Saturday 12 November 2016

"Apparecchio alla Morte" by St Alfonso Maria de Liguori (in Italian) - VII


CONSIDERAZIONE VI - MORTE DEL PECCATORE

«Angustia superveniente, pacem requirent, et non erit; conturbatio super conturbationem veniet» (Ezech. 7. 25).


PUNTO I
            Al presente i peccatori discacciano la memoria e 'l pensiero della morte, e così cercano di trovar pace (benché non la trovino mai) nel vivere che fanno in peccato; ma quando si troveranno nell'angustie della morte, prossimi ad entrare nell'eternità: «Angustia superveniente, pacem requirent, et non erit»; allora non possono sfuggire il tormento della loro mala coscienza; cercheranno la pace, ma che pace può trovare un'anima, ritrovandosi aggravata di colpe, che come tante vipere la mordono? che pace, pensando di dover comparire tra pochi momenti avanti di Gesu-Cristo giudice, del quale sino ad allora ha disprezzata la legge e l'amicizia? «Conturbatio super conturbationem veniet». La nuova già ricevuta della morte, il pensiero di doversi licenziare da tutte le cose del mondo, i rimorsi della coscienza, il tempo perduto, il tempo che manca, il rigore del divino giudizio, l'eternità infelice che si aspetta a' peccatori: tutte queste cose componeranno una tempesta orrenda, che confonderà la mente ed accrescerà la diffidenza; e così confuso e sconfidato il moribondo passerà all'altra vita.
            Abramo con gran merito sperò in Dio contro la speranza umana, credendo alla divina promessa: «Contra spem in spem credidit» (Rom. 4. 18). Ma i peccatori con gran demerito e falsamente per loro ruina sperano, non solo contro la speranza, ma ancora contro la fede, mentre disprezzano anche le minacce, che Dio fa agli ostinati. Temono essi la mala morte, ma non temono di fare una mala vita. Ma chi gli assicura di non morire di subito con un fulmine, con una goccia, con un butto di sangue? ed ancorché avessero tempo in morte da convertirsi, chi gli assicura che da vero si convertiranno? S. Agostino ebbe da combattere dodici anni per superare i suoi mali abiti; come potrà un moribondo, che sempre è stato colla coscienza imbrattata, in mezzo a i dolori, agli stordimenti della testa e nella confusione della morte fare facilmente una vera conversione? Dico «vera», perché allora non basta il dire e promettere; ma bisogna dire e promettere col cuore. Oh Dio, e da quale spavento resterà preso e confuso allora il misero infermo, ch'è stato di coscienza trascurata, in vedersi oppresso da' peccati e da' timori del giudizio, dell'inferno e dell'eternità! In quale confusione lo metteranno questi pensieri, quando si troverà svanito di testa, oscurato di mente e assalito da' dolori della morte già vicina! Si confesserà, prometterà, piangerà, cercherà pietà a Dio, ma senza sapere quel che si faccia; ed in questa tempesta di agitazioni, di rimorsi, d'affanni e di spaventi passerà all'altra vita. «Turbabuntur populi, et pertransibunt» (Iob. 34. 20).
            Ben dice un autore che le preghiere, i pianti e le promesse del peccator moribondo sono appunto come i pianti e le promesse di taluno, che si vede assalito dal suo nemico, il quale gli tiene posto il pugnale alla gola per torgli allora la vita. Misero chi si mette a letto in disgrazia di Dio, e di là se ne passa all'eternità!

Affetti e preghiere
            O piaghe di Gesù, voi siete la speranza mia. Io dispererei del perdono de' miei peccati e della mia salute eterna, se non rimirassi voi fonti di pietà e di grazia, per mezzo di cui un Dio ha sparso tutto il suo sangue, per lavare l'anima mia da tante colpe commesse. Vi adoro dunque, o sante piaghe, ed in voi confido. Detesto mille volte e maledico quei piaceri indegni, per li quali ho disgustato il mio Redentore, e miseramente ho perduta la sua amicizia. Guardando dunque voi, sollevo le mie speranze, e verso voi rivolgo gli affetti miei.
Caro mio Gesù, Voi meritate che tutti gli uomini v'amino, e v'amino con tutto il loro cuore; ma io vi ho tanto offeso ed ho disprezzato il vostro amore, e Voi ciò non ostante mi avete così sopportato, e con tanta pietà mi avete invitato al perdono. Ah mio Salvatore, non permettete ch'io più vi offenda, e mi danni. Oh Dio! che pena mi sarebbe nell'inferno la vista del vostro sangue e di tante misericordie che mi avete usate! Io v'amo e voglio sempre amarvi. Datemi Voi la santa perseveranza. Staccate il mio cuore da ogni amore che non è per Voi, e stabilite in me un vero desiderio e risoluzione di amare da oggi avanti solamente Voi, mio sommo bene.
            O Maria Madre mia, tiratemi a Dio, e fatemi essere tutto suo, prima ch'io muoia.

