Friday 28 July 2017

"Carta para Um Infante Morto" by José Thiesen (in Portuguese)


         Eu acabei agora mesmo de saber que, afinal, morreste.
         Finalmente médicos e juízes podem respirar tranquilos, com a satisfação do dever cumprido.
         Por favor, reze pela salvação de suas almas.
         Reze também por teus pais.
         Um colega meu, nativo aqui da ilha, diz que eles querem apenas uns quinze minutos de fama. Não sei quem de nós está certo, mas eu dele discordo. Acho que teus pais lutaram por ti e o fizeram por te amar.
       Não creio que possam jamais dizer que virão a respirar tranquilos, com a satisfação do dever cumprido.
Médicos e juízes lhes extirparam toda a autoridade. Em nome do teu bem-estar se os tornaram o exemplo para que nenhum outro tente a loucura de desafiar as autoridades que, de ora em diante, decidirão a vida e morte de todos, pois que outro precedente se abre com o teu caso?
Que triste futuro nos aguarda!
         Por favor, pequenino, reze por nós que ficamos por aqui

“Balancê” by Braguinha and Alberto Ribeiro (in Portuguese)



Ô balancê balancê
Quero dançar com você
Entra na roda morena pra ver
Ô balancê balancê

Quando por mim você passa
Fingindo que não me vê
Meu coração quase se despedaça
No balancê balancê

Você foi minha cartilha
Você foi meu ABC
E por isso eu sou a maior maravilha
No balancê balancê

Eu levo a vida pensando
Pensando só em você
E o tempo passa e eu vou me acabando
No balancê balancê


 You can listen “Balancê” sung by Carmen Miranda here.


Thursday 27 July 2017

"Apparecchio alla Morte" by St Alfonso Maria de Liguori (in Italian) – XXIV

CONSIDERAZIONE XXIII - INGANNI CHE 'L DEMONIO METTE IN MENTE A' PECCATORI
(«Benché molti sentimenti di quelli, che si pongono in questa considerazione, sieno accennati nelle altre antecedenti, nondimeno giova qui metterli unitamente, per vincere gl'inganni suali, con cui suole il demonio indurre i peccatori a ricadere»).


PUNTO I
            Figuriamo che un giovine, caduto in peccati gravi, se ne sia già confessato, ed abbia già ricuperata la divina grazia. Il demonio di nuovo lo tenta a ricadere: il giovine resiste ancora: ma già vacilla per gl'inganni, che gli suggerisce il nemico. Giovine, dico io, dimmi che vuoi fare? vuoi perdere ora la grazia di Dio, che già hai acquistata e che vale più di tutto il mondo, per questa tua misera soddisfazione? vuoi tu stesso scriverti la sentenza di morte eterna, e condannarti ad ardere per sempre nell'inferno? «No», tu mi dici, «non voglio dannarmi, voglio salvarmi; se farò questo peccato, appresso me lo confesserò». Ecco il primo inganno del tentatore. Dunque mi dici che appresso te lo confesserai; ma frattanto già perdi l'anima. Dimmi se avessi in mano una gioia, che valesse mille ducati, la butteresti tu in un fiume con dire: appresso farò diligenza e spero di ritrovarla? Tu hai in mano questa bella gioia dell'anima tua che Gesu-Cristo l'ha comprata col suo sangue, e tu la butti volontariamente nell'inferno (poiché peccando secondo la presente giustizia già resti dannato) e dici: Ma spero di ricuperarla colla confessione? Ma se poi non la ricuperi? Per ricuperarla vi bisogna un vero pentimento, il quale è dono di Dio; se Dio questo pentimento non te lo dà? E se viene la morte, e ti leva il tempo di confessarti?
              Dici che non farai passare una settimana, e te lo confesserai. E chi ti promette questa settimana di tempo? Dici che te lo confesserai domani, e chi ti promette questo domani? Scrive S. Agostino: «Crastinum Deus non promisit, fortasse dabit, et fortasse non dabit». Questo giorno di domani non te l'ha promesso Dio; forse te lo darà e forse te lo negherà, come l'ha negato a tanti, i quali si son posti vivi a letto la sera, e la mattina si son trovati morti di subito. Quanti nello stesso atto del peccato il Signore l'ha fatti morire, e l'ha mandati all'inferno? E se fa lo stesso con te, come potrai più rimediare alla tua ruina eterna? Sappi che con quest'inganno di dire, «poi me lo confesso», il demonio ne ha portati migliaia e migliaia di cristiani all'inferno, poiché difficilmente si trova un peccatore, sì disperato, che voglia proprio dannarsi; tutti allorché peccano, peccano colla speranza di confessarsi, ma così poi tanti miserabili si son dannati, ed ora non possono più rimediarvi.
              Ma tu dici: «Ora non mi fido di resistere a questa tentazione». Ecco il secondo inganno del demonio, il quale ti fa apparire che tu non hai forza di resistere alla passione presente. Primieramente bisogna che sappi che Dio (come dice l'Apostolo) è fedele, e non permette mai che noi siam tentati oltre le nostre forze: «Fidelis autem Deus est, qui non patietur vos tentari supra id quod potestis» (1. Cor. 10. 13). Di più io ti dimando: Se ora non ti fidi di resistere, come ti fiderai appresso? Appresso il nemico non lascerà di tentarti ad altri peccati, ed allora egli sarà fatto assai più forte contra di te, e tu più debole. Se dunque non ti fidi ora di spegner questa fiamma, come ti fiderai di spegnerla, dopo ch'ella sarà fatta più grande? Dici: Dio mi darà l'aiuto suo. Ma Dio questo aiuto già presentemente te lo dà; perché tu con questo aiuto non vuoi resistere? Speri forse che Dio abbia da accrescerti gli aiuti e le grazie, dopo che tu hai accresciuti i peccati? E se vuoi al presente maggior aiuto e forza, perché non lo domandi a Dio? Dubiti forse della fedeltà di Dio, che ha promesso di dare tutto ciò che gli si cerca? «Petite et dabitur vobis» (Matth. 7. 7). Iddio non può mancare, ricorri a Lui, ed egli ti darà quella forza che ti bisogna per resistere. «Deus impossibilia non iubet», parla il concilio di Trento, «sed iubendo monet et facere quod possis, et petere quod non possis, et adiuvat ut possis» (Sess. 6. c. 13). Dio non comanda cose impossibili, ma dando i precetti, ci ammonisce a fare quel che possiamo coll'aiuto attuale che ci dà; quando quell'aiuto non ci bastasse a resistere, ci esorta a cercare maggior aiuto, e chiedendolo allora ben Egli ce lo darà.

