Friday 27 October 2017

“Peguei um "Ita" no Norte” by Dorival Caymmi (in Portuguese)



Peguei um "Ita" no norte
Pra vim pro Rio "morá"
Adeus meu pai, minha mãe
Adeus, Belém do Pará

Ai, ai, ai, ai
Adeus, Belém do Pará
Ai, ai, ai, ai
Adeus, Belém do Pará

Vendi meus "troço" que eu tinha
O resto eu dei pra "guardá"
Talvez eu volte pro ano
Talvez eu fique por lá

Ai, ai, ai, ai, etc. 

Mamãe me deu uns “conselho”
Na hora de eu "embarcá"
“Meu filho, ande direito
Que é pra Deus lhe "ajudá"”

Ai, ai, ai, ai, etc. 

Tô a bem tempo no Rio
Nunca mais voltei por lá
Pro mês "intera” dez anos
Adeus, Belém do Pará

 “Peguei um "Ita" no Norte” sung by Dorival Caymmi

Thursday 26 October 2017

"Apparecchio alla Morte" by St Alfonso Maria de Liguori (in Italian) – final

CONSIDERAZIONE XXXVI - DELL'UNIFORMITÀ ALLA VOLONTÀ DI DIO
«Et vita in voluntate eius» (Ps. 29. 6).

PUNTO I
            Tutta la nostra salute, e tutta la perfezione consiste nell'amare Dio. «Qui non diligit manet in morte» (1. Io. 3. 14). «Caritas est vinculum perfectionis» (Colos. 3). Ma la perfezione dell'amore consiste poi nell'uniformare la nostra alla divina volontà; poiché questo è l'effetto principale dell'amore, come dice l'Areopagita, unire le volontà degli amanti, sicché non abbiano che un solo cuore ed un solo volere. Intanto dunque piacciono a Dio l'opere nostre, le penitenze, le comunioni, le limosine, in quanto sono secondo la divina volontà; poiché altrimenti non sono virtuose, ma difettose e degne di castigo.
            Ciò venne principalmente ad insegnarci dal cielo col suo esempio il nostro Salvatore. Ecco quel ch'egli disse in entrare nel mondo, come scrive l'Apostolo: «Hostiam et oblationem noluisti, corpus autem aptasti mihi. Tunc dixi: Ecce venio, ut faciam, Deus, voluntatem tuam» (Heb. 10. 5). Voi, Padre mio, avete rifiutate le vittime degli uomini, volete ch'io vi sacrifichi colla morte questo corpo che m'avete dato, eccomi pronto a far la vostra volontà. E ciò più volte dichiarò, dicendo ch'egli non era venuto in terra, se non per fare la volontà del suo Padre: «Descendi de coelo, non ut faciam voluntatem meam, sed voluntatem eius qui misit me» (Io. 6. 38). Ed in ciò volle che conosciamo il suo grande amore al Padre, in vedere ch'Egli andava a morire, per ubbidire al di lui volere: «Ut cognoscat mundus, quia diligo Patrem, et sicut mandatum dedit mihi Pater, sic facio, surgite, eamus» (Io. 31. 14). Quindi poi disse ch'egli riconoscea per suoi solamente coloro che faceano la divina volontà: «Quicunque enim fecerit voluntatem Patris mei qui in coelis est, ipse meus frater, et soror, et mater est» (Matth. 12. 38). Questo poi è stato l'unico scopo e desiderio di tutt'i santi in tutte le loro opere, l'adempimento della divina volontà. Il B. Errico Susone diceva: «Io voglio esser più presto un verme più vile della terra colla volontà di Dio, che un Serafino colla mia». E S. Teresa: «Tutto ciò che dee procurare chi si esercita nell'orazione, è di conformare la sua volontà alla divina; e si assicuri (aggiungea) che in ciò consiste la più alta perfezione; chi più eccellentemente la praticherà, riceverà da Dio i più gran doni, e farà più progressi nella vita interiore». I beati del cielo per ciò amano perfettamente Dio, perché sono in tutto uniformati alla divina volontà. Quindi c'insegnò Gesu-Cristo a domandar la grazia di far la volontà di Dio in terra, come la fanno i santi in cielo: «Fiat voluntas tua, sicut in coelo et in terra». Chi fa la divina volontà, diventa uomo secondo il cuore di Dio, come appunto il Signore chiamava Davide: «Inveni virum secundum cor meum, qui faciet omnes voluntates meas» (1. Reg. 1. 14). E perché? perché Davide stava sempre apparecchiato ad eseguir ciò che volea Dio: «Paratum cor meum, Deus, paratum cor meum» (Ps. 56. 8 et Ps. 107. 2). Ed altro egli non cercava al Signore, che d'insegnargli a fare la sua volontà: «Doce me facere voluntatem tuam» (Ps. 142. 10).
            Oh quanto vale un atto di perfetta rassegnazione alla volontà di Dio! basta a fare un santo. Mentre S. Paolo perseguitava la Chiesa, Gesù gli apparve, l'illuminò e lo convertì. Il santo allora altro non fece, che offerirsi a fare il voler divino: «Domine, quid me vis facere?» (Actor. 9. 6). Ed ecco che Gesu-Cristo subito lo dichiarò vaso d'elezione, e apostolo delle genti: «Vas electionis est mihi iste, ut portet nomen meum coram gentibus» (Act. 9. 15). Chi fa digiuni, chi fa limosine, chi si mortifica per Dio, dona a Dio parte di sé; ma chi gli dona la sua volontà gli dona tutto. E questo è quel tutto, che Dio ci dimanda, il cuore, cioè la volontà: «Fili mi, praebe cor tuum mihi» (Prov. 23). Questa insomma ha da essere la mira di tutt'i nostri desideri, delle nostre divozioni, meditazioni, comunioni ecc. l'adempire la divina volontà. Questo ha da esser lo scopo di tutte le nostre preghiere, l'impetrare la grazia di eseguire ciò che Dio vuole da noi. Ed in ciò abbiamo da domandare l'intercessione de' nostri santi avvocati e specialmente di Maria SS., che c'impetrino luce e forza di uniformarci alla volontà di Dio in tutte le cose; ma specialmente in abbracciar quelle a cui ripugna il nostro amor proprio. Dicea il Ven. Giovanni d'Avila: «Vale più un benedetto sia Dio nelle cose avverse, che sei mila ringraziamenti nelle cose a noi dilettevoli».