PUNTO II
            Non una, ma più e molte saranno le angustie del povero peccator moribondo. Da una parte lo tormenteranno i demoni. In morte questi orrendi nemici mettono tutta la forza per far perdere quell'anima, che sta per uscire di questa vita, intendendo che poco tempo lor resta da guadagnarla, e che se la perdono allora, l'avran perduta per sempre. «Descendit diabolus ad vos habens iram magnam, sciens quod modicum tempus habet» (Apoc. 12. 12). E non uno sarà il demonio, che allora tenterà, ma innumerabili che assisteranno al moribondo per farlo perdere. «Replebuntur domus eorum draconibus» (Is. 13. 21). Uno gli dirà: Non temere che sanerai. Un altro dirà: E come? tu per tanti anni sei stato sordo alle voci di Dio, ed ora esso vorrà usarti pietà? Un altro: Come ora puoi rimediare a quelli danni fatti? a quelle fame tolte? Un altro: Non vedi che le tue confessioni sono state tutte nulle, senza vero dolore, senza proposito? come puoi ora più rifarle?
            Dall'altra parte si vedrà il moribondo circondato da' suoi peccati. «Virum iniustum mala capient in interitu» (Ps. 139. 12). Questi peccati come tanti satelliti, dice S. Bernardo, lo terranno afferrato e gli diranno: «Opera tua sumus, non te deseremus». Noi siamo tuoi parti, non vogliamo lasciarti; ti accompagneremo all'altra vita, e teco ci presenteremo all'eterno giudice. Vorrà allora il moribondo sbrigarsi da tali nemici, ma per isbrigarsene bisognerebbe odiarli, bisognerebbe convertirsi di cuore a Dio; ma la mente è ottenebrata, e 'l cuore è indurito. «Cor durum habebit male in novissimo: et qui amat periculum, peribit in illo» (Eccli. 3. 27).
            Dice S. Bernardo che il cuore, ch'è stato ostinato nel male in vita, farà i suoi sforzi per uscire dallo stato di dannazione, ma non giungerà a liberarsene, ed oppresso dalla sua malizia nel medesimo stato finirà la vita. Egli avendo sino ad allora amato il peccato, ha insieme amato il pericolo della sua dannazione; giustamente perciò permetterà il Signore che allora perisca in quel pericolo, nel quale ha voluto vivere sino alla morte. Dice S. Agostino che chi è lasciato dal peccato, prima ch'egli lo lasci, in morte difficilmente lo detesterà come dee; perché allora quel che farà, lo farà a forza: «Qui prius a peccato relinquitur, quam ipse relinquat, non libere, sed quasi ex necessitate condemnat».
            Misero dunque quel peccatore ch'è duro, e resiste alle divine chiamate! «Cor eius indurabitur quasi lapis, et stringetur quasi malleatoris incus» (Iob. 41. 15). Egli l'ingrato in vece di rendersi ed ammollirsi alle voci di Dio, si è indurito come più s'indurisce l'incudine a' colpi del martello. In pena di ciò tal ancora si ritroverà in morte, benché si ritrovi in punto di passare all'eternità. «Cor durum habebit male in novissimo». I peccatori, dice il Signore, mi han voltate le spalle per amore delle creature: «Verterunt ad me tergum, et non faciem, et in tempore afflictionis suae dicent: Surge, et libera nos. Ubi sunt dii tui, quos fecisti tibi? surgant, et liberent te» (Ier. 2. 27). I miseri in morte ricorreranno a Dio, e Dio loro dirà: Ora a me ricorrete? chiamate le creature che vi aiutino; giacché quelle sono state i vostri dei. Dirà così il Signore, perché essi ricorreranno, ma senz'animo vero di convertirsi. Dice S. Girolamo tener egli quasi per certo ed averlo appreso coll'esperienza che non farà mai buon fine, chi ha fatta mala vita sino alla fine: «Hoc teneo, hoc multiplici experientia didici, quod ei non bonus est finis, cui mala semper vita fuit» (In epist. Eusebii ad Dam.).