Preghiera
              Dunque, mio Dio, perché Voi siete stato così buono con me, io sono stato così ingrato con Voi? Abbiamo fatto a gara, io a fuggire da Voi, e Voi a venirmi appresso: Voi a farmi bene, ed io a farvi male. Ah mio Signore, s'altro non fosse, la sola bontà che avete avuta con me mi dovrebbe innamorare di Voi; mentre, dopo ch'io ho accresciuti i peccati, Voi avete accresciute le grazie. E dove meritava io la luce che ora mi date? Signore mio, ve ne ringrazio con tutto il cuore e spero di venire a ringraziarvene per tutta l'eternità in paradiso. Io spero al vostro sangue di salvarmi, e lo spero certo, giacché mi avete usate tante misericordie. Spero intanto che mi darete forza di non tradirvi più. Io propongo colla grazia vostra di morir prima mille volte, che tornare ad offendervi. Basta quanto v'ho offeso. Nella vita che mi resta, io vi voglio amare. E come non amerò un Dio, che dopo d'esser morto per me, mi ha sopportato con tanta pazienza, con tante ingiurie, che gli ho fatte? Dio dell'anima mia, me ne pento con tutto il cuore; vorrei morirne di dolore. Ma se per lo passato vi ho voltate le spalle, ora v'amo sopra ogni cosa, v'amo più di me stesso. Eterno Padre, per li meriti di Gesu-Cristo soccorrete un misero peccatore, che vi vuole amare.
              Maria speranza mia, aiutatemi Voi; impetratemi la grazia di ricorrere sempre al vostro Figlio, ed a Voi, ogni volta che il demonio mi tenta ad offenderlo di nuovo.