Affetti e preghiere
            Ah mio Dio, tutta la mia ruina è stata per lo passato in non volermi uniformare alla vostra santa volontà. Detesto e maledico mille volte que' giorni e quei momenti, in cui per fare la mia volontà ho contraddetto al vostro volere, o Dio dell'anima mia. Ora tutta a Voi la dono; ricevetela, o mio Signore, e legatela talmente al vostro amore, che da Voi non possa più ribellarsi. V'amo, bontà infinita, e per l'amore che vi porto, a voi tutto mi offerisco. Disponete Voi di me e di tutte le cose mie come vi piace, ch'io in tutto mi rassegno a' vostri santi voleri. Liberatemi dalla disgrazia di far cosa contra la vostra volontà, e poi trattatemi come volete. Eterno Padre, esauditemi per amore di Gesu-Cristo. Gesù mio, esauditemi per li meriti della vostra passione.
            E Voi Maria SS., aiutatemi; impetratemi questa grazia di eseguire in me la divina volontà, in cui consiste tutta la mia salute; e niente più vi domando.


PUNTO II
            Bisogna uniformarci non solo in quelle cose avverse che ci vengono direttamente da Dio, come sono le infermità, le desolazioni di spirito, le perdite di robe o di parenti; ma anche in quelle che ci vengono anche da Dio, ma indirettamente, cioè per mezzo degli uomini, come le infamie, i dispregi, le ingiustizie e tutte l'altre sorte di persecuzioni. Ed avvertiamo che quando siamo offesi da taluno nella roba, o nell'onore, non vuole già Dio il peccato di colui che ci offende, ma ben vuole la nostra povertà e la nostra umiliazione. È certo che quanto succede, tutto avviene per divina volontà: «Ego Dominus formans lucem et tenebras, faciens pacem, et creans malum» (Is. 45. 7). E prima lo disse l'Ecclesiastico: «Bona et mala, vita et mors a Deo sunt» (Eccli. 11. 14). Tutti in somma vengono da Dio, così i beni, come i mali.
               Si chiamano mali, perché noi li chiamiamo così, e noi li facciamo mali; poiché se noi l'accettassimo, come dovressimo con rassegnazione dalle mani di Dio, diventerebbero per noi non mali, ma beni. Le gioie che rendono più ricca la corona de' santi, sono le tribolazioni accettate per Dio, pensando che tutto viene dalle sue mani. Il santo Giobbe, quando fu avvisato che i Sabei si avevan prese le sue robe, che rispose? «Dominus dedit, Dominus abstulit» (Iob. 1. 21). Non disse già, il Signore mi ha dati questi beni, ed i Sabei me l'han tolti; ma il Signore me l'ha dati, e 'l Signore me l'ha tolti. E perciò lo benediceva, pensando che tutto era avvenuto per suo volere: «Sicut Domino placuit, ita factum est, sit nomen Domini benedictum» (Ibid.). I santi martiri Epitetto ed Atone, quando erano tormentati con uncini di ferro e torce ardenti, altro non diceano: «Signore, si faccia in noi la vostra volontà!» E morendo, queste furono l'ultime parole che dissero: «Siate benedetto, o Dio eterno, poiché ci date la grazia di adempire in noi il vostro santo beneplacito». Narra Cesario (lib. 10. cap. 6) che un certo monaco, con tutto che non facesse vita più austera degli altri, nondimeno facea molti miracoli. Di ciò maravigliandosi l'Abbate, gli domandò un giorno, quali divozioni egli praticasse? Rispose che egli era più imperfetto degli altri, ma che solo a questo era tutto intento, ad uniformarsi in ogni cosa alla divina volontà. E di quel danno (ripigliò il superiore) che giorni sono ci fece quel nemico nel nostro podere, voi non ne aveste alcun dispiacere? No, padre mio, disse, anzi ne ringraziai il Signore, mentr'egli tutto fa o permette per nostro bene. E da ciò l'Abbate conobbe la santità di questo buon religioso.
            Lo stesso dobbiamo far noi, quando ci accadono le cose avverse, accettiamole tutte dalle divine mani, non solo con pazienza, ma con allegrezza, ad esempio degli apostoli, che godeano nel vedersi maltrattati per amore di Gesu-Cristo: «Ibant gaudentes a conspectu concilii, quoniam digni habiti sunt pro nomine Iesu contumeliam pati» (Act. 5. 41). E che maggior contento che soffrire qualche croce e sapere che abbracciandola noi diamo gusto a Dio? Se vogliamo dunque vivere con una continua pace, procuriamo da ogg'innanzi di abbracciarci col divino volere, con dir sempre in tutto ciò che ci avviene: «Ita, Pater, quoniam sic fuit placitum ante te» (Matth. 11. 26). Signore, così è piaciuto a Voi, così sia fatto. A questo fine dobbiamo indrizzare tutte le nostre meditazioni, comunioni, visite e preghiere: pregando sempre Dio che ci faccia uniformare alla sua volontà. Ed offeriamoci sempre dicendo: Mio Dio, eccoci, fatene di noi quel che vi piace. S. Teresa almeno cinquanta volte il giorno si offeriva a Dio, acciocché avesse di lei disposto come volea.