Affetti e preghiere
            Caro mio Salvatore, aiutatemi, non mi abbandonate, io vedo l'anima mia tutta impiagata da' peccati; le passioni mi fanno violenza, i mali abiti mi opprimono; mi butto a' piedi vostri; abbiate pietà di me e liberatemi da tanti mali.«In te, Domine, speravi, non confundar in aeternum». Non permettete che si perda un'anima, che confida in Voi. «Ne tradas bestiis animam confitentem tibi». Io mi pento d'avervi offeso, o bontà infinita; ho fatto male, lo confesso: voglio emendarmi ad ogni costo; ma se Voi non mi soccorrete colla vostra grazia, io son perduto. Ricevete, o Gesù mio, questo ribelle, che vi ha tanto oltraggiato. Pensate che vi ho costato il sangue e la vita. Per li meriti dunque della vostra passione e morte ricevetemi tra le vostre braccia, e datemi la santa perseveranza. Io era già perduto, Voi mi avete chiamato; ecco io non voglio più resistere, a Voi mi consagro; ligatemi al vostro amore, e non permettete ch'io vi perda più, con perdere di nuovo la vostra grazia; Gesù mio, non lo permettete.
            Regina Mia Maria, non lo permettete; impetratemi prima la morte e mille morti ch'io abbia da perdere di nuovo la grazia del vostro Figlio.