PUNTO II
              Dice: «Dio è di misericordia». Ecco il terzo inganno comune de' peccatori, per cui moltissimi si dannano. Scrive un dotto autore che ne manda più all'inferno la misericordia di Dio, che non ne manda la giustizia; perché questi miserabili, confidano temerariamente alla misericordia, non lasciano di peccare, e così si perdono. Iddio è di misericordia, chi lo nega; ma ciò non ostante, quanti ogni giorno Dio ne manda all'inferno! Egli è misericordioso, ma è ancora giusto, e perciò è obbligato a castigare chi l'offende. Egli usa misericordia, ma a chi? a chi lo teme. «Misericordia sua super timentes se... Misertus est Dominus timentibus se» (Ps. 102. 11. 13). Ma con chi lo disprezza e si abusa della sua misericordia per più disprezzarlo, Egli usa giustizia. E con ragione; Dio perdona il peccato, ma non può perdonare la volontà di peccare. Dice S. Agostino che chi pecca col pensiero di pentirsene dopo d'aver peccato, egli non è penitente, ma è uno schernitore di Dio: «Irrisor est, non poenitens». Ma all'incontro ci fa sapere l'Apostolo che Dio non si fa burlare: «Nolite errare, Deus non irridetur» (Gal. 6. 7). Sarebbe un burlare Dio offenderlo come piace, e quanto piace, e poi pretendere il paradiso.
              «Ma siccome Dio m'ha usate tante misericordie per lo passato, e non m'ha castigato, così spero che mi userà misericordia per l'avvenire». Ecco il quarto inganno. Dunque perché Dio ha avuta compassione di te, per questo ti ha da usare sempre misericordia, e non ti ha da castigare mai? Anzi no, quanto più sono state le misericordie, che Egli t'ha usate, tanto più devi tremare, che non ti perdoni più e ti castighi, se di nuovo l'offendi. «Ne dicas: Peccavi, et quid accidit mihi triste? Altissimus enim est patiens redditor» (Eccli. 5. 4). Non dire (avverte l'Ecclesiastico), ho peccato e non ho avuto alcun castigo; perché Dio sopporta; ma non sopporta sempre. Quando giunge il termine da Lui stabilito delle misericordie, che vuol usare ad un peccatore, allora gli dà il castigo tutto insieme de' suoi peccati. E quanto più l'ha aspettato a penitenza, tanto più lo punisce, come dice S. Gregorio: «Quos diutius exspectat, durius damnat».
              Se dunque tu vedi, fratello mio, che molte volte hai offeso Dio, e Dio non t'ha mandato all'inferno, dei dire: «Misericordiae Domini, quia non sumus consumti» (Thren. 3. 22). Signore, ti ringrazio, che non m'hai mandato all'inferno, com'io meritava. Pensa, quanti per meno peccati de' tuoi si son dannati. E con questo pensiero cerca di compensare l'offese, che hai fatte a Dio, colla penitenza e con altre opere buone. Questa pazienza, che Dio ha avuta con te, dee animarti, non già a più disgustarlo, ma a più servirlo ed amarlo, vedendo ch'egli ha fatte a te tante misericordie, che non ha fatte agli altri.

Preghiera
              Gesù mio crocifisso, mio Redentore e mio Dio, ecco il traditore a' piedi vostri. Mi vergogno di comparirvi avanti. Quante volte io v'ho burlato? quante volte v'ho promesso di non offendervi più, ma le promesse mie sono stati tutti tradimenti; mentre quando è venuta l'occasione, mi sono scordato di Voi e di nuovo vi ho voltate le spalle. Vi ringrazio che a quest'ora non mi fate star nell'inferno, ma mi tenete a' piedi vostri, e m'illuminate e mi chiamate al vostro amore. Sì che vi voglio amare, mio Salvatore e mio Dio, e non vi voglio più disprezzare. Basta quanto m'avete sopportato. Vedo che non potete più sopportarmi. Povero me, se dopo tante grazie io tornassi ad offendervi! Signore, io risolutamente voglio mutar vita; e quanto v'ho offeso, tanto vi voglio amare. Mi consolo che ho che fare con una bontà infinita, qual siete Voi. Mi pento sopra ogni male di avervi così disprezzato, e vi prometto tutto il mio amore per l'avvenire. Perdonatemi Voi per li meriti della vostra passione: scordatevi dell'ingiurie che vi ho fatte, e datemi forza d'esservi fedele nella vita che mi resta. V'amo, mio sommo bene, e spero di sempre amarvi. Caro mio Dio, non voglio lasciarvi più.
              O Madre di Dio Maria, legatemi con Gesu-Cristo, ed ottenetemi la grazia di non partirmi più da' piedi suoi; in Voi confido.