Affetti e preghiere
            Ah divino mio Re, amato mio Redentore, venite e regnate voi solo da oggi avanti nell'anima mia. Prendetevi tutta la mia volontà sicché ella non desideri, né voglia se non quello che volete Voi, Gesù mio. Per lo passato io v'ho tanto disgustato opponendomi a' vostri santi voleri; ciò mi dà maggior pena, che se avessi patito ogni altro male: me ne pento, me ne dispiace con tutto il cuore. Merito il castigo, io non lo ricuso, l'accetto; liberatemi solo dal castigo di privarmi del vostro amore, e poi fate di me quel che vi piace. V'amo, caro mio Redentore, v'amo, mio Dio; e perché v'amo voglio fare tutto quello che volete Voi. O volontà di Dio, Voi siete l'amor mio. O sangue del mio Gesù, Voi siete la speranza mia; da Voi spero da ogg'innanzi di star sempre unito alla divina volontà: ella sarà la mia guida, il mio desiderio, il mio amore e la mia pace. In quella voglio sempre vivere, e riposare. «In pace in idipsum dormiam, et requiescam». Dirò sempre in tutto ciò che mi avverrà: Dio mio, così avete voluto Voi, così voglio io: Dio mio, voglio solo quel che volete Voi; si faccia in me sempre la vostra volontà, «fiat voluntas tua». Gesù mio, per li meriti vostri concedetemi la grazia ch'io vi replichi sempre questo bel detto d'amore: «Fiat voluntas tua, fiat voluntas tua».
                     O Maria madre mia, beata Voi che adempiste sempre ed in tutto la divina volontà; impetratemi Voi, che da oggi avanti l'adempisca io ancora. Regina mia, per quanto amate Gesu-Cristo, impetratemi questa grazia: da Voi la spero.

PUNTO III
            Chi sta unito alla divina volontà, gode anche in questa terra una perpetua pace: «Non contristabit iustum, quidquid ei acciderit» (Prov. 12. 21). Sì, perché un'anima non può avere maggior contento che di vedere adempirsi quant'ella vuole. Chi non vuole altro se non quello che vuole Dio, ha quanto vuole, perché già quanto succede, tutto avviene per volontà di Dio. L'anime rassegnate, dice Salviano, se sono umiliate, questo vogliono; se patiscono povertà, vogliono esser povere; in somma vogliono tutto ciò che accade, e perciò menano una vita beata: «Humiles sunt, hoc volunt: pauperes sunt, paupertate delectantur; itaque beati dicendi sunt». Viene il freddo, il caldo, la pioggia, il vento, e chi sta unito alla volontà di Dio, dice: Io voglio questo freddo, questo caldo ecc., perché così vuole Dio. Viene quella perdita, quella persecuzione, viene l'infermità, viene la morte, e quegli dice: Io voglio esser misero, perseguitato, infermo, voglio anche morire, perché così vuole Dio. Chi riposa nella divina volontà, e si compiace di tutto ciò che fa il Signore, è come stesse di sopra alle nubi, vede le tempeste che sotto di quelle infuriano, ma non resta da loro né leso, né perturbato. Questa è quella pace, come dice l'Apostolo, che «exsuperat omnem sensum» (Ephes. 3. 2), che avanza tutte le delizie del mondo, ed è una pace stabile, che non ammette vicende: «Stultus sicut luna mutatur, sapiens in sapientia manet sicut sol» (Eccli. 27. 12). Lo stolto (cioè il peccatore) si muta come la luna, che oggi cresce e domani manca: oggi si vede ridere, domani piangere, oggi allegro e tutto mansueto, domani afflitto e furibondo; in somma si muta, come si mutano le cose prospere o avverse che gli accadono. Ma il giusto è come il sole, sempre eguale ed uniforme nella sua tranquillità, in ogni cosa che avviene; poiché la sua pace sta nell'uniformarsi alla divina volontà. «Et in terra pax hominibus bonae voluntatis» (Luc. 2. 14). S. Maria Maddalena de Pazzi in sentir nominare «Volontà di Dio», sentiva talmente consolarsi, che usciva fuori di sé in estasi d'amore. Nella parte inferiore non manca di farsi sentire qualche puntura delle cose avverse, ma nella superiore regnerà sempre la pace, quando la volontà sta unita a quella di Dio. «Gaudium vestrum nemo tollet a vobis» (Io. 16. 22). Ma che pazzia è quella di coloro, che ripugnano al volere di Dio! Quel che vuole Iddio, si ha senza meno da adempire. «Voluntati eius quis resistit?» (Rom. 9. 19). Onde i miseri han da soffrir già la croce, ma senza frutto, e senza pace. «Quis restitit ei, et pacem habuit?» (Iob. 9. 4).
            E che altro vuole Dio, se non il nostro bene? «Voluntas Dei sanctificatio vestra» (1. Thess. 4. 3). Vuol vederci santi, per vederci contenti in questa vita, e beati nell'altra. Intendiamo che le croci che ci vengono da Dio, «omnia cooperantur in bonum» (Rom. 8. 28). Anche i castighi in questa vita non vengono per nostra ruina, ma affinché ci emendiamo e ci acquistiamo la beatitudine eterna. «Ad emendationem non ad perditionem nostram evenisse credamus» (Iudt. 8. 27). Iddio ci ama tanto, che non solo brama, ma è sollecito della salute di ciascuno di noi. «Deus sollicitus est mei» (Psal. 39. 18). E che mai ci negherà quel Signore, che ci ha dato il medesimo suo Figlio? «Qui proprio Filio suo non pepercit, sed pro nobis omnibus tradidit illum, quomodo non etiam cum illo omnia nobis donavit?» (Rom. 8. 32). Abbandoniamoci dunque sempre nelle mani di quel Dio, il quale sempre ha premura del nostro bene, mentre siamo in questa vita. «Omnem sollicitudinem vestram proiicientes in eum, quoniam ipsi cura est de vobis» (1. Petr. 5. 7). Pensa tu a me (disse il Signore a S. Caterina di Siena), ed io penserò sempre a te. Diciamo spesso colla sacra sposa: «Dilectus meus mihi, et ego illi» (Cant. 2. 16). L'amato mio pensa al mio bene, ed io non voglio pensare ad altro che a compiacerlo, e ad unirmi alla sua santa volontà. E non dobbiamo pregare, dicea il santo Abbate Nilo, che Dio faccia quel che vogliamo noi, ma che noi facciamo quel ch'egli vuole.
            Chi fa sempre cosi farà una vita beata ed una morte santa. Chi muore tutto rassegnato nella divina volontà lascia agli altri una moral certezza della sua salvazione. Ma chi in vita non sarà unito al voler divino, non lo sarà neppure in morte, e non si salverà. Procuriamo dunque di renderci familiari alcuni detti della Scrittura, co' quali ci terremo sempre uniti alla volontà di Dio. «Domine, quid me vis facere?» Signore, ditemi che volete da me, che tutto voglio farlo. «Ecce ancilla Domini»: Ecco l'anima mia è vostra serva, comandate, e sarete ubbidito. «Tuus sum ego, salvum me fac»: Salvatemi, Signore, e poi fatene di me quel che vi piace; io son vostro, non sono più mio. Quando accade qualche avversità più pesante, diciamo subito: «Ita, Pater, quoniam sic fuit placitum ante te» (Matth. 11. 26). Dio mio, così è piaciuto a Voi, così sia fatto. Sopra tutto siaci cara la terza petizione del Pater noster: «Fiat voluntas tua sicut in coelo et in terra». Diciamola spesso con affetto e replichiamola più volte. Felici noi se viviamo e terminiamo la vita dicendo così: «Fiat, fiat voluntas tua!»