PUNTO III
            Gran cosa! Dio non fa altro che minacciare una mala morte a' peccatori: «Tunc invocabunt me, et non exaudiam» (Prov. 1. 18). «Nunquid Deus exaudiet clamorem eius, cum venerit super eum angustia» (Iob. 27. 9). «In interitu vestro ridebo, et subsannabo» (Prov. 1. 26). («Ridere Dei est nolle misereri», S. Gregor.). «Mea est ultio, et ego retribuam eis in tempore, ut labatur pes eorum» (Deuter. 32. 35). Ed in tanti altri luoghi minaccia lo stesso; ed i peccatori vivono in pace, sicuri come Dio avesse certamente promesso loro in morte il perdono e 'l paradiso. È vero che in qualunque ora si converte il peccatore, Dio ha promesso di perdonarlo; ma non ha detto che il peccatore in morte si convertirà; anzi più volte si è protestato che chi vive in peccato, in peccato morirà: «In peccato vestro moriemini» (Io. 8. 21). «Moriemini in peccatis vestris» (ibid. 24). Ha detto che chi lo cercherà in morte, non lo troverà: «Quaeretis me, et non invenietis (Io. 7. 34). Dunque bisogna cercare Dio, quando si può trovare: «Quaerite Dominum, dum inveniri potest» (Is. 55. 6). Sì, perché vi sarà un tempo che non potrà più trovarsi. Poveri peccatori! poveri ciechi, che si riducono a convertirsi all'ora della morte, in cui non sarà più tempo di convertirsi! Dice l'Oleastro: «Impii nusquam didicerunt benefacere, nisi cum non est tempus benefaciendi». Dio vuol salvi tutti, ma castiga gli ostinati.
            Se mai alcun miserabile ritrovandosi in peccato, fosse colto dalla goccia, e stesse destituto di sensi, qual compassione farebbe a tutti il vederlo morire senza sagramenti e senza segno di penitenza? qual contento poi avrebbe ognuno, se costui ritornasse in sé e cercasse l'assoluzione, e facesse atti di pentimento? Ma non è pazzo poi chi avendo tempo di far ciò, siegue a stare in peccato? o pure torna a peccare e si mette in pericolo che lo colga la morte, nel tempo della quale forse lo farà, e forse no? Spaventa il veder morire alcuno all'improvviso, e poi tanti volontariamente si mettono al pericolo di morire così, e morire in peccato!
            «Pondus et statera iudicia Domini sunt» (Prov. 16. 21). Noi non teniamo conto delle grazie, che ci fa il Signore; ma ben ne tiene conto il Signore e le misura; e quando le vede disprezzate sino a certi termini, lascia il peccatore nel suo peccato, e così lo fa morire. Misero chi si riduce a far penitenza in morte. «Poenitentia, quae ab infirmo petitur, infirma est», dice S. Agostino (Serm. 57. de Temp. ). S. Geronimo dice che di centomila peccatori che si riducono sino alla morte a stare in peccato, appena uno in morte si salverà: «Vix de centum millibus, quorum mala vita fuit, meretur in morte a Deo indulgentiam unus» (S. Hier. in Epist. Euseb. de morte eiusd.). Dice S. Vincenzo Ferrerio (Serm. I. de Nativ. Virg.) che sarebbe più miracolo che uno di questi tali si salvasse, che far risorgere un morto. «Maius miraculum est, quod male viventes faciant bonum finem, quam suscitare mortuos». Che dolore, che pentimento vuol concepirsi in morte da chi sino ad allora ha amato il peccato?
            Narra il Bellarmino ch'essendo egli andato ad assistere ad un certo moribondo ed avendolo esortato a fare un atto di contrizione, quegli rispose che non sapea ciò che si fosse contrizione. Bellarmino procurò di spiegarcelo, ma l'infermo disse: «Padre, io non v'intendo, io non son capace di queste cose». E così se ne morì. «Signa damnationis suae satis aperte relinquens», come il Bellarmino lasciò scritto. Giusto castigo, dice S. Agostino, sarà del peccatore, che si dimentichi di sé in morte, chi in vita si è scordato di Dio: «Aequissime percutitur peccator, ut moriens obliviscatur sui qui vivens oblitus est Dei «(Serm. 10. de Sanct.).
            «Nolite errare (intanto ci avverte l'Apostolo), Deus non irridetur: quae enim seminaverit homo, haec et metet; qui seminat in carne sua, de carne et metet corruptionem» (Galat. 6.7) Sarebbe un burlare Dio vivere disprezzando le sue leggi, e poi raccoglierne premio e gloria eterna; ma «Deus non irridetur». Quel che si semina in questa vita, si raccoglie nell'altra. A chi semina piaceri vietati di carne, altro non tocca che corruzione, miseria e morte eterna.
            Cristiano mio, quel che si dice per gli altri, si dice anche per voi. Ditemi se vi trovaste già in punto di morte, disperato da' medici, destituto di sentimenti e ridotto già in agonia, quanto preghereste Dio che vi concedesse un altro mese, un'altra settimana di tempo allora, per aggiustare i conti della vostra coscienza? E Dio già vi dà questo tempo. Ringraziatelo e presto rimediate al mal fatto, e prendete tutti i mezzi per ritrovarvi in istato di grazia, quando verrà la morte, perché allora non sarà più tempo di rimediare.

Affetti e preghiere
            Ah mio Dio, e chi avrebbe avuta tanta pazienza con me, quanta ne avete avuta Voi? Se la vostra bontà non fosse infinita, io diffiderei del perdono. Ma tratto con un Dio, ch'è morto per perdonarmi e per salvarmi. Voi mi comandate ch'io speri, ed io voglio sperare. Se i peccati miei mi spaventano e mi condannano, mi danno animo i vostri meriti e le vostre promesse. Voi avete promessa la vita della vostra grazia a chi ritorna a Voi: «Revertimini, et vivite (Ezech. 18. 32)». Avete promesso di abbracciare chi a Voi si volta: «Convertimini ad me, et convertar ad vos» (Zach.1. 3). Avete detto che non sapete disprezzare chi s'umilia e si pente: «Cor contritum, et humiliatum, Deus, non despicies» (Ps. 50).
            Eccomi, Signore, io a Voi ritorno, a Voi mi volgo, mi confesso degno di mille inferni e mi pento d'avervi offeso: io vi prometto fermamente di non volervi più offendere e di volervi sempre amare. Deh non permettete che io viva più ingrato a tanta bontà. Eterno Padre, per li meriti dell'ubbidienza di Gesu-Cristo, che morì per ubbidirvi, fate ch'io ubbidisca a' vostri voleri sino alla morte. V'amo, o sommo bene, e per l'amore che vi porto, voglio ubbidirvi in tutto. Datemi la santa perseveranza, datemi il vostro amore e niente più Vi domando.
            Maria Madre mia, intercedete per me.