PUNTO III
              «Ma io son giovine; Dio compatisce la gioventù; appresso mi darò a Dio». Siamo al quinto inganno. Sei giovine? ma non sai che Dio non conta gli anni: ma conta i peccati di ciascuno? Sei giovine? ma quanti peccati hai fatti? Vi saranno molti vecchi, che non saranno giunti a far neppure la decima parte de' peccati da te commessi. E non sai che 'l Signore ha stabilito il numero e la misura de' peccati, che a ciascun vuol perdonare? «Dominus patienter exspectat», dice la Scrittura, «ut eas, cum iudicii dies advenerit, in plenitudine peccatorum puniat» (2. Machab. 6. 14). Viene a dire che Dio ha pazienza ed aspetta sino a certo segno, ma quando è già piena la misura de' peccati, ch'egli ha determinata di perdonare, non più perdona, e castiga il peccatore, o con mandargli subito la morte nello stato in cui si trova di dannazione, o pure l'abbandona nel suo peccato, il quale castigo è peggior della morte. «Auferam sepem eius, et erit in direptionem» (Isa. 5. 5). Se voi avete un territorio e l'avete circondato di siepe, l'avete coltivato per più anni, e vi avete fatte molte spese, e vedete che 'l territorio con tutto ciò non vi rende alcun frutto; voi che fate? ne togliete la siepe, e lo lasciate in abbandono. Così tremate, che Dio non faccia con voi. Se voi seguirete a peccare, anderete perdendo il rimorso della coscienza, non penserete più né all'eternità, né all'anima vostra, perderete quasi ogni luce, perderete il timore: ecco tolta la siepe, ed ecco già arrivato l'abbandono di Dio.
              Veniamo all'ultimo inganno. Voi dite: «È vero che con questo peccato io perdo la grazia di Dio, e resto condannato all'inferno, e può già essere che per questo peccato mi danno; ma può essere ancora ch'io appresso mi confessi e mi salvi». Sì signore, io te lo concedo che può essere che ancora ti salvi, perché finalmente io non son profeta, perciò non posso dire per certo che dopo questo peccato Dio non ti userà più misericordia. Ma non mi puoi negare che dopo tante grazie che 'l Signore t'ha fatte, se ora lo torni ad offendere, è molto facile che resti perduto. Così parlano le Scritture: «Cor durum male habebit in novissimo» (Eccli. 3. 27). Il cuore ostinato in morte anderà male. «Qui malignantur, exterminabuntur» (Ps. 36. 9). I maligni finalmente saranno esterminati dalla divina giustizia. «Quae seminaverit homo, haec et metet» (Gal. 6. 8). Chi semina peccati, in fine non raccoglierà che pene e tormenti. «Vocavi, et renuistis... in interitu vestro ridebo, et subsannabo vos» (Prov. 1. 24). Vi ho chiamati, dice Dio, e voi vi siete burlati di me; nella vostra morte io mi burlerò di voi. «Mea est ultio, et ego retribuam in tempore» (Deut. 32. 35). A me spetta la vendetta de' peccati, ed io te la renderò, quando giungerà il tempo. Così dunque parlano le Scritture de' peccatori ostinati. Così cerca la giustizia e la ragione. Tu mi dici: «Ma può essere che con tutto questo pure mi salvi». Ed io ritorno a dire che sì signore, può essere: ma che pazzia, dico, è l'appoggiare la salute eterna dell'anima ad un «può essere», e ad un «può essere» poi così diffícile? È negozio questo da metterlo in sì gran pericolo?

Preghiera
              Caro mio Redentore, io prostrato a' vostri piedi vi ringrazio che dopo tanti peccati non mi avete abbandonato. Quanti che meno di me v'hanno offeso, non avranno la luce, che al presente Voi a me donate! Vedo che proprio mi volete salvo, ed io principalmente per darvi gusto voglio salvarmi, voglio venire a cantare in cielo eternamente queste tante misericordie, che mi avete usate. Io spero che a quest'ora già m'abbiate perdonato; ma se mai io mi trovassi ancora in disgrazia vostra, perché non ho saputo pentirmi come dovea delle offese, che vi ho fatte, ora me ne pento con tutta l'anima mia, me ne dispiace sopra ogni male. Perdonatemi Voi per pietà, ed accrescete sempre più in me il dolore d'aver offeso Voi, mio Dio così buono. Datemi dolore, e datemi amore. Io v'amo sopra ogni cosa, ma v'amo troppo poco, voglio amarvi assai; e quest'amore a Voi lo domando, e da Voi lo spero. Esauditemi, Gesù mio; Voi avete promesso di esaudir chi vi prega.
              O Madre di Dio Maria, tutti mi dicono che Voi non lasciate partire sconsolato chi a Voi si raccomanda. O speranza mia dopo Gesù, a Voi ricorro, e in Voi confido; raccomandatemi al vostro Figlio e salvatemi.