Affetti e preghiere
            O Gesù mio Redentore, Voi avete consumata la vostra vita sulla croce a forza di dolori, per rendervi la causa della mia salute. Abbiate dunque pietà di me e salvatemi; e non permettete che un'anima redenta da Voi con tante pene e con tanto amore abbia da odiarvi eternamente nell'inferno. Voi non avete più che fare per obbligarmi ad amarvi. Ciò voleste darmi ad intendere, allorché prima di spirar sul Calvario diceste quelle amorose parole: «Consummatum est». Ma come io poi ho riconosciuto il vostro amore? per lo passato ben posso dire ch'io non ho avuto più che fare per disgustarvi ed obbligarvi a odiarmi. Vi ringrazio che mi avete sopportato con tanta pazienza, ed ora mi date tempo di rimediare alla mia sconoscenza, e di amarvi prima di morire. Sì, voglio amarvi, e voglio amarvi assai, mio Salvatore, mio Dio, mio amore e mio tutto; e voglio far tutto quel che piace a Voi; vi dono tutta la mia volontà, tutta la mia libertà e tutte le cose mie. Vi sagrifico da ora anche la mia vita, accettando quella morte che mi manderete, con tutte le pene e circostanze che l'accompagneranno. Unisco da ora questo mio sagrificio al gran sagrificio che Voi, Gesù mio, faceste per me della vostra vita sulla croce. Voglio morire per fare la vostra volontà. Deh per li meriti della vostra passione datemi la grazia di stare in vita sempre rassegnato alle vostre disposizioni; e quando verrà la morte, fate ch'io l'abbracci con una totale uniformità al vostro santo beneplacito. Voglio morire dicendo: «Fiat voluntas tua».
            Maria madre mia, così moriste Voi; impetratemi ch'io ancora muoia così.

Wednesday 25 October 2017

"Apparecchio alla Morte" by St Alfonso Maria de Liguori (in Italian) – XXXVI

CONSIDERAZIONE XXXV - DELLA DIMORA AMOROSA CHE FA GESU' SUGLI ALTARI NEL SS. SAGRAMENTO
«Venite ad me omnes qui laboratis, et onerati estis, et ego reficiam vos» (Matth. 11. 28).