Friday 11 November 2016

“Sombras” by Fagundes Varela (in Portuguese)




Não me detestes, não! Se tu padeces
Também minh'alma teu sofrer partilha
E sigo em prantos de suplício a trilha
Curvado ao peso da tremenda cruz

Para nós ambos apagou-se a luz,
Tudo é tristeza no deserto vário,
Inda está longe o cimo do Calvário
Não para ti, mas para mim, precito!

Tenho na face o desespero escrito
Todos me odeiam - quando toco é pó!
Neste mundo tu me amaste, e só,
E em troco desse amor tiveste o inferno!

Pálida rosa do alcaçar eterno!
Cândida pomba que a inocência nutre!
Melhor te fôra a sanha de um abutre
Que estas profanas mãos que te roçaram!

Aos céus os anjos teu chorar levaram,
Irmãos preparam-te, amorosos,
E eu ainda fico!... E tenho por castigo
Sentir-me vivo quando tudo expira!

Oh! Quando à noite o vendaval se atira
Qubrando as vagas turbulentas, frias,
E lasca o raio as broncas penedias
Onde a chuva despenha-se escumando

Penso que Deus se abranda e vem chegando
A última cena de meu torvo drama
Mas do fuzil que passa à rubra chama
Vejo ainda longe o pouso derradeiro

Andar e sempre andar! O globo inteiro
Pendido atravessar como Caim!
Não achar um repouso, um termo, um fim
A dor que rói, lacera e não descansa

E jamais antever uma esperança!
Uma réstia de luz na escuridão!
Uma voz que me fale de perdão
E parta o bronzeo selo da agonia!

Ah! é cruel! Mas talvez um dia
Compreendas tão funda expiação
E o pobre nome que detestas hoje
Murmures entre lágrimas então!

Thursday 10 November 2016

"The Book of Exodus" - Chapter XIX (translated into English)



Chapter 19

1 In the third month after their departure from the land of Egypt, on its first day, the Israelites came to the desert of Sinai. 2 After the journey from Rephidim to the desert of Sinai, they pitched camp. While Israel was encamped here in front of the mountain,
            3 Moses went up the mountain to God. Then the LORD called to him and said, "Thus shall you say to the house of Jacob; 4 tell the Israelites: You have seen for yourselves how I treated the Egyptians and how I bore you up on eagle wings and brought you here to myself. 5 Therefore, if you hearken to my voice and keep my covenant, you shall be my special possession, dearer to me than all other people, though all the earth is mine. 6 You shall be to me a kingdom of priests, a holy nation. That is what you must tell the Israelites." 7 So Moses went and summoned the elders of the people. When he set before them all that the LORD had ordered him to tell them, 8 the people all answered together, "Everything the LORD has said, we will do." Then Moses brought back to the LORD the response of the people.
            9 The LORD also told him, "I am coming to you in a dense cloud, so that when the people hear me speaking with you, they may always have faith in you also." When Moses, then, had reported to the LORD the response of the people,       10 the LORD added, "Go to the people and have them sanctify themselves today and tomorrow. Make them wash their garments 11 and be ready for the third day; for on the third day the LORD will come down on Mount Sinai before the eyes of all the people. 12 Set limits for the people all around the mountain, and tell them: Take care not to go up the mountain, or even to touch its base. If anyone touches the mountain, he must be put to death. 13 No hand shall touch him; he must be stoned to death or killed with arrows. Such a one, man or beast, must not be allowed to live. Only when the ram's horn resounds may they go up to the mountain."
            14 Then Moses came down from the mountain to the people and had them sanctify themselves and wash their garments. 15 He warned them, "Be ready for the third day. Have no intercourse with any woman."
            16 On the morning of the third day there were peals of thunder and lightning, and a heavy cloud over the mountain, and a very loud trumpet blast, so that all the people in the camp trembled. 17 But Moses led the people out of the camp to meet God, and they stationed themselves at the foot of the mountain. 18 Mount Sinai was all wrapped in smoke, for the LORD came down upon it in fire. The smoke rose from it as though from a furnace, and the whole mountain trembled violently. 19 The trumpet blast grew louder and louder, while Moses was speaking and God answering him with thunder. 20 When the LORD came down to the top of Mount Sinai, he summoned Moses to the top of the mountain, and Moses went up to him. 21 Then the LORD told Moses, "Go down and warn the people not to break through toward the LORD in order to see him; otherwise many of them will be struck down. 22 The priests, too, who approach the LORD must sanctify themselves; else he will vent his anger upon them." 23 Moses said to the LORD, "The people cannot go up to Mount Sinai, for you yourself warned us to set limits around the mountain to make it sacred." 24 The LORD repeated, "Go down now! Then come up again along with Aaron. But the priests and the people must not break through to come up to the LORD; else he will vent his anger upon them." 25 So Moses went down to the people and told them this.

