch'è Dio. «Peccata vestra diviserunt inter vos, et Deum vestrum» (Is. 59. 2). Sicché ella non è
più di Dio, e Dio non è più suo: «Vos non populus meus, et ego non ero vester»
(Ose. 1. 9). Non solamente non è più suo, ma l'odia e la condanna all'inferno.
Non odia il Signore alcuna sua creatura, neppure le fiere, le vipere, i rospi:
«Diligis omnia quae fecisti, et nihil odisti eorum quae fecisti» (Sap. 11. 25).
Ma non può lasciar Iddio di odiare i peccatori. «Odisti omnes qui operantur
iniquitatem» (Ps. 5. 7). Sì, perché Dio non può non odiare il peccato, ch'è
quel nemico tutto contrario alla sua volontà; e perciò odiando il peccato dee
necessariamente odiare anche il peccatore, che sta unito col peccato.
«Similiter autem odio sunt Deo impius, et impietas eius» (Sap. 14. 9).
Dio, se alcuno ha per
nemico un principe della terra, non può mai prender sonno quieto, temendo
giustamente ad ogni momento la morte. E chi ha per nemico Dio, come può aver
pace? Può taluno sfuggire l'ira del principe con nascondersi in una selva, o
con andar lontano in altro regno: ma chi può sfuggire le mani di Dio? Signore
(dicea Davide), se io salirò in cielo, se mi
nasconderò nell'inferno, dovunque vado, la vostra mano può arrivarmi: «Si
ascendero in coelum, tu illic es, si descendero in infernum, ades. Etenim illuc
manus tua deducet me» (Ps. 138. 8).
Poveri peccatori! essi
son maledetti da Dio, maledetti dagli angeli, maledetti da' Santi, maledetti
anche in terra in ogni giorno da tutti i sacerdoti e religiosi, che ne
pubblicano la maledizione in recitare l'officio divino: «Maledicti qui
declinant a mandatis tuis». In oltre la
disgrazia di Dio importa la perdita di tutti i meriti. Abbia meritato un uomo
quanto un S. Paolo Eremita che visse 98 anni in una grotta, quanto un S.
Francesco Saverio, che guadagnò a Dio dieci milioni d'anime; quanto un S. Paolo
apostolo, che guadagnò più meriti (come dice S. Girolamo), che tutti gli altri apostoli, se costui commette un
solo peccato mortale, perde tutto. «Omnes iustitiae eius, quas fecerat, non
recordabuntur» (Ez. 18). Ed ecco la ruina che
porta la disgrazia di Dio, da figlio di Dio lo fa diventare schiavo di
Lucifero, da amico diletto lo fa diventare nemico sommamente odiato, da erede
del paradiso lo fa diventare un condannato dell'inferno. Dicea S. Francesco di
Sales che se gli angeli potessero piangere, in
veder la miseria d'un'anima che commette un
peccato mortale e perde la divina grazia, gli angeli si metterebbero a piangere
per compassione.
Ma la maggior miseria è
che gli angeli piangerebbero, se fossero capaci di piangere, e 'l peccatore non
piange. Dice S. Agostino: Perde colui una
bestiuola, una pecorella, non mangia, non dorme
e piange; perderà poi la grazia di Dio, e mangia, dorme e non piange.
Affetti e preghiere
Ecco lo stato miserabile,
in cui io mi son ridotto, o mio Redentore. Voi per farmi degno della vostra
grazia, avete speso 33 anni di sudori e di pene, ed io per un momento di gusto
avvelenato l'ho disprezzata e perduta per niente. Ringrazio la vostra pietà,
che ancora mi dà tempo di ricuperarla, se voglio. Sì, voglio far quanto posso
per riaverla. Ditemi che ho da fare per ricevere da Voi il perdono. Volete
ch'io mi penta? Sì, Gesù mio, mi pento con tutto il cuore di avere offesa la
vostra bontà infinita. Volete ch'io v'ami? Io
v'amo sopra ogni cosa. Per lo passato ho troppo male impiegato il mio cuore ad
amare le creature e le vanità. Da oggi avanti voglio vivere solo a Voi, voglio
amare solo Voi, mio Dio, mio tesoro, mia speranza e mia fortezza. «Diligam te,
Deus, fortitudo mea». I meriti vostri, le
piaghe vostre, o Gesù mio, hanno da essere la speranza, la fortezza mia. Da Voi spero la forza d'esservi fedele.
Ricevetemi dunque nella vostra grazia, o mio Salvatore, e non permettete ch'io
vi lasci più. Staccatemi dagli affetti mondani, ed infiammatemi il cuore del
vostro santo amore. «Tui amoris in eo ignem accende».
Maria madre mia, fatemi
ardere di amore verso Dio, come sempre ardeste Voi.
Wednesday 28 June 2017
"The Boy Bathing" by Aesop (translated into English)
A boy bathing in a river was in danger of being drowned. He called out to a passing traveler
for help, but instead of holding out a helping hand, the man stood
by unconcernedly, and scolded the boy for his imprudence. "Oh, sir!" cried the youth, "pray help me now and scold me
afterwards."
Counsel
without help is useless.