PUNTO I
            Il nostro amante Salvatore, dovendo partire da questo mondo, dopo di aver colla sua morte compita l'opera della nostra redenzione, non volle lasciarci soli in questa valle di lagrime. «Niuna lingua è bastante (dicea S. Pietro d'Alcantara), a poter dichiarare la grandezza dell'amore, che Gesù porta ad ogni anima; e perciò volendo questo sposo partire da questa vita, acciocché questa sua assenza non le fosse cagione di scordarsi di lui, le lasciò per memoria questo SS. Sagramento, nel quale Egli stesso rimanea, non volendo che tra ambedue restasse altro pegno per tenere svegliata la memoria ch'Egli medesimo». Merita dunque da noi grande amore questo gran tratto d'amore di Gesu-Cristo; e perciò in questi ultimi nostri tempi Egli ha voluto che s'istituisse la festa in onore del suo SS. Cuore, come si porta rivelato alla sua serva suor Margherita Maria Alacoque, affinché noi rendessimo co' nostri ossequi ed affetti qualche contraccambio alla sua amorosa dimora che fa sugli altari: e così insieme compensassimo i disprezzi che in questo Sagramento d'amore Egli ha ricevuti e riceve tuttavia dagli eretici e da' mali cristiani.
            Gesù si è lasciato nel SS. Sagramento, 1. per farsi trovare da tutti; 2. per dare udienza a tutti; 3. per far grazie a tutti. E per 1. Egli si fa trovare in tanti diversi altari, per farsi trovare da tutti che desiderano di trovarlo. In quella notte in cui il Redentore stavasi licenziando da' discepoli per andar alla morte, addolorati quelli piangeano, pensando di doversi dividere dal loro caro maestro; ma Gesù li consolava dicendo (e lo stesso diceva allora anche a noi): Figli miei, io vado a morire per voi, per dimostrarvi l'amore che vi porto; ma anche morendo non voglio lasciarvi soli; finché voi sarete sulla terra, voglio con voi restarmi nel SS. Sagramento dell'altare. Io vi lascio il mio corpo, l'anima mia, la mia divinità e tutto me stesso. No, finché voi starete sulla terra, io non voglio separarmi da voi. «Ecce vobiscum sum usque ad consummationem saeculi» (Matth. 28. 20). «Volea lo sposo (scrisse S. Pietro d'Alcantara) lasciare alla sua sposa in questa sì lunga lontananza qualche compagnia, acciocché non rimanesse sola, e perciò lasciò questo Sagramento, in cui rimase esso stesso, ch'era la miglior compagnia che potesse lasciarle». I gentili si han finti tanti dei, ma non han saputo fingersi un Dio più amoroso del nostro, e che ci sta più vicino e ci assiste con tanto amore. «Non est alia natio tam grandis, quae habeat deos appropinquantes sibi, sicut Deus noster adest nobis».Così appunto la S. Chiesa applica questo passo del Deuteronomio (al cap. 4. v. 7) alla festa del SS. Sagramento (Resp. 2. Noct. 3).
            Ecco dunque Gesu-Cristo, che se ne sta negli altari, come ristretto in tante prigioni d'amore. Lo cacciano i sacerdoti dalle custodie per esporlo, o per dar la comunione, e poi lo ritornano a chiudere. E Gesù se ne contenta di restarsene ivi il giorno e la notte. Ma che serviva, mio Redentore, a restarvi in tante chiese anche la notte, mentre le genti serrano le porte e vi lasciano solo? Bastava trattenervi solamente nelle ore del giorno. No, vuol Egli starsene anche la notte benché solo, aspettando che la mattina subito lo trovi chi lo cerca. Andava la sacra sposa cercando il suo diletto, e dimandava a chi incontrava: «Num quem diligit anima mea vidistis?» (Cant. 3. 3). E non trovandolo alzava la voce, dicendo: Sposo mio, fatemi sapere dove state: «Indica mihi ubi pascas, ubi cubes in meridie» (Cant. 1. 6). Allora la sposa non lo trovava, perché non vi era ancora il SS. Sagramento; ma al presente, se un'anima vuol trovare Gesu-Cristo, basta che vadi alla parrocchia, o a qualche monastero, ed ivi troverà il suo diletto che l'aspetta. Non vi è villaggio per misero che sia, non vi è monastero di religiosi, che non tenga il SS. Sagramento; ed in tutti quei luoghi il Re del cielo si contenta di starsene chiuso in una cassettina di legno, o in una pietra, dove spesso se ne resta solo, appena con una lampa d'olio, senza chi l'assista. Ma, Signore (dice S. Bernardo), ciò non conviene alla vostra maestà. Non importa, risponde Gesù, se ciò non conviene alla mia maestà, ben conviene al mio amore.
            Or qual tenerezza sentono i pellegrini in visitare la santa casa di Loreto, o i luoghi di Terra santa, la stalla di Betlemme, il Calvario, il santo Sepolcro, dove Gesu-Cristo nacque, o abitò, o morì, o fu sepolto! Ma quanto maggiore dee esser la nostra tenerezza, in trovarci in una chiesa alla presenza di Gesù medesimo, che sta nel SS. Sagramento? Diceva il Ven. P. Giovanni d'Avila ch'egli non sapea trovare santuario di maggior divozione e consolazione, che una chiesa dove sta Gesù sagramentato. Ma piangeva all'incontro il P. Baltassarre Alvarez in vedere i palagi de' principi pieni di gente, e le chiese dove sta Gesu-Cristo abbandonate e sole. Oh Dio, se il Signore si fosse lasciato in una sola chiesa della terra, v. gr. solo in S. Pietro in Roma, e si facesse ivi trovare solamente in un solo giorno dell'anno, oh quanti pellegrini, quanti nobili e quanti monarchi procurerebbero d'aver la sorte di trovarsi ivi in quel giorno, a corteggiare il Re del cielo ritornato in terra! Oh che nobil tabernacolo d'oro adornato di gemme gli sarebbe apprestato! Oh con qual apparato di lumi si solennizzerebbe in quel giorno questa dimora di Gesu-Cristo! Ma no, dice il Redentore, Io non voglio dimorare in una sola chiesa, né per un solo giorno; né ricerco tante ricchezze e tanti lumi, io voglio dimorar continuamente in tutti i giorni ed in tutti i luoghi, dove si ritrovano i miei fedeli, acciocché tutti mi ritrovino facilmente, e sempre ad ogni ora che vogliono.
            Ah che se Gesu-Cristo non avesse pensato a questa finezza d'amore, chi mai avrebbe potuto pensarvi? Quando Egli se n'ascese al cielo, se alcuno gli avesse detto allora: Signore, se volete dimostrarci il vostro affetto, restatevi con noi sugli altari sotto le specie di pane, acciocché ivi possiamo trovarvi quando vogliamo; qual temerità sarebbe stata stimata questa domanda? Ma quello che non ha saputo neppure pensare alcuno degli uomini, l'ha pensato e l'ha fatto il nostro Salvatore. Ma oimè dov'è la nostra gratitudine ad un tanto favore? Se venisse un principe da lontano in un paese a posta per esser visitato da un villano, che ingratitudine sarebbe del villano, se non volesse vederlo, o vederlo sol di passaggio?