Wednesday 9 November 2016

Angélus par Pape Benoît XVI (translated into French)



Place Saint-Pierre, IVe Dimanche de l'Avent, 18 décembre 2005


Chers frères et sœurs !
           
En ces derniers jours de l'Avent, la liturgie nous invite à contempler de façon particulière la Vierge Marie et saint Joseph, qui ont vécu avec une intensité unique le temps de l'attente et de la préparation de la naissance de Jésus. Je désire aujourd'hui porter mon regard sur la figure de saint Joseph. Dans la page évangélique de ce jour, saint Luc présente la Vierge Marie comme "fiancée à un homme du nom de Joseph, de la maison de David" (Lc 1, 27). C'est toutefois l'évangéliste Matthieu qui accorde le plus d'importance au père putatif de Jésus, en soulignant que, à travers lui, l'Enfant résultait légalement inscrit dans la descendance de David, et accomplissait ainsi les Ecritures, dans lesquelles le Messie était prophétisé comme "fils de David". Mais le rôle de Joseph ne peut certainement pas se réduire à cet aspect juridique. Il est le modèle de l'homme "juste" (Mt 1, 19), qui, en parfaite harmonie avec son épouse, accueille le Fils de Dieu fait homme et veille sur sa croissance humaine. C'est pourquoi, au cours des jours qui précèdent Noël, il est plus que jamais opportun d'établir une sorte de dialogue spirituel avec saint Joseph, afin qu'il nous aide à vivre en plénitude ce grand mystère de la foi.
            Le bien-aimé Pape Jean-Paul II, qui avait une profonde dévotion pour saint Joseph nous a laissé une méditation admirable qui lui est consacrée dans l'Exhortation apostolique Redemptoris Custos, "Le Gardien du Rédempteur". Parmi les nombreux aspects qu'il met en lumière, un accent particulier est placé sur le silence de saint Joseph. Son silence est un silence empreint de contemplation du mystère de Dieu, dans une attitude de disponibilité totale aux volontés divines. En d'autres termes, le silence de saint Joseph ne manifeste pas un vide intérieur, mais au contraire la plénitude de foi qu'il porte dans son cœur, et qui guide chacune de ses pensées et chacune de ses actions. Un silence grâce auquel Joseph, à l'unisson avec Marie, conserve la Parole de Dieu, connue à travers les Écritures Saintes, en la confrontant en permanence avec les événements de la vie de  Jésus ; un  silence  tissé de prière constante, prière de bénédiction du Seigneur, d'adoration de sa sainte volonté et de confiance sans réserve à sa providence. Il n'est pas exagéré de penser que c'est précisément de son "père" Joseph que Jésus a appris - sur le plan humain - la solidité intérieure qui est le présupposé de la justice authentique, la "justice supérieure" qu'Il enseignera un jour à ses disciples (cf. Mt 5, 20).
            Laissons-nous "contaminer" par le silence de saint Joseph! Nous en avons tant besoin, dans un monde souvent trop bruyant, qui ne favorise pas le recueillement et l'écoute de la voix de Dieu. En ce temps de préparation à Noël, cultivons le recueillement intérieur, pour accueillir et conserver Jésus dans notre vie.

Après l'Angélus
            En ce dernier dimanche de l'Avent, puissiez-vous, chers pèlerins de langue française, ouvrir votre cœur au Christ qui vient habiter dans notre monde, à l'exemple de Marie, la Servante du Seigneur, pour faire comme elle la volonté de Dieu, qui nous rend libres. Avec mon salut cordial et affectueux.
            Merci à tous pour votre visite appréciée. Bon dimanche.