Wednesday 26 July 2017

“O Tonel das Danaides” by Castro Alves (in Portuguese)




diálogo


Na torrente caudal de seus cabelos negros
Alegre eu embarquei da vida a rubra flor.

— Poeta! Eras o Doge o anel lançando às ondas...
Ao fundo de um abismo... arremessaste o amor.

Depois minh'alma ao som da Lira de cem vozes
Sublimes fantasias em notas desfolhou.
— Cleópatra também p'ra erguer no Tibre a espuma
As pér'las do colar nas vagas desfiou!

Depois fiz de meu verso a púrpura escarlate
Por onde ela pisasse em marcha triunfal!

— Como Hércules, volveste aos pés da insana Onfália
O fuso feminil de uma paixão fatal.

Um dia ela me disse: "Eu sou uma exilada!"
Ergui-me... e abandonei meu lar e meu país ...

— Assim o filho pródigo atira as vestes quentes
E treme no caminho aos pés da meretriz.

E quando debrucei-me à beira daquela alma
P'ra ver toda riqueza e afetos que lhe dei! ...

— Ai! nada mais achaste! o abismo os devorara...
O pego se esqueceu da dádiva do Rei!

Na gruta do chacal ao menos restam ossos...
Mas tudo sepultou-me aquele amor cruel!

— Poeta! O coração da fria Messalina
É das fatais Danaides o pérfido Tonel!

Tuesday 25 July 2017

"The Book of Exodus" - Chapter XXXVII (translated into English)



Chapter 37

1 Bezalel made the ark of acacia wood, two and a half cubits long, one and a half cubits wide, and one and a half cubits high. 2 The inside and outside were plated with gold, and a molding of gold was put around it. 3 Four gold rings were cast and put on its four supports, two rings for one side and two for the opposite side. 4  Poles of acacia wood were made and plated with gold; 5 these were put through the rings on the sides of the ark, for carrying it. 6 The propitiatory was made of pure gold, two and a half cubits long and one and a half cubits wide. 7 Two cherubim of beaten gold were made for the two ends of the propitiatory, 8 one cherub fastened at one end, the other at the other end, springing directly from the propitiatory at its two ends. 9 The cherubim had their wings spread out above, covering the propitiatory with them. They were turned toward each other, but with their faces looking toward the propitiatory.
10 The table was made of acacia wood, two cubits long, one cubit wide, and one and a half cubits high. 11 It was plated with pure gold, and a molding of gold was put around it. 12 A frame a handbreadth high was also put around it, with a molding of gold around the frame. 13 Four rings of gold were cast for it and fastened, one at each of the four corners. 14 The rings were alongside the frame as holders for the poles to carry the table. 15 These poles were made of acacia wood and plated with gold. 16 The vessels that were set on the table, its plates and cups, as well as its pitchers and bowls for pouring libations, were of pure gold.
17 The lampstand was made of pure beaten gold--its shaft and branches as well as its cups and knobs and petals springing directly from it. 18 Six branches extended from its sides, three branches on one side and three on the other. 19 On one branch there were three cups, shaped like almond blossoms, each with its knob and petals; on the opposite branch there were three cups, shaped like almond blossoms, each with its knob and petals; and so for the six branches that extended from the lampstand. 20 On the shaft there were four cups, shaped like almond blossoms, with their knobs and petals, 21 including a knob below each of the three pairs of branches that extended from the lampstand. 22 The knobs and branches sprang so directly from it that the whole formed but a single piece of pure beaten gold. 23 Its seven lamps, as well as its trimming shears and trays, were made of pure gold. 24 A talent of pure gold was used for the lampstand and its various appurtenances.
25 The altar of incense was made of acacia wood, on a square, a cubit long, a cubit wide, and two cubits high, having horns that sprang directly from it. 26 Its grate on top, its walls on all four sides, and its horns were plated with pure gold; and a molding of gold was put around it. 27 Underneath the molding gold rings were placed, two on one side and two on the opposite side, as holders for the poles to carry it. 28 The poles, too, were made of acacia wood and plated with gold. 29 The sacred anointing oil and the fragrant incense were prepared in their pure form by a perfumer."