Affetti e preghiere
            O Gesù mio Redentore, o amore dell'anima mia, a Voi quanto è costato il rimanervi con noi in questo Sagramento? Voi avete dovuto prima patir la morte, per potervi restare su i nostri altari; e poi avete dovuto soffrir tante ingiurie in questo Sagramento per assisterci colla vostra presenza. E noi possiamo esser così pigri, e trascurati in venire a visitarvi, sapendo che Voi tanto gradite le nostre visite, per colmarci di beni, allorché ci vedete alla vostra presenza? Signore, perdonatemi mentre fra questi ingrati vi sono stato ancor'io. Da ogg'innanzi, Gesù mio, voglio spesso visitarvi e trattenermi quanto più posso alla vostra presenza, a ringraziarvi, ad amarvi ed a cercarvi grazie, giacché a questo fine Voi vi siete restato in terra chiuso ne' tabernacoli e fatto nostro prigioniero d'amore. V'amo, bontà infinita, v'amo, o Dio d'amore, v'amo, o sommo bene, amabile più d'ogni bene. Fate ch'io mi scordi di me e di tutto, per ricordarmi solo del vostro amore, e per vivere la vita, che mi resta, tutta occupata a darvi gusto. Fate ch'io da oggi avanti non trovi maggior delizia, che di trattenermi a' piedi vostri. Infiammatemi tutto del vostro santo amore.
            Maria madre mia, impetratemi un grande amore al SS. Sagramento, e quando mi vedete trascurato, ricordatemi Voi la promessa, che ora fo di andare a visitarlo ogni giorno.


PUNTO II
            Per 2. Gesu-Cristo nel Sagramento dà udienza a tutti. Dicea S. Teresa che non tutti in questa terra possono parlare col principe. I poveri appena posson sperare di parlargli e fargli sentire le loro necessità per mezzo di qualche terza persona: ma col Re del cielo non vi vogliono terze persone, tutti, e nobili e poveri posson parlarci, stando egli nel Sagramento, da faccia a faccia. Perciò si chiama Gesù fiore de' campi: «Ego flos campi, et lilium convallium» (Cantic. 2. 1). I fiori de' giardini stan chiusi e riserbati, ma i fiori de' campi stanno esposti a tutti. «Ego flos campi», commenta Ugon Cardinale, «quia omnibus me exhibeo ad inveniendum».
          Con Gesu-Cristo dunque nel Sagramento possono parlarci tutti, e ad ogni ora del giorno. S. Pier Grisologo (parlando della nascita del Redentore nella stalla di Betlemme) dice che i re non danno sempre udienza; spesso accade che andando taluno a parlare col principe, le guardie lo licenziano con dirgli che non è tempo allora di udienza, che venga appresso. Ma il Redentore volle nascere in una spelonca aperta, senza porte e senza guardie, per dare udienza a tutti, e ad ogni ora: «Non est satelles, qui dicat non est hora». Lo stesso avviene con Gesù nel SS. Sagramento. Stanno aperte continuamente le chiese, ognuno può andare a parlare col Re del cielo sempre che vuole. E vuole Gesu-Cristo che gli parliamo ivi con tutta la nostra confidenza, perciò si è posto sotto le specie di pane. Se Gesù comparisse sugli altari in un trono di luce, come comparirà nel giudizio finale, chi di noi avrebbe l'animo di accostarsegli vicino? Ma perché il Signore, dice S. Teresa, desidera che noi gli parliamo e gli cerchiamo le grazie con confidenza e senza timore, perciò ha coverta la sua maestà colle specie di pane. Egli desidera, come dice ancora Tommaso da Kempis, che noi ci trattiamo, come tratta un amico coll'altro amico, «ut amicus ad amicum».
Quando l'anima si trattiene a piè d'un altare, par che Gesù le dica quelle parole de' Cantici: «Surge, propera, amica mea, formosa mea, et veni» (Cant. 2. 10). «Surge», alzati, anima, le dice, non temere. «Propera», accostati a me vicino; «amica mea», non mi sei più nemica, mentre m'ami e sei pentita d'avermi offeso: «formosa mea», non sei più deforme agli occhi miei, la mia grazia ti ha fatta bella; «et veni», vieni su, dimmi quel che vuoi, a posta io sto in questo altare. Qual gaudio sentiresti, lettor mio, se ti chiamasse il re nel suo gabinetto e ti dicesse: Dimmi che vuoi? che ti bisogna? io t'amo e desidero di farti bene. Questo dice il Re del cielo Gesu-Cristo a tutti coloro che lo visitano: «Venite ad me omnes qui laboratis et onerati estis, et ego reficiam vos» (Matth. 11. 28). Venite poveri, infermi, afflitti, ch'io posso e voglio arricchirvi, sanarvi e consolarvi. A questo fine io mi trattengo sugli altari. «Clamabis, et dicet: Ecce adsum» (Isa. 58. 9).