Tuesday 27 June 2017
"The Book of Exodus" - Chapter XXXIII (translated into English)
Chapter 33
1 The LORD told Moses, "You and the people whom
you have brought up from the land of Egypt, are to go up from here to the land
which I swore to Abraham, Isaac and Jacob I would give to their descendants. 2 Driving out the Canaanites, Amorites, Hittites,
Perizzites, Hivites and Jebusites, I will send an angel before you 3 to the land flowing with milk and honey. But I
myself will not go up in your company, because you are a stiff-necked people;
otherwise I might exterminate you on the way." 4
When the people heard this bad news, they went into mourning, and no one wore
his ornaments.
5 The LORD said to Moses, "Tell the Israelites:
You are a stiff-necked people. Were I to go up in your company even for a
moment, I would exterminate you. Take off your ornaments, therefore; I will
then see what I am to do with you." 6 So,
from Mount Horeb onward, the Israelites laid aside their ornaments.
7 The tent, which was called the meeting tent, Moses
used to pitch at some distance away, outside the camp. Anyone who wished to
consult the LORD would go to this meeting tent outside the camp. 8 Whenever Moses went out to the tent, the people
would all rise and stand at the entrance of their own tents, watching Moses
until he entered the tent. 9 As Moses entered
the tent, the column of cloud would come down and stand at its entrance while
the LORD spoke with Moses. 10 On seeing the
column of cloud stand at the entrance of the tent, all the people would rise
and worship at the entrance of their own tents. 11
The LORD used to speak to Moses face to face, as one man speaks to another.
Moses would then return to the camp, but his young assistant, Joshua, son of
Nun, would not move out of the tent.
12 Moses said to the LORD, "You, indeed, are
telling me to lead this people on; but you have not let me know whom you will
send with me. Yet you have said, 'You are my intimate friend,' and also, 'You
have found favor with me.' 13 Now, if I have
found favor with you, do let me know your ways so that, in knowing you, I may
continue to find favor with you. Then, too, this nation is, after all, your own
people." 14 "I myself," the LORD
answered, "will go along, to give you rest." 15
Moses replied, "If you are not going yourself, do not make us go up from
here. 16 For how can it be known that we, your
people and I, have found favor with you, except by your going with us? Then we,
your people and I, will be singled out from every other people on the
earth." 17 The LORD said to Moses,
"This request, too, which you have just made, I will carry out, because
you have found favor with me and you are my intimate friend."
18 Then Moses said, "Do let me see your
glory!" 19 He answered, "I will make
all my beauty pass before you, and in your presence I will pronounce my name,
'LORD'; I who show favors to whom I will, I who grant mercy to whom I will. 20 But my face you cannot see, for no man sees me and
still lives. 21 Here," continued the LORD,
"is a place near me where you shall station yourself on the rock. 22 When my glory passes I will set you in the hollow
of the rock and will cover you with my hand until I have passed by. 23 Then I will remove my hand, so that you may see my
back; but my face is not to be seen."
Monday 26 June 2017
Saturday 24 June 2017
Canção do Tamoio (Natalícia) by Gonçalves Dias (in Portuguese)
I
Não chores, meu
filho;
Não chores, que a
vida
É luta renhida:
Viver é lutar.
A vida é combate,
Que os fracos
abate,
Que os fortes, os
bravos
Só pode exaltar.
II
Um dia vivemos!
O homem que é
forte
Não teme da
morte;
Só teme fugir;
No arco que
entesa
Tem certa uma
presa,
Quer seja tapuia,
Condor ou tapir.
III
O forte, o
cobarde
Seus feitos
inveja
De o ver na
peleja
Garboso e feroz;
E os tímidos
velhos
Nos graves
concelhos,
Curvadas as
frontes,
Escutam-lhe a
voz!
IV
Domina, se vive;
Se morre,
descansa
Dos seus na
lembrança,
Na voz do porvir.
Não cures da
vida!
Sê bravo, sê
forte!
Não fujas da
morte,
Que a morte há de
vir!
V
E pois que és meu
filho,
Meus brios
reveste;
Tamoio nasceste,
Valente serás.
Sê duro
guerreiro,
Robusto,
fragueiro,
Brasão dos
tamoios
Na guerra e na
paz.
VI
Teu grito de
guerra
Retumbe aos
ouvidos
D'imigos
transidos
Por vil comoção;
E tremam
d'ouvi-lo
Pior que o sibilo
Das setas
ligeiras,
Pior que o
trovão.
VII
E a mão nessas
tabas,
Querendo calados
Os filhos criados
Na lei do terror;
Teu nome lhes
diga,
Que a gente
inimiga
Talvez não escute
Sem pranto, sem
dor!
VIII
Porém se a
fortuna,
Traindo teus
passos,
Te arroja nos
laços
Do inimigo falaz!
Na última hora
Teus feitos
memora,
Tranqüilo nos
gestos,
Impávido, audaz.
IX
E cai como o
tronco
Do raio tocado,
Partido, rojado
Por larga
extensão;
Assim morre o
forte!
No passo da morte
Triunfa,
conquista
Mais alto brasão.
X
As armas ensaia,
Penetra na vida:
Pesada ou
querida,
Viver é lutar.
Se o duro combate
Os fracos abate,
Aos fortes, aos bravos,
Só pode exaltar.
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