Affetti e preghiere
            Giacché dunque, amato mio Gesù, Voi vi trattenete sugli altari, per sentire le suppliche de' miserabili che a Voi ricorrono, sentite oggi la supplica che vi fo io misero peccatore. O Agnello di Dio, sagrificato e morto sulla croce, io sono un'anima redenta col vostro sangue; perdonatemi tutte l'ingiurie che v'ho fatte, e assistetemi colla vostra grazia, acciocché io non vi perda più. Fatemi parte, Gesù mio, di quel dolore, che voi aveste de' peccati miei nell'orto di Getsemani. O mio Dio, non vi avessi mai offeso! Caro mio Signore, s'io moriva in peccato, non vi potrei più amare; ma Voi per questo mi avete aspettato, acciocché io v'ami. Vi ringrazio di questo tempo che mi concedete; e giacché ora posso amarvi, io voglio amarvi. Datemi la grazia Voi del vostro santo amore: ma di un tale amore, che mi faccia scordare di tutto, per pensare solamente a compiacere il vostro amantissimo Cuore. Ah Gesù mio, voi avete consumata tutta la vostra vita per me, fate ch'io consumi almeno per Voi la vita che mi resta. Tiratemi tutto al vostro amore; fatemi tutto vostro, prima ch'io muoia. Spero tutto ai meriti della vostra passione.
            E spero ancora alla vostra intercessione, o Maria; Voi sapete ch'io v'amo, abbiate pietà di me.

 
PUNTO III
            Gesù nel Sagramento dà udienza a tutti, per far grazie a tutti. Dice S. Agostino che ha più desiderio il Signore di dispensare le sue grazie a noi che noi di riceverle: «Plus vult ille tibi benefacere, quam tu accipere concupiscas». E la ragione è, perché Dio è bontà infinita, e la bontà di sua natura è diffusiva, sì che desidera di comunicare i suoi beni a tutti. Si lamenta Iddio, quando l'anime non vengono a cercargli le grazie: «Nunquid solitudo factus sum Israeli? aut terra serotina? Quare ergo dixit populus meus, non veniemus ultra ad te?» (Ier. 2. 31). Perché (dice il Signore) non volete più venire a me? che forse mi avete ritrovato come terra sterile o tardiva, quando mi avete cercate le grazie? S. Giovanni vide il Signore col petto pieno di latte, cioè di misericordia, e cinto da una fascia d'oro, cioè dall'amore, col quale egli desidera di dispensare a noi le sue grazie. «Vidi praecinctum ad mamillas zona aurea» (Apoc. 1. 13). Gesu-Cristo sempre sta pronto a beneficarci, ma dice il Discepolo, che specialmente nel SS. Sagramento egli dispensa le grazie con più abbondanza. E 'l B. Errico Susone dicea che Gesù nel Sagramento esaudisce più volentieri le nostre preghiere.
            Siccome una madre che tiene il petto ripieno di latte, va trovando bambini che vengano a succhiare, acciocché la sgravino da quel peso, così appunto il Signore da questo Sagramento d'amore ci chiama tutti, e ci dice: «Ad ubera mea portabimini... quomodo si cui mater blandiatur, ita ego consolabor vos» (Is. 66. 13). Il P. Baltassarre Alvarez vide appunto Gesù nel SS. Sagramento colle mani piene di grazie, per donarle agli uomini; ma non trovava chi le volesse.
            O beata quell'anima, che se ne sta a piè d'un altare a domandar grazie a Gesu-Cristo! La contessa di Feria, fatta monaca di S. Chiara, se ne stava sempre che poteva avanti il SS. Sagramento, ed ivi riceveva continuamente tesori di grazie. Dimandata un giorno che facesse tante ore innanzi al Venerabile? Rispose: «Io vi starei tutta l'eternità. Che si fa innanzi al SS. Sagramento? e che cosa non si fa? che fa un povero avanti un ricco? che fa un infermo avanti un medico? che si fa? si ringrazia, si ama, si domanda». Oh quanto vagliono queste ultime parole per trattenersi con frutto avanti il SS. Sagramento.
            Si lamentò Gesu-Cristo colla mentovata serva di Dio suor Margherita Alacoque dell'ingratitudine che gli usano gli uomini in questo Sagramento d'amore, allorché fe' vederle il suo Cuore circondato di spine, con una croce di sopra, in un trono di fiamme, dandole con ciò ad intendere l'amorosa dimora ch'Egli fa nel Sagramento, e poi le disse così: Ecco quel Cuore che tanto ha amato gli uomini, e che non ha risparmiato niente: è giunto a consumarsi per dimostrar loro il suo amore. Ma io per riconoscenza non ricevo che ingratitudini dalla maggior parte, per le irriverenze e disprezzi che mi fanno in questo Sagramento d'amore. E ciò che più m'è sensibile, è che sono cuori a me consagrati». Non vanno gli uomini a trattenersi con Gesu-Cristo, perché non l'amano. Piace loro star le ore intere a parlare con un amico, e poi loro dà tedio il trattenersi una mezz'ora con Gesu-Cristo! Dirà taluno: Ma perché Gesu-Cristo non mi concede il suo amore? Ma io rispondo: Se voi non discacciate dal cuore l'amore della terra, come vuol entrarvi l'amor divino? Ah che se voi poteste veramente dire col cuore quel che dicea S. Filippo Neri a vista del SS. Sagramento: «Ecco l'amor mio, ecco l'amor mio»; non avreste voi tedio a trattenervi le ore e le giornate intere avanti il SS. Sagramento.
            Ad un'anima innamorata di Dio le ore avanti Gesù sagramentato sembrano momenti. S. Francesco Saverio tutto il giorno faticava per le anime, e nella notte poi quale era il suo riposo? era il trattenersi avanti il SS. Sagramento. S. Gio. Francesco Regis, quel gran missionario della Francia, dopo avere spesa tutta la giornata in confessare e predicare, se n'andava la notte alla chiesa, e trovandola qualche volta chiusa, restava a trattenersi fuori della porta al freddo e al vento, per corteggiare almeno così da lontano il suo amato Signore. S. Luigi Gonzaga desiderava di starsene sempre avanti il SS. Sagramento, ma perché gli era stato imposto da' superiori a non trattenervisi; passando per l'altare, e sentendosi da Gesù tirato a trattenersi, era costretto a partire per far l'ubbidienza; onde poi il santo giovine amorosamente gli dicea: «Recede a me, Domine, recede»: Signore, non mi tirate, lasciatemi partire, così vuol l'ubbidienza. Ma se tu, fratello mio, non provi questo amore a Gesu-Cristo, procura tu di visitarlo ogni giorno, ch'egli ben t'infiammerà il cuore. Ti senti freddo? accostati al fuoco, dicea S. Caterina da Siena. Ed oh beato te, se Gesù ti fa la grazia d'infiammarti del suo amore. Allora certamente che più non amerai altro che Gesù, e disprezzerai tutte le cose della terra. Dice S. Francesco di Sales: «Quando va a fuoco la casa, si buttano tutte le robe dalla finestra».

Affetti e preghiere
            Ah Gesù mio, fatevi conoscere, e fatevi amare. Voi siete così amabile; Voi non avete più che fare per farvi amare dagli uomini, e come poi tanti pochi fra gli uomini son quelli che v'amano? Ohimè che fra questi ingrati misero sono stato ancor io. Sono stato ben grato colle creature, se mi han fatto qualche dono o favore; solo con Voi che m'avete donato Voi stesso, sono stato un ingrato, sino a disgustarvi tante volte gravemente, e ad ingiuriarvi co' miei peccati. Ma vedo che Voi in vece d'abbandonarmi, seguite a venirmi appresso e a chiedere il mio amore. Sento che seguite ad intimarmi l'amoroso precetto: «Diliges Dominum Deum tuum ex toto corde tuo». Giacché dunque Voi anche da me ingrato volete esser amato, sì che vi voglio amare. Voi desiderate il mio amore, ed io al presente favorito dalla vostra grazia altro non desidero che amarvi. V'amo, mio amore, mio tutto. Aiutatemi ad amarvi, per quel sangue che avete sparso per me. Amato mio Redentore, a questo sangue io metto tutte le mie speranze, ed all'intercessione della vostra SS. Madre, le preghiere della quale volete Voi che aiutino la nostra salute.
            O Maria madre mia, pregate Gesù per me: Voi accendete nell'amor divino tutt'i vostri amanti, accendete ancor me che tanto v'amo

“O Canto do Índio” by Gonçalves Dias (in Portuguese)



Quando o sol vai dentro d’água
Seus ardores sepultar,
Quando os pássaros nos bosques
Principiam a trinar;
Eu a vi, que se banhava...
Era bela, ó Deuses, bela,
Como a fonte cristalina,
Como luz de meiga estrela.
Ó Virgem, Virgem dos Cristãos formosa,
Porque eu te visse assim, como te via,
Calcara agros espinhos sem queixar-me,
Que antes me dera por feliz de ver-te.
O tacape fatal em terra estranha
Sobre mim sem temor veria erguido;
Dessem-me a mim somente ver teu rosto
Nas águas, como a lua, retratado.
Eis que os seus loiros cabelos
Pelas águas se espalhavam,
Pelas águas, que de vê-los
Tão loiros se enamoravam.
Ela erguia o colo ebúrneo,
Por que melhor os colhesse;
Níveo colo, quem te visse,
Que de amores não morresse!
Passara a vida inteira a contemplar-te,
Ó Virgem, loira Virgem tão formosa,
Sem que dos meus irmãos ouvisse o canto,
Sem que o som do Boré que incita à guerra
Me infiltrasse o valor que m’hás roubado,
Ó Virgem, loira Virgem tão formosa.
As vezes, quando um sorriso
Os lábios seus entreabria,
Era bela, oh! mais que a aurora
Quando a raiar principia.
Outra vez - dentre os seus lábios
Uma voz se desprendia;
Terna voz, cheia de encantos,
Que eu entender não podia.
Que importa? Esse falar deixou-me n’alma
Sentir d’amores tão sereno e fundo,
Que a vida me prendeu, vontade e força
Ah! que não queiras tu viver comigo,
Ó Virgem dos Cristãos, Virgem formosa!
Sobre a areia, já mais tarde,
Ela surgiu toda nua;
Onde há, ó Virgem, na terra
Formosura como a tua!?
Bem como gotas de orvalho
Nas folhas de flor mimosa,
Do seu corpo a onda em fios
Se deslizava amorosa.
Ah! que não queiras tu vir ser rainha
Aqui dos meus irmãos, qual sou rei deles!
Escuta, ó Virgem dos Cristãos formosa.
Odeio tanto aos teus, como te adoro;
Mas queiras tu ser minha, que eu prometo
Vencer por teu amor meu ódio antigo,
Trocar a maça do poder por ferros
E ser, por te gozar, escravo